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Foto: A. Molinari
“Il MUSE è un centro di ricerca e conservazione il cui operato si fonda sul metodo scientifico. La conoscenza, tuttavia, non si costruisce con la sola scienza: pensiamo a tutti i significati simbolici associati a fiori e frutti che li rendono costrutti culturali, non riducibili alla loro materialità. Queste plurime relazioni, ecologiche e culturali, che ci legano al mondo vegetale sono al centro della riflessione”.
Una riflessione che trova il suo spazio ideale nell’Agorà del MUSE – Museo di Scienze di Trento, una “piazza” di discussione, confronto e crescita concepita all’insegna del movimento, dei visitatori – che trovano in quest’area un’arena di esplorazione di ampio respiro – ma anche delle idee, che qui incontrano il luogo adatto per circolare, cambiare, scambiare le prospettive di cui sono portatrici. Le parole che dunque abbiamo riportato in apertura, pronunciate all’inaugurazione del progetto “Postnatural gardening. Pratiche ecologiche per una cura interspecie” da Massimo Bernardi, direttore sostituto dell’Ufficio Ricerca e Collezioni MUSE, sono il limpido riassunto dello spirito di questo spazio e dell’allestimento ospitato qui dal 9 marzo al 28 aprile 2024. Porsi domande oneste e aperte, frutto del confronto tra punti di vista diversi, ma non necessariamente divergenti.
Cosa possiamo apprendere dal mondo vegetale? Come possiamo ripensare il nostro rapporto con esso? Cosa si intende per “postnatural gardening”? Occorre spostare i nostri sguardi antropocentrici, movimentare il dialogo su, e con, piante, funghi e licheni. Perché la storia umana è strettamente legata al mondo vegetale. Nei simboli di resistenza, adattamento e convivenza, ma anche di sfruttamento e fragilità, piante, funghi e licheni fanno parte di un universo poco noto alla maggior parte delle persone, eppure profondamente interconnesso con la nostra vita. E il progetto “Postnatural gardening” intende proprio mettere in discussione il nostro tradizionale punto di vista, suggerendo un orientamento a una relazione più orizzontale e a una connessione più empatica con il mondo vegetale, che vada al di là delle tradizionali tassonomie e classificazioni.
Il progetto, curato dal MUSE insieme all’Institute for Postnatural Studies di Madrid, propone l’esplorazione di nuove narrazioni, alla ricerca di pratiche ecologiche che aiutino a ripensare il nostro rapporto con la natura, con l’idea di creare un giardino postnaturale, cioè un luogo di coltivazione di una nuova alleanza tra le storie di vita umane e quelle botaniche, in cui mettere in discussione i valori su cui si basa la modernità e provare a ridefinire modi di stare al mondo attraverso una prospettiva decolonizzata, che decentralizzi (e verrebbe da dire finalmente!) l’umano: una scelta azzardata hanno detto, ma necessaria per ampliare il raggio dell’indagine botanica alla crisi ecologica e alla cura interspecie.
L’allestimento, arricchito da proiezioni di video, immagini e campioni vegetali è anche teatro di un ciclo di appuntamenti tematici con film, performance, laboratori e tavole rotonde, curate dalla ricercatrice Alice Labor, che definisce l’esperienza come “un’occasione preziosa per ripensare attraverso le pratiche artistiche le narrazioni e gli allestimenti degli oggetti che il museo conserva. I testi, le immagini e i video […] includono un ripensamento collettivo della posizione dei nostri sguardi mediante visioni immaginifiche che superano una concezione lineare del tempo. Le immagini statiche e in movimento restituiscono frammenti di un percorso di ricerca fatto di interrogativi, fonti scientifiche e narrazioni popolari, miti, tecnologie, sogni e storie personali. Questa stratificazione invita a sperimentare una transdisciplinarietà priva di gerarchie, pratiche inclusive per riposizionare le azioni umane verso un cambiamento ecologico e sostenibile, basato su un ascolto reciproco e la reimmaginazione delle nostre forme di coesistenza”.
Lo sguardo laterale offerto dall’Institute for Postnatural Studies ha spinto il MUSE verso un processo di risignificazione delle proprie collezioni e competenze che sono divenute parte di questo progetto. Un passo coraggioso che mette in chiaro la necessità di aprire porte anziché chiuderle, comprese quelle della ricerca. Da Madrid confermano: “È la prima volta che in un museo italiano si propone una rilettura delle ricerche e collezioni botaniche in una prospettiva postnaturale, al di là cioè del binomio cultura-natura. Ciò che proponiamo è di percepirci come parte di un unico grande corpo di cui anche il mondo vegetale è parte. Comprendere le interconnessioni che consentono la coesistenza di tutti gli esseri viventi è un punto di partenza necessario per ridefinire le nostre relazioni con l’altro da noi”.
Una sfida importante da cogliere, conferma ancora Bernardi, in un “progetto audace, al confine tra linguaggi e saperi diversi, pensato non tanto per offrire delle risposte, ma per provocare riflessioni su quanto possa essere utile provare ad osservare il mondo anche dal punto di vista di una pianta”. Fino al 28 aprile dentro l’Agorà, ma poi, necessariamente e auspicabilmente, anche oltre.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.