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Unhcr: nel Mediterraneo si continua a morire
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Nell'Egeo alcune settimane fa è affondato un barcone di migranti: otto morti tra donne e bambini. In 300 invece sono sbarcati in Sicilia (con un morto a bordo), soccorsi da mezzi italiani dopo un rimpallo di responsabilità tra Malta e Libia. E chi in Europa ce la fa ad arrivare, è trattato da clandestino, è indifeso, vittima di razzismo e discriminazioni. In Italia l'introduzione del reato di clandestinità criminalizza il migrante, rendendo difficile distinguere chi avrebbe diritto all'accoglienza come rifugiato. Il Dossier Caritas/Migrantes, presentato il 28 ottobre a Roma e in altre città italiane, riportando la cifra di 4,5 milioni di stranieri nel 2008 (il 7,2% dell’intera popolazione), lo denuncia chiaramente: altro che “pacchetto sicurezza”, la vera emergenza in Italia “è la mancanza di un consistente ‘pacchetto integrazione’ che prepari allo scenario di metà secolo, quando saremo chiamati a convivere con 12 milioni di immigrati”. In 300 invece sono sbarcati in Sicilia (con un morto a bordo), soccorsi da mezzi Migranti, clandestini, sfollati, rifugiati: se ne sente parlare, spesso a sproposito, sui media. Intervistiamo Paolo Artini, responsabile del settore Protezione di Unhcr Italia, l'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Partiamo da un dato che scuote le coscienze: nel Mediterraneo si continua a morire.
“Sì, si continua a morire in mare, e tra le vittime vi sono le persone più vulnerabili come i bambini. L’ultima tragedia riguarda la rotta utilizzata dagli afgani, spesso minori non accompagnati, che passa per Turchia, Grecia e Italia per arrivare ai paesi del Nord dell’Europa. Alcuni di questi minori sono stati trovati morti mentre cercavano di evitare i controlli nascondendosi sotto o dentro i TIR in arrivo nei porti adriatici di Venezia, Ancona, Bari e Brindisi. Per quanto riguarda la rotta che porta dalla Libia all’Italia attraverso il canale di Sicilia, se l’obiettivo della politica dei cosiddetti respingimenti era quella di porre fine alle tragedie del mare, questo obiettivo non è stato raggiunto. E’ vero che sono drasticamente diminuiti gli arrivi via mare, ma è vero anche che le modalità utilizzate per raggiungere l’Europa sono sempre più rischiose. Infatti, per evitare i controlli alla partenza dalla Libia, si utilizzano rotte diverse e spesso più lunghe e pericolose. Inoltre, per la paura di essere respinti rifugiati e migranti in difficoltà in mare aspettano fino all’ultimo prima di chiedere di essere soccorsi, quando spesso è troppo tardi. I pescherecci che li avvistano sono sempre più riluttanti a soccorrerli per paura delle conseguenze giuridiche di tale gesto e spesso preferiscono tirare dritto, anche se il soccorso in mare è un dovere previsto dal diritto marittimo. Infine, la logica del controllo dei confini, che ha prevalso in questi ultimi mesi, fa sì che vi siano meno pattugliamenti in zone lontane dalle coste italiane. Detto questo, va ricordato che le forze navali italiane hanno in questi anni soccorso migliaia di persone con grande professionalità e dedizione”.
Clandestini, sfollati, rifugiati, richiedenti asilo: proviamo a fare chiarezza.
“Il termine clandestini è da evitare, per la sua connotazione negativa, come ribadito dalla 'Carta di Roma' sulla trattazione da parte dei media del tema dell’immigrazione e dell’asilo. Sfollati sta per “internally displaced persons”, le persone cioè che fuggono rimanendo all’interno dei confini del loro paese. I rifugiati ed in genere i destinatari di protezione internazionale sono coloro che fuggono dalla persecuzione, dalla guerra e da altre gravi violazioni dei diritti umani. I richiedenti asilo sono coloro che richiedono protezione internazionale e la cui richiesta dovrà essere valutata sulla base della legislazione nazionale e internazionale”.
Da dove vengono i rifugiati che arrivano in Italia? Come e dove arrivano?
“Da Somalia, Eritrea e Sudan attraverso il canale di Sicilia, da Afghanistan e Iraq principalmente attraversando l’Adriatico”.
Quante persone hanno chiesto asilo in Italia nel 2008?
“Secondo i dati della Commissione Nazionale per il diritto di asilo, vi sono state più di 30 mila richieste nel 2008. L’UNHCR stima che più del 70% di questi sia arrivati via mare”.
Quante domande sono state accolte?
“Circa il 50% delle domande hanno avuto come risultato il riconoscimento di un qualche tipo di protezione. Quindi, la metà di coloro che hanno chiesto protezione ne aveva veramente bisogno”.
Il diritto internazionale garantisce i diritti umani dei migranti e dei rifugiati e gli obblighi e i vincoli per i Paesi. Come va inquadrata in questo contesto la nuova politica dei respingimenti inaugurata dal governo italiano?
“Vale il principio del non respingimento, che vieta agli Stati di rinviare una persona verso luoghi dove la sua vita o libertà sia minacciata o dove possa essere a rischio di torture o trattamenti inumani o degradanti. Questo principio non ha un’applicazione limitata ad un certo territorio e si applica anche in alto mare. Durante le operazioni di respingimento verso la Libia, le persone non sono state neppure identificate e non è stato verosimilmente possibile verificare se fossero bisognose di protezione”.
'introduzione in Italia del reato di clandestinità ha mutato, e in che modo, le rotte dei migranti?
“La norma è di recente introduzione ed è di per sé di difficile applicazione, prevedendo una sanzione pecuniaria che pochi potranno pagare. Certo, dal punto di vista culturale, la criminalizzazione del migrante irregolare potrà avere delle ripercussioni negative anche sulla percezione dei migranti regolari e dei rifugiati”.
L’accordo Italia-Libia è stato fortemente contestato da organizzazione per i diritti umani, come Amnesty International, Human Rights Watch, l’ampio cartello di associazioni – tra cui Cir e Jesuit Refugees Service - del “Tavolo asilo”. Qual è la posizione dell'Unhcr al riguardo?
“Va detto che l’Accordo di amicizia Italia-Libia non prevede respingimenti o riammissioni verso questo paese ed in tema di lotta all’immigrazione irregolare fa piuttosto riferimento a protocolli operativi sul pattugliamento congiunto delle coste libiche. Certo, la situazione riguardo al rispetto dei diritti umani in Libia è ben documentata da vari rapporti, compreso l’ultimo studio di Human Rights Watch dal titolo 'Scacciati e schiacciati'. Va sottolineato, per quanto riguarda i rifugiati, che la Libia non ha ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951 e non può considerarsi un paese sicuro per rifugiati e richiedenti asilo”.
In vista del Consiglio Europeo del 29 e 30 ottobre prossimi, il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il Presidente francese, Nicolas Sarkozy, chiedono misure per il rafforzamento dell’ Agenzia europea FRONTEX e la conclusione di un accordo europeo con la Libia. C’è da aspettarsi un’ulteriore chiusura della “fortezza Europa”?
“Ci auguriamo di no. L’Unione Europea ha preso una serie di impegni per quanto riguarda la protezione dei richiedenti asilo e l’identificazione di soluzioni per i problemi dei rifugiati, in collaborazione con l’UNHCR. L’Europa dovrebbe essere la terra dei diritti ed a Strasburgo opera la Corte europea per i diritti umani. Sarà importante il lavoro di tutti per assicurarsi che questi diritti e queste garanzie non vengano sacrificati in nome della lotta all’immigrazione irregolare”.
Intervista realizzata dal direttore responsabile di Unimondo, Augusto Goio
Fonte: Vita Trentina