Unimondo: un nostro inviato nella Thailandia nel caos

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Proseguono i disordini nel centro della capitale thailandese, Bangkok, con i soldati che da dietro i sacchi di sabbia o in cima agli edifici sparano sui manifestanti armati di molotov e sassi. Un volontario del soccorso medico è stato raggiunto da un colpo d'arma da fuoco e si teme che sia morto, riferiscono i testimoni, che descrivono uno scontro impari, coi soldati armati di fucili automatici che hanno aperto il fuoco sui manifestanti.

Il Centro medico Erawan di Bangkok dice che negli ultimi scontri iniziati giovedì hanno perso la vita 22 persone, tutte civili. Fra loro non risultano stranieri. 172 sono i feriti.

Secondo la Reuters, i soldati possono sparare se le camicie rosse si avvicinano a meno di 36 metri, ha detto il portavoce dell'esercito Sansern Kaewkamnerd.

Nella notte ci sono state esplosioni di granate e sporadici colpi d'arma da fuoco e l'esercito ha cercato di creare un perimetro intorno all'accampamento di tre chilometri e mezzo quadrati protetto da barricate che i manifestanti, tra cui donne e bambini, si rifiutano di lasciare.

"Continueremo a combattere", ha detto Kwanchai Praipana, uno dei leader delle camicie rosse, che chiedono al primo ministro Abhisit Vejjajiva di dimettersi e di assumersi la responsabilità della più grave crisi politica della Thailandia degli ultimi 18 anni.

Le scorte di cibo, acqua e carburante iniziano a scarseggiare, dal momento che i camion coi rifornimenti vengono bloccati. La situazione sta mettendo in crisi la seconda economia del Sudest asiatico, con investitori e turisti spaventati.

Il segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon ha espresso preoccupazione per "la rapida escalation delle tensioni e della violenza". Il segretario "esorta con forza a tornare urgentemente al dialogo per risolvere pacificamente le questioni", ha detto il suo portavoce in un comunicato.

Ieri il governo ha detto che "nei prossimi giorni" ripristinerà l'ordine nella città che conta 15 milioni di abitanti, da sei settimane teatro delle proteste delle camicie rosse, accampate in un'area piena di centri commerciali, hotel di lusso e ambasciate. Il numero di manifestanti nell'accampamento nella notte è diminuito, ma ne restano ancora diverse migliaia.

Fonti di AsiaNews in Thailandia spiegano che “ormai non è più uno scontro di tipo politico, ma di una vera e propria rivolta sociale”. I conflitti, le divisioni, le ingiustizie del passato “sono nodi che oggi vengono al pettine” perché “nessuno le ha mai affrontate in modo serio”. A questo si aggiunge “una interferenza culturale di personalità che hanno studiato all’estero” e che vogliono “proseguire la battaglia per un cambiamento radicale della società”.

L’attentato al generale, continua la fonte, è un “attacco mirato contro il leader dell’ala militare dei ribelli, che conosce le tecniche di guerra, ha curato la costruzione delle barricate” e una sua morte “ne indebolirebbe la resistenza”. Il teatro della rivolta, inoltre, è concentrato in una zona limitata di Bangkok, mentre il resto della capitale e il Paese è “sotto uno stretto controllo di polizia e militari. Per varcare i confini di una provincia – continua – è necessario superare i blocchi delle forze dell’ordine. Questo impedisce una diffusione a macchia d’olio della rivolta”.

La fonte di AsiaNews sottolinea infine “il silenzio di Re Bhumibol”, che non è mai interventuo in questi due mesi di crisi e “nessuno dei due fronti in lotta lo vuole coinvolgere. Questo silenzio, tuttavia, contribuisce ad alimentare la confusione”.

Nella confusione, per l'appunto, è arrivato Andrea Bernardi, reporter di Unimondo. Sta bene. Ha lasciato ieri la sede di Gerusalemme ove ha accompagnato Michela Perathoner nel suo reportage.

Andrea è appena arrivato a Bangkok nonostante la Farnesina stia sconsigliando ai cittadini italiani di recarvisi. Vi rimarrà sino al bisogno per monitorare l'evoluzione del conflitto. Non sarà cosa facile in quanto c'è stata sia la chiusura delle ambasciate statunitense, britannica e canadese; strette tra le zone in cui si sono verificati gli scontri più gravi, vicino al parco Lumphini.

Il paese ove con 20 euro si compra un elettore e che ha conosciuto più di 17 colpi di stato, per dirla con Tiziano Terzani, è allo stremo.

Fabio Pipinato

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