#terrealte | Ripensare il territorio in maniera olistica

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Foto: A. Molinari ®

A 4 anni dal tragico evento della tempesta Vaia si è svolto lo scorso 24 ottobre, ospitato presso le sale del MUSE – Museo delle Scienze di Trento, un convegno organizzato dal CRU – Consiglio Regionale di UNIPOL SAI per ripensare in termini olistici le opportunità e i cambiamenti che un evento di tale portata ha sollevato e rimesso in gioco. L’evento, patrocinato da PEFC Italia e da Fondazione Dolomiti UNESCO, ha preso spunto dal documento elaborato da 26 associazioni o enti trentini del gennaio 2022, che invita tutta la società a riflettere sul devastante evento di Vaia per riprendere fiducia nel lavoro nelle foreste e nei pascoli alpini e tramutare una tragedia in opportunità, investendo nel bene delle generazioni che abitano e abiteranno le montagne.

Anche se molte ferite, sia del bosco che del cuore, sono ancora aperte, qual è oggi la situazione delle aree colpite, quali sono state o sono le iniziative intraprese e quali le criticità? Da queste complesse domande deve nascere il confronto di idee e buone prassi necessario per un recupero e un riutilizzo di quei territori profondamente modificati, nell’aspetto e nella funzione, dalla notte della tempesta, per orientarsi nella ricerca di un equilibrio per uno sviluppo più armonico e sostenibile. Un percorso che non deve concentrarsi solo su aspetti pratici – certo fondamentali e urgenti nelle prime settimane dopo la tragedia – ma che deve considerare anche prospettive più profonde. Come per esempio quella portata da Walter Nicoletti, referente per il Green Deal per le Foreste Dolomitiche, che rappresenta la necessità di un confronto costante tra diversi portatori di interesse: “occorre saper liberare l'inquietudine di una terra abituata a ragionare principalmente per causa-effetto”, anche perché il bosco è un bene comune ma spesso di proprietà private (che, come ricorda Günther Unterthiner, Dirigente del Servizio Foreste della Provincia di Bolzano, ne garantiscono nella maggior parte dei casi la gestione attiva) e il dialogo tra la pluralità di voci, interessi e visioni è necessario per porre al centro delle politiche del territorio il paesaggio e la sicurezza, la tutela e la formazione. La foresta è nella maggior parte dei casi il perno della percezione delle comunità e recuperare il tema della biodiversità e delle aree protette deve andare di pari passo con la sua funzionalità, alla luce della rete interconnessa di servizi ecosistemici forniti.

La situazione, non solo generata da Vaia, ma inasprita dalla comparsa del bostrico (Ibs typographus) e dal peggioramento delle condizioni climatiche ed economiche generali, impone un cambiamento dello sguardo politico sulla montagna e le terre alte. Emerge con forza la necessità di uno sguardo olistico, che non proceda per compartimenti stagni ma ampliando la lettura del paesaggio e le scelte politiche a una dimensione d'insieme che spazi dall’agricoltura ai grandi carnivori, dal reinsediamento agli interventi strutturali, dal ruolo degli alpeggi a un’attività venatoria responsabile, dalla valorizzazione dei professionisti del bosco e dei montanari a quella dei comunicatori e di professionalità non necessariamente tecniche, ma correlate e indispensabili nella gestione di sistema di un territorio complesso e articolato che è “giacimento identitario e paesaggistico, ma anche luogo di quelle pratiche secolari in cui nasce il buongoverno”.

Un punto di vista su cui è concorde l’intervento del geobotanico Cesare Lasen, membro del Comitato scientifico della Fondazione Dolomiti UNESCO, che sottolinea come gli ambienti forestali esprimano il massimo della complessità organizzativa e come un’utilizzazione sostenibile della foresta sia imprescindibile da un’attenta opera di pianificazione multidisciplinare e tutela, al fine di utilizzare al meglio un patrimonio forestale irriproducibile e che richiede attenzione, soprattutto alla luce di sempre nuove forme di aggressione alle risorse ambientali che non trovano giustificazione e che continuiamo a pagare con incendi, dissesti e degrado ambientale in generale, manifestazioni di profonda sofferenza della terra che ci ostiniamo a chiamare catastrofi naturali, ma che purtroppo scontano un tremendo e irresponsabile contributo della specie umana, tutt’altro che secondario.

Se d’altronde la crescita quantitativa delle foreste è indubbia e supportata da rilevazioni e dati, d’altro canto non necessariamente questi risultati corrispondono un miglioramento qualitativo dei boschi, che restano spesso i grandi incompresi del nostro paesaggio, pur continuando a fornire decine di funzioni positive che occorre sempre ricordare, ma che anche un documento come il TUFF – Testo Unico in materia di Foreste e Filiere forestali perde di vista in una moltitudine di richiami normativi che sostanzialmente invitano a tagliare di più, prospettiva peraltro non sempre errata, ma che molto dipende dalla scelta dei luoghi, delle modalità e dalla programmazione stessa di questi interventi.

Una riflessione che chiama economia, ecologia ed etica a radicarsi in un confronto comune, perché se è inevitabile che il paesaggio venga rimodulato ed evolva anche a seguito di intervento antropico, è ilcome la chiave di volta dell’architettura del nostro abitare nelle o al limitare delle foreste. Da sempre le scelte selvicolturali influenzano tutti i popolamenti e le loro componenti sono preziose per riconoscere la configurazione di un bosco attraverso le sue componenti di piante adulte, piante di rinnovazione e piante secolari con, tra le altre, le preziose funzioni per l’ecosistema garantite dal legno morto.

Forse nel caso della tempesta Vaia (ma purtroppo anche in altre situazioni analoghe per criticità e prospettive) non è stata colta l’occasione di ripensare meglio il territorio concentrandosi su altri aspetti oltre che per lo più sul rimboschimento/rimpianto. E, alla luce del dato che, ad oggi, meno del 3% della superficie terrestre può essere considerato ancora integro, sono aspetti che dovrebbero farci riflettere, anche in funzione di fattori preponderanti come la difficoltà di arginare la crisi climatica in atto, il problema dell'estinzione delle specie anche a livello locale in stretta connessione con l’aumento di specie aliene e con la frammentazione degli habitat e gli squilibri connessi, la gestione forestale dove anche la ricolonizzazione naturale e la non gestione, con la valutazione delle conseguenze selvicolturali e faunistiche, è esito di scelte ponderate e competenti, ma più raramente comunicate in maniera efficace a chi quelle foreste le vede, le abita, le percorre.

Una riflessione che resta aperta e non procrastinabile, a maggior ragione in funzione di un obiettivo importante come quello di preferire la qualità naturalistica per il bene comune a quella paesaggistica, che peraltro resta soggettiva.

Anna Molinari 

* Dati tecnici dai territori colpiti da Vaia: 

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO – dott.ssa Caterina Gagliano, Servizio foreste e fauna della Provincia autonoma di Trento

Ha illustrato l’impegno svolto dal Servizio in collaborazione con la Provincia, i Comuni e gli enti proprietari. L’80% del legname recuperabile è stato venduto, il 20% rimasto sul terreno è irraggiungibile (circa 820.000 mc). La spesa investita complessiva supera i 20 milioni di euro, 2,5 dei quali investiti sui piazzali di deposito (88 piazzali su 23 ettari). Si sono aperti 1534 cantieri, saranno messe a dimora 350 mila piantine, il monitoraggio del bostrico è sostenuto da 229 trappole a ferormoni. Ad oggi il bostrico ha causato 1.470.000 mc. tariffari di danno (-37% su Vaia) e ha colpito oltre 8.000 ettari (- 42% su Vaia). Per i rimboschimenti, dove utili o necessari, si prevede di coprire 200 ettari l’anno con 2/3 specie. 

REGIONE VENETO – dott. Gianmaria Somavilla, direttore dell’Unità operativa dei servizi forestali della Regione Veneto 

Ha illustrato la realtà delle province di Belluno e Vicenza.  La Regione è coperta per il 23% da foreste (413.000 ettari), causa Vaia ha subito danni per oltre un miliardo di euro sulla viabilità, 20.000 gli ettari interessati, oltre i 3 milioni i metri cubi di schianti dei quali 1,9 nella provincia di Belluno. I siti valanghivi apertisi coprono 1004 ettari. Il recupero è al 65%, più intenso sull’altopiano di Asiago, più impegnativo, anche per diffusione delle proprietà e la parcellizzazione di queste, nel bellunese. Il bostrico è stato limitato nel 2019 e 2020 causa primavere fredde, invece con il 2021 e 2022 ha trovato diffusione epidemica (in Europa 50 milioni di mc.). 1000 sono i nuclei di bosco attaccati, circa 3000 ettari per una cifra superiore al milione di metri cubi di piante morte. Per la sicurezza gli investimenti sono straordinari, si tenga presente che il costo è di 350.000 euro per ettaro e si agisce con una attenzione olistica. Si abbiano presenti le temperature in Veneto: dal 1993 al 2003 l’aumento medio del decennio è stato di 0,55°C. Senza dubbio incrementi più accentuati nel decennio successivo. Si deve investire in umiltà e avere strategie adattabili, flessibili alle situazioni. 

PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO – dott. Gὕnther Unterthiner, dirigente del Servizio foreste della Provincia autonoma di Bolzano

Ha illustrato un immediato coinvolgimento degli attori interessati, proprietari privati, aziende del settore e la struttura del servizio, che ha così potuto coordinare i lavori e specialmente ripristinare la viabilità dove necessario e seguendo una programmazione specifica. Sono state impiegate da subito 140 aziende boschive, 1100 gru a cavo su 6000 ettari: alla fine si è raccolto 1,6 milioni di metri cubi. Ѐ stata sottolineata l’importanza del coinvolgimento dei proprietari, per arrivare anche a diffondere consapevolezza e formazione, si è costruita interazione fra aspetti economici e sociali. La Provincia ha investito 14 milioni di euro sulla viabilità forestale, 19 milioni i contributi erogati. I successivi schianti da neve (2019 e 2020) sono stati più impegnativi da raccogliere in quanto distribuiti più diffusamente e meno concentrati, oltre 2 milioni di mc. Ora è necessario trovare una giusta misura per non peggiorare una situazione critica, sostenere misure di intervento anche molto diversificate per zone e funzioni del bosco, quindi anche decidere se fare o non fare.

REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA – dott. Rinaldo Comino, direttore del Servizio foreste e corpo forestale

Ha illustrato una realtà meno omogenea nelle specie arboree di quelle già illustrate, con i danni di Vaia concentrati per lo più nel settore nord occidentale della Regione autonoma. Ha sottolineato come il loro compito sia rivolto a garantire multifunzionalità alla copertura forestale. Su un totale di 330.000 ettari di superficie Vaia ha colpito 3700 ettari causando oltre 800.000 mc. di schianti recuperati al 95% anche grazie all’apporto dei proprietari privati. Come gli altri ambiti il bosco ha poi subito danni per le nevicate del 2019 e del 2020 e ora con l’attacco del bostrico si superano i 200 mila mc. di piante colpite. In soli 5 anni i danni forestali da bostrico sono stati superiori ai 300 mila mc. e una copertura di territorio di 1500 ettari. Ritiene che tanti danni siano dovuti ad un bosco eccessivamente vetusto causa anche l’abbandono della montagna, la polverizzazione delle proprietà, un impianto normativo (eccesso di burocrazia) non più adeguato. Quanto avvenuto e sta avvenendo è un acceleratore di un percorso di modifica strutturale delle foreste, anche causa i danni da bostrico. Per affrontare Vaia la Regione ha investito 4 milioni di auro per 450.000 mc. recuperati, e 2,5 milioni per 80.000 mc. di bostrico. Altro sostegno economico è pervenuto dai fondi del PSR (Piano di Sviluppo Rurale), 8 milioni di euro. 

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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