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Maremoto: appelli alla trasparenza e cancellazione del debito
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Dopo le polemiche sulla gestione da parte del Governo italiano dei fondi pubblici e di quelli raccolti dai cittadini, le 16 Ong del Cocis sottolineano come sia "del tutto inadeguato e forviante il criterio della gestione unica dei fondi" e che "non sia corretto affidare alla Protezione Civile o alla Croce Rossa l'insieme dei fondi disponibili". "Ancora una volta - afferma il comunicato del Cocis - di fronte ad una catastrofe umanitaria si assiste alla totale confusione fra momenti della prima e seconda emergenza volte rispettivamente a ridurre il numero dei morti e curare i feriti, e ad assistere i sopravvissuti e quelli successivi della riabilitazione e ripristino delle condizioni di normalità e autonomia". Le Ong del Cocis impegnate in azioni di cooperazione allo sviluppo ritengono che le azioni della prima emergenza e della seconda emergenza debbano essere svolte da organizzazioni specializzate in grado di intervenire con la tempestività e mezzi adeguati. "Ma per quelle della riabilitazione sono gli organi e i soggetti della Cooperazione Internazionale che con le loro consolidate relazioni di partenariato hanno in mano il principale strumento della ricostruzione".
Sul tema interviene anche l'Associazione ONG Italiane che chiede che la gestione di tali fondi non sia "esclusiva e centralizzata" e che coinvolga le Ong e le altre realtà presenti sul territorio. Le Ong italiane chiedono inoltre alla Farnesina che vi sia una risposta immediata sullo stanziamento di fondi governativi. "E' incomprensibile che a dieci giorni dalla catastrofe, il nostro governo non abbia ancora stanziato cifre adeguate - afferma il presidente Sergio Marelli. Fatto salvo per l'allestimento di un volo aereo che ha raggiunto ieri l'aeroporto di Colombo in Sri Lanka, finanziato dal Ministero Affari esteri, i nostri interventi sono finora supportati unicamente da fondi privati messi a disposizione dalle singole Ong". L'Associazione delle Ong invita infine le istituzioni alla "massima trasparenza sulle modalità di intervento per avviare il processo di ripresa economica e infrastrutturale dei paesi colpiti".
Una richiesta, quella della trasparenza da parte governativa, già emersa da un comunicato del Forum Nazionale SAD che si incontrerà il prossimo 21 gennaio per consolidare "quel processo di autoregolamentazione, che attraverso la realizzazione di criteri di comportamento, rappresenta la forma più valida, la migliore garanzia di trasparenza ed efficacia nei confronti dei sostenitori e dei beneficiari".
Intanto un ampio cartello di Ong intenazionali chiede la cancellazione incondizionata del debito dei Paesi colpiti dal maremoto. "I governi dei paesi del sud del mondo non possono pagare gli interessi del debito estero e non avere fondi pubblici per sostenere il loro paese. Diamo priorità alla ricostruzione, ai servizi sociali, all'acqua pulita e sana, e ad altri programmi di sviluppo" - sottolinea l'appello.
Sul tema interviene anche il parlamentare europeo Vittorio Agnoletto che chiede alla GAD che alla riapertura del Parlamento italiano presenti immediatamente una proposta unitaria per sostenere, in occasione della prossima riunione del 12 gennaio del Club di Parigi, "la richiesta di cancellazione, e non di moratoria, del debito estero dei Paesi coinvolti nella tragedia" e "si esiga che l'utilizzo dei soldi stanziati e raccolti avvenga attraverso i due canali mostratisi storicamente piu' utili: le agenzie internazionali dell'Onu e le Ong già attive sul campo". Nei giorni scorsi diversi governi dei paesi del G8 hanno mostrato interesse alla proposta di una moratoria del debito estero dei paesi colpiti dal maremoto, proposta avanzata dal cancelliere Schroeder.
A sorpresa l'Indonesia fa pero' sapere che al summit di Giacarta di domani, cui sono presenti i grandi donatori, non intende mettere la vicenda del debito in agenda - riporta Lettera 22. Il governo indonesiano, che ha chiesto scusa per la lentezza con cui l'emergenza e' stata affrontata, cerca oggi la collaborazione delle organizzazioni non governative straniere. Ma l'Associazione di popoli minacciati (APM) ribadisce la necessità di porre fine alla guerra in Aceh (Indonesia) per far si che gli aiuti arrivino alle popolazioni colpite dal maremoto. "Fino ad ora l'esercito indonesiano non è disposto ad arrivare ad accordi di pace ad Aceh: gli ufficiali temono una perdita dei propri privilegi e guadagni ottenuti soprattutto grazie al saccheggio delle molte risorse naturali di Aceh. La Comunità Internazionale deve aumentare la propria pressione politica sul governo indonesiano affinché ad Aceh si possa finalmente siglare la pace" - afferma un comunicato dell'APM. Dal 1976 ad oggi il conflitto ad Aceh ha causato oltre 12.000 morti, mentre l'intimidazione di attivisti per i diritti umani, gli arresti arbitrari di civili, la tortura e gli stupri da parte delle forze dell'ordine sono all'ordine del giorno. [GB]