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#vieniviaconme: quell’auto condivisa che piace agli italiani
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Risparmio, praticità, tanta voglia di condivisione, sia online che nella vita reale. Sono questi i motivi che spingono sempre più italiani a utilizzare servizi come car sharing e car pooling per spostarsi in città o da una località all’altra. Ad affermarlo, l'indagine realizzata da Fleed Digital Consulting e Digiconsum, presentata martedì a Roma durante una tavola rotonda dal titolo “#VIENIVIACONME – Gli italiani e le nuove forme di mobilità condivisa”. L’hashtag non è casuale: questi servizi, infatti, nascono su internet sotto forma di app, così come gli utilizzatori sono soprattutto giovani, presenti online e sui social, super informati e in grado di comparare i diversi servizi e di utilizzarli tutti, a seconda delle diverse necessità. Dopotutto i vantaggi sono molti: per gli utenti, la possibilità di avere a disposizione auto nuove e pulite, parcheggi spesso ad hoc, poter razionalizzare i costi di carburante e manutenzione, avere tutto sotto controllo con un semplice click; per la collettività, un minor numero di automobili in circolazione e dunque una conseguente diminuzione del traffico, così come meno emissioni inquinanti e dunque minor impatto ambientale.
“Durante un’indagine svolta a Milano ci siamo resi conto che l’89% delle auto ferme al semaforo avevano quattro posti liberi” ha spiegato tra gli altri Davide Ghezzi, fondatore del servizio di car pooling urbano LetzGo, a rimarcare la necessità di una decongestione delle nostre strade anche per una migliore qualità della vita. Car sharing e car pooling, però, non sono la stessa cosa. Il primo è un servizio che permette di utilizzare un'auto su prenotazione, prelevandola e riportandola in un parcheggio, e pagando in ragione dell'utilizzo fatto; il car pooling consiste invece nella condivisione di automobili private tra un gruppo di persone, con il fine principale di ridurre i costi del trasporto. Secondo i dati diffusi a fine settembre in occasione dell'annuale Settimana europea della mobilità sostenibile, in Italia ci sono circa 6mila auto in car sharing (nel 2011 erano 700) con circa 500 mila utenti nei primi mesi dell'anno e una disponibilità di oltre 4.000 posti in park sharing. Il servizio comunale con postazioni fisse di parcheggio è presente in 12 città – Bologna, Brescia, Firenze, Genova e Savona, Milano, Padova, Palermo, Parma, Roma, Torino, Venezia – con 666 auto e un totale di circa 27.000 utilizzatori. Non mancano iniziative regionali, all’insegna dell’eco-sostenibilità, come il servizio e-Vai: a prevalenza elettrico, si estende a tutta la regione Lombardia, utilizza oltre 100 auto elettriche con 31.000 iscritti e, da dicembre 2010 a giugno 2015 ha permesso il risparmio di circa 150 tonnellate di CO2. Sempre a proposito di car sharing elettrico, è nuovo di zecca il servizio lanciato a Palermo solo pochi giorni fa, che dovrebbe essere il più grande d'Italia.
Se i commenti in generale mostrano un grande entusiasmo e soddisfazione da parte degli utenti, l’indagine è servita anche a sottolineare alcune criticità segnalate dai cittadini e dalle aziende stesse, prima fra tutte l’incapacità della politica di stare al passo con queste novità e la mancanza di una normativa organica. “Bisogna fare delle nuove leggi perché non esistono – ha commentato tra gli altri Giuseppe Macchia, vice presidente di Eni Enjoy – molti privati vorrebbero investire ma semplicemente non possono perché è necessario partecipare a dei bandi lanciati dal Comune, che variano da città a città, quando proprio non vengono emessi. E’ il caso, ad esempio, di Bologna”. Emblematico, poi, il caso della Uber: il servizio UberPop, che utilizzava autisti privati contattati dai cittadini grazie a un’apposita app, è stato bloccato da una sentenza del tribunale di Milano, dopo un’aspra polemica con i tassisti. Questo, secondo la ricerca, è stato uno degli argomenti più dibattuti dagli utenti, soprattutto su Twitter, e mostra una tendenza alla regolamentazione a colpi di sentenze in mancanza di un quadro normativo chiaro.
Altra criticità segnalata dagli utenti sono poi le forti differenze tra il nord e il sud della penisola, dove questi servizi faticano a partire o non sono presenti affatto, mentre a livello locale vengono segnalate le difficoltà di gestione e collegamento del centro con le periferie, su cui le aziende stanno lavorando a delle soluzioni. Se Milano, che detiene l'80% del mercato dell'auto condivisa, è ormai visto come un vero e proprio laboratorio in cui testare tutte le innovazioni di questo tipo di mobilità, ben più difficile è la gestione, ad esempio, della Capitale, in cui circolano 2,8 milioni di veicoli, con un tasso di motorizzazione tra i più alti di Europa: con una tariffazione a tempo, il servizio di car sharing per l’utente romano potrebbe trasformarsi in un salasso, specie nelle ore di punta. E il circolo vizioso, in questo caso, è evidente. Certo gli sforzi congiunti per arrivare a delle soluzioni sono tuttora in corso, e questa sorta di commistione tra pubblico e privato risulta “benedetta” anche dagli utenti: secondo l’indagine di Fleed e Digiconsum, si dichiarano in pratica tutti favorevoli a incentivi e aiuti da parte dei Comuni. In cambio però, i cittadini-utenti vorrebbero che le aziende di settore si comportassero quasi come se fossero realtà pubbliche, introducendo delle agevolazioni per i soggetti deboli (dall’anziano al pendolare etc).
Altro argomento presentissimo online, infine, sono i racconti e la condivisione delle proprie esperienze di car pooling sulle lunghe distanze: qui la media dei viaggi è di 350 chilometri, condivisi con persone sconosciute con cui s’instaurano spesso amicizie anche durature, e si riportano esperienze il più delle volte positive. “In questo caso la molla non è il guadagno del conducente, che il viaggio l’avrebbe fatto comunque, ma il risparmio e la condivisione” spiega Andrea Saviane, Country Manager di BlaBlaCar. E la sicurezza? Tra i principali nodi all’attenzione delle aziende, è garantita dal sistema di rating e feedback con cui i cittadini si auto-monitorano e permettono di estromettere dal servizio chi non si comporta secondo le regole. In più, le aziende dispongono anche di team di monitoraggio proattivi, in un controllo costante del benessere della community. "L'utente è entusiasta di questi servizi e chiede alla politica di dare delle risposte rapide – commenta Paolo Cardini, presidente di Digiconsum – Non si tratta solo di risparmiare e di fare economia: i giovani sono sempre meno attaccati al concetto di proprietà, e questo è un vero e proprio cambio di mentalità che la politica ancora non è riuscita a cogliere”.
Anna Toro

Laureata in filosofia e giornalista professionista dal 2008, divide attualmente le sue attività giornalistiche tra Unimondo (con cui collabora dal 2012) e la redazione di Osservatorio Iraq, dove si occupa di Afghanistan, Golfo, musica e Med Generation. In passato ha lavorato per diverse testate locali nella sua Sardegna, occupandosi di cronaca, con una pausa di un anno a Londra dove ha conseguito un diploma postlaurea, sempre in giornalismo. Nel 2010 si trasferisce definitivamente a Roma, città che adora, pur col suo caos e le sue contraddizioni. Proprio dalla Capitale trae la maggior parte degli spunti per i suoi articoli su Unimondo, principalmente su tematiche sociali, ambientali e di genere.