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2005: Anno del microcredito
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"La maggior parte della gente viene qui proprio perché sono una donna. Hanno fiducia in me". A raccontarlo, con un sorriso solare, è Sohair Mohamed che di mestiere aggiusta qualsiasi apparecchio elettrico non funzioni. Grazie ad un prestito dell'organizzazione non governativa egiziana Al Tadamun (Solidarietà), la cinquantenne Sohair è riuscita a mettere in piedi a Imbaba, uno dei quartieri più poveri del Cairo, una piccola officina e a diventare la beneamata di tutto il vicinato. Sohair sapeva solo scrivere il proprio nome e fare qualche semplice calcolo, quanto alcuni anni fa il marito ha cominciato a perdere la vista. Per sostenere la famiglia Sohair ha deciso di impararne il mestiere. Oggi sta cercando di mettere da parte i soldi per un'operazione per suo marito: spera possa riacquistare la vista, ma Sohair non smetterà il lavoro nell'officina.
Celina Cossa è mozambicana, presidente dell'Unione Generale delle Cooperative (Ugc) di Maputo. Nel suo Paese, già scosso e lacerato dalla guerra civile, Celina contribuisce dal 1982 alla sopravvivenza e al riscatto di migliaia di persone, come lei donne, grazie al movimento delle cooperative. "All'inizio era difficile trovare qualcosa da mettere in pentola. Ci dedicammo alla produzione del cavolo cappuccio che all'epoca era soprannominato "se-non-ci-fossi-tu", perché a Maputo era diventato l'alimento più facile da trovare e a buon mercato. Quindi, con i primi prestiti, iniziammo anche ad allevare maiali ed anatre" racconta. In questi anni a Maputo si sono sviluppati un centro di produzione di uova, una fabbrica di mangimi, un macello. Ma per Celina è importante soprattutto la riflessione sugli aspetti non solo economici dell'esperienza cooperativa: "Democrazia, democrazia... Ancor prima che nel nostro Paese si parlasse di democrazia, noi la esercitavamo già. All'inizio per alzata di mano, poi siamo passate al voto segreto. Siamo persone mature e sappiamo quel che vogliamo".
Storie di donne e uomini che grazie al microcredito sono riusciti a valorizzare le proprie competenze e favorire dinamiche di partecipazione e coinvolgimento. Rivoluzione importante e silenziosa, tanto che l'Onu, riconoscendo il ruolo della microfinanza nello sradicamento della povertà, ha dichiarato il 2005 "Anno internazionale del microcredito". C'è molto da fare: di tutto il credito erogato dal sistema bancario mondiale solo poco più del 5 per cento va alla popolazione povera del pianeta.
"Banche dei poveri", "microcredito per microimprenditori", "credito non aiuti": sono molti gli slogan che dagli inizi degli anni Novanta hanno accompagnato il diffondersi di questo nuovo modo di intendere il risparmio e il credito. Oggi in molti Paesi del Sud del mondo il microcredito rappresenta un'alternativa efficace proprio per la capacità, rispetto ad altri interventi di cooperazione allo sviluppo, di raggiungere direttamente le fasce più povere della popolazione e di promuovere l'economia di comunità. Un fenomeno crescente, che oggi finanzia oltre 41 milioni e mezzo di poveri nel mondo che dal 1997 (anno del primo censimento) aumentano del 38 per cento ogni anno.
Progetti di microfinanza sono realizzati anche in Italia all'interno di piccole comunità di mutuo soccorso per sopperire alle necessità finanziarie delle fasce più deboli. Negli ultimi quattro anni in Italia sono stati erogati circa 550 mila euro in microfinanziamenti: prestiti di piccole somme che hanno interessato circa 330 beneficiari. Di questi, quasi 300 mila euro sono stati raccolti e prestati a Firenze a circa 130 persone "non bancabili", cioè prive delle garanzie sufficienti ad ottenere un prestito da una banca. Alle Piagge di Firenze, una periferia ad alta densità di disagio, il Fondo etico e sociale sorto all'interno della locale Comunità di base ha raccolto 60 mila euro dai residenti nel quartiere. I prestiti sono destinati per il 60 per cento al finanziamento di progetti sul territorio e per il 40 al mutuo soccorso, quelle spese impreviste, anche piccole e banali, ma sufficienti a far finire una famiglia nella rete degli usurai. Sono già 33 i prestiti erogati e il tasso di insolvenza è zero. Senza cambiali, conta la relazione umana instaurata con la comunità nelle assemblee di gestione aperte a tutti.
La tranquilla rivoluzione nel mondo della finanza iniziata trent'anni fa in Bangladesh, India, America Latina è arrivata anche a noi facendo del microcredito uno strumento finanziario in grado di creare una nuova economia di solidarietà e di pace.
di Roberta Bertoldi
LA SCHEDA
Microfinanza o microcredito? Spesso le due definizioni si confondono. Mentre la microfinanza comprende tanto i servizi di credito quanto quelli di risparmio, il microcredito restringe la sua offerta alla sola erogazione dei prestiti.
Quel "micro" comune a entrambi i termini si riferisce sia all'entità dei prestiti (possono partire da qualche decina di euro ma arrivare anche a un milione o più) sia alle dimensioni delle realtà finanziate (queste comunque, come nel caso delle grandi cooperative di contadini, possono raggruppare centinaia di soci).
Spesso sono le donne le principali destinatarie dei programmi di microcredito nei paesi in via di sviluppo: per loro l'accesso al credito non è soltanto un mezzo per uscire dalla povertà, ma un'opportunità per riappropriarsi di diritti negati e per vedere riconosciuto un ruolo paritario all'interno della famiglia e della società. Le donne inoltre, dovendo decidere come impiegare il denaro guadagnato, spesso preferiscono utilizzarlo per la famiglia, in particolare per l'educazione e l'istruzione dei figli.
Secondo il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, l'80% della popolazione mondiale ottiene solo il 5,4% del credito erogato dal sistema bancario internazionale. L'esclusione finanziaria è presente anche nei paesi ricchi: secondo l'indagine sui bilanci delle famiglie di Banca d'Italia, in Italia oltre 2 milioni 900 mila famiglie, il 14,1% del totale, non accedono ai servizi bancari. (R.B.)