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Una bomba a sud del Sahel
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Una roba intricatissima. E potenzialmente molto pericolosa. La crisi che si è innestata da qualche mese in Mali non riguarda solamente uno stato diviso, scisso, con il nord occupato dai ribelli tuareg con il loro gruppo, il Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad (Mnla). E’ una crisi in cui si è innestata un’ulteriore sollevazione, quella degli islamisti, i miliziani di Ansar Eddine, con l’intento ben chiaro di imporre la sharia, la legge islamica, nei territori sotto il loro controllo. Quindi due fazioni presenti nella stessa area che inizialmente hanno tentato di convivere per poi lasciare che lo scontro degenerasse a tutto vantaggio degli integralisti affiancati anche dai ribelli del Mujao (Movimento per l’unicità e la jihad nell’Africa dell’ovest), quelli – per intenderci - che hanno prima rapito e poi liberato, pare dietro compenso, la nostra cooperante sarda Rossella Urru. Quelli anche – sempre per capirci qualcosa e intendere di che pasta sono fatti - che hanno distrutto alcuni importanti mausolei a Timbuctù.
Perché l’evoluzione della situazione può diventare pericolosa? Perché questa crisi territoriale rischia di allargarsi velocemente in tutta l’area del Sahel. Gli islamisti ultra integralisti che pretendono di imporre a tutti la loro visione del mondo, sono molto ben finanziati da fiumi di dollari provenienti dal Qatar e da altri paesi del Golfo, soldi che distribuiscono anche alla popolazione, ingraziandosela, anche se poi impongono, appunto, la sharia, non fanno mancare violenze e minacce di ogni tipo, insomma fanno quello che vogliono. Il governo centrale maliano a Bamako, la capitale, è palesemente impotente e sembra assistere passivo agli avvenimenti che rischiano di travolgerlo. La Francia, Paese di riferimento in quando ex potenza coloniale e l’Algeria, paese confinante, non sanno che pesci prendere, mentre il Niger e la Mauritania si sono detti disposti ad offrire almeno un supporto logistico perché temono l’espandersi del contagio jihadista e di al Qaeda nei propri villaggi e città.
Il sito della rivista Jeune Afrique rende noto che le squadracce islamiche installate nel nord del Mali stanno reclutando centinaia e centinaia di ragazzi giovanissimi, tra i 12 e i 15 anni, che per un pugno di dollari sono “educati” (indirizzati, costretti, plagiati, drogati) ad essere disposti a tutto, senza pietà, in ciò dando seguito al tristissimo e molto diffuso fenomeno dei bambini-soldato che nella povertà estrema e nella mancanza di prospettive delle famiglie trova un fertile terreno di accoglienza. E’ un vero e proprio sfruttamento dei minori che comporta per tanti bambini e ragazzi l’allontanamento coatto da casa, l’inserimento in scuole coraniche dove si sospetta addirittura la pratica di sacrifici umani e la fabbricazione di feticci con i loro organi (un mix abominevole di rigidità islamiche e ricorso a tradizioni ancestrali e retrive di miti e riti di certa tradizione tribale africana).
In questo contesto difficilissimo sono migliaia i profughi che si rifugiano oltre confine e gli sfollati interni che si disperdono in altre zone un po’ più sicure. Nella latitanza e impotenza delle Nazioni Unite incapaci di un minimo di iniziativa, questa è una bomba che rischia di deflagrare con conseguenze destabilizzanti per tutta l’area saheliana-sahariana. Quo usque tandem?
Roberto Moranduzzo da Vita Trentina