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Troppi caduti tra i giornalisti in guerra
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dove lavora e alloggia la maggior parte dei giornalisti occidentali non 'embedded' ( cioè non 'inclusi', non 'arruolati' tra le truppe); la terza vittima, un operatore dell'emittente araba Al Jazira, è morta dopo che una bomba è esplosa nei pressi dell'edificio dove hanno sede gli uffici di corrispondenza della televisione. ''Siamo atterriti da queste cifre e indignati dall'atteggiamento dell'esercito americano, il cui comportamento nei confronti dei giornalisti non ha smesso di deteriorarsi, soprattutto nei confronti di quelli non incorporati dall'inizio di questa guerra'': con queste parole l'organizzazione per la libertà di stampa più famosa al mondo, Reporter Senza frontiere (Rsf), ha preso posizione sui fatti di ieri, ricordando che con ben 11 morti "la stampa paga un tributo elevatissimo" al ventesimo giorno di conflitto. Una reazione altrettanto dura e indignata è quella che ha avuto Aidan White, il segretario generale della Federazione internazionale dei Giornalisti (Ifj), il più grande sindacato del settore che raccoglie ben cinquecentomila aderenti sparsi in un centinaio di Paesi al mondo. White ha dichiarato che gli attacchi che si stanno susseguendo contro i giornalisti in Iraq devono essere considerati ''crimini di guerra'' e come tali vanno puniti. ''I responsabili dovranno rispondere alla giustizia'' ha ammonito White, precisando che ''gli attacchi sono una violazione delle leggi internazionali e richiedono l'apertura di inchieste libere ed indipendenti, nelle quali dovrebbe essere coinvolta anche l'Onu''. A Baghdad anche ad altri cronisti è capitato di essere in pericolo: nel pomeriggio di ieri, un corrispondente della televisione satellitare di Abu Dhabi, Chaker Hamed, ha lanciato un accorato 'SOS' alle organizzazioni umanitarie e giornalistiche internazionali perché intervengano in soccorso di un gruppo di reporter ''accerchiati'' negli uffici della tv del Qatar a Baghdad. ''Siamo circondati in una zona militare dove non ci sono civili, salvo la squadra della tv satellitare di Abu Dhabi e qualcuno di Al Jazira'' ha raccontato il corrispondente chiedendo un intervento urgente della Croce Rossa ''per farci allontanare da questa zona dove missili e granate si abbattono in maniera incredibile''. Nel frattempo, mentre cresce la rabbia e l'indignazione dei giornalisti di tutto il mondo si sono chiariti i contorni di quel che è avvenuto ieri al Palestine Hotel, grazie soprattutto al filmato girato da un troupe della catena televisiva francese 'France3' che ha filmato l'accaduto. Le immagini mostrano chiaramente la torretta del carro armato girare in direzione dell'Hotel Palestine, l'affusto del cannone sollevarsi e aspettare almeno due minuti prima di sparare. ''Io non ho sentito assolutamente nessun tiro in direzione del carro armato, che era posizionato all'entrata ovest del ponte Al-Joumhouriya (il ponte della Repubblica), 600 metri a nordovest dell'albergo'' ha affermato Herve' de Poeg, un giornalista montatore a contratto con France 3, che ha filmato tutta la scena. ''Era tutto calmissimo. Non vi era assolutamente alcuno sparo. A un certo punto ho visto la torretta girare verso di noi, poi ho visto il cannone alzarsi. Era di fronte all'obiettivo'' ha detto il giornalista. ''Non era un tiro in risposta'' ha aggiunto il testimone. I bollettini e gli interventi dei portavoce del comando militare angloamericano si sono dimostrati quantomeno impacciati, tanto che ieri ,nel giustificare l'accaduto, lo stesso generale Vincent Brooks, durante il consueto briefing con i giornalisti, ha fornito informazioni contraddittorie, decidendo alla fine della conferenza di rettificare le considerazioni iniziali.