Una crisi o una velenosa telenovela?

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Cominciato circa tre mesi fa con dichiarazioni di Roberto Jefferson - uno dei 45 deputati del Ptb (Partido Trabalhista Brasileiro) ex-alleato del governo - su presunti pagamenti fatti nel 2003 e 2004 dal partito di Lula ad alcuni parlamentari affinché votassero a favore di progetti del governo, lo scandalo si è allargato a macchia d'olio con deposizioni e testimonianze di personaggi del mondo pubblicitario, speculatori finanziari ed altre figure di dubbia trasparenza, invadendo anche la sfera più personale e privata di alcuni dei coinvolti. Nonostante le indagini della polizia e il lavoro di tre commissioni parlamentari d'inchiesta e alcune dimissioni, nessun politico e nessun parlamentare è stato finora formalmente accusato e il tutto ha assunto l'andamento di una squallida e velenosa "telenovela", animata da un ostinato tiro al bersaglio soprattutto contro Lula, ancor più che contro il suo Partido de los Trabalhadores, una struttura fragile che, avendo solo 13 senatori su 81 e 90 deputati su 513 (divisi in 16 gruppi politici), è comunque esposta alle turbolenze causate dagli alleati. Paradossalmente, proprio questa settimana una delle tre commissioni d'inchiesta parlamentari al lavoro sullo 'scandalo' dovrebbe decidere se Jefferson, di professione avvocato, per motivi etici va sospeso per 9 anni da qualsiasi attività politica.

La "pazienza, pazienza, pazienza" con cui Lula ha concluso il suo più recente discorso politico sulla crisi - un discorso in cui è stata fortemente ribadità la volontà di fare piena chiarezza - è per il momento l'unica risposta possibile in attesa di altri eventuali sviluppi. "Intorno al futuro del Brasile - dice alla MISNA la fonte di Rio - si gioca una partita che riguarda non solo il futuro del Brasile ma in qualche misura quello dell'intera America Latina. Pur criticato da sinistra perfino come 'pupillo del Fondo monetario internazionale' e con recenti sondaggi che ne vedono in calo la popolarità, Lula è stato e rimane, nella politica interna brasiliana, in quella di tutto l'emisfero meridionale americano e perfino nei rapporti di politica internazionale con tutto il Sud del Mondo e in particolare l'Africa, Lula rimane l'ago di una bussola che sarebbe insensato e pericoloso distruggere, soprattutto in assenza di una qualsiasi ragionevole alternativa. Forse, almeno per ora, a giudicare dalle ultime dichiarazioni di Cardoso, sia pur contro voglia cominciano a rendersene conto almeno gli avversari politici nazionali ".

"Sto con Lula contro la corruzione": è lo slogan con il quale hanno marciato nei giorni scorsi a San Paolo, Brasilia, Rio de Janeiro e altri centri brasiliani decine di migliaia di aderenti al movimento dei senza terra e alle principali organizzazioni sindacali del paese, rinnovando con più vigore, e con una rappresentanza sociale ancora più ampia, la presa di posizione dei primi di agosto al fianco del presidente Luiz Inacio Lula da Silva. "Per far fuori Lula, dovranno passare sul popolo brasiliano e sugli studenti" ha detto a gran voce Joao Felicio, presidente della Central Unica de Trabajadores (Cut), la più grande organizzazione sindacale brasiliana, aggiungendo: "E' necessario continuare a costruire il progetto politico che ha Lula come guida." Dirigenti sindacali e studenti sono convinti che "la destra e le elites del Brasile" sono contro Lula e chiedono indagini serie non solo sugli eventuali casi di corruzione più recenti ma anche su quelli certi degli anni di presidenza di Fernando Henrique Cardoso. Dopo aver attaccato più volte Lula, anche Cardoso - che fu al posto di Lula dal 1005 al 2002 - ieri ha detto al quotidiano argentino "Clarin" che comunque lui e il suo partito sono contrari sia a eventuali dimissioni del presidente sia a qualsiasi procedura di destituzione (impeachment).

Al di là di alcune sue uscite pubbliche - tipiche da campagna elettorale pur essendo le presidenziali previste solo per l'ottobre 2006 -secondo voci sempre più insistenti, dietro le quinte Cardoso potrebbe avere anche altre responsabilità nei tentativi di destabilizzazione politica in atto in Brasile. Forse anche a vantaggio del suo partito (Partido de la Social Democracia Brasile㱀a, Psdb) che è la più importante formazione d'opposizione e aspira a riconquistare il potere con un paio di candidati che nel tempo hanno guadagnato punti in alcuni sondaggi. Da Rio, una fonte qualificata della MISNA che non intende rivelare la sua identità, dice: "Il vero scandalo è il modo in cui è stato costruito e pompato lo scandalo che rischia di far pagare il conto soprattutto a quel terzo del paese che vive in povertà; certo, in questi anni, a tratti, Lula, dovendo tener conto di molte complesse variabili politiche nazionali e internazionali, è sembrato non restare sempre fedele al mandato popolare con cui era stato eletto e non andare, ma giustamente, allo scontro con il latifondo e con la borghesia. E per un certo tempo si è trovato contro anche parte dei suoi sostenitori. Ma da quando alcune magagne maturate forse anche in una parte del suo partito sono state esposte e gonfiate da personaggi non proprio al di sopra di ogni sospetto, una buona parte del paese, checché dicano i sondaggi, sta organizzando una difesa del presidente da coloro che vogliono impedirne a tutti i costi un' eventuale rielezione".

di Pietro Mariano Benni

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