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Treeline, tra le linee degli alberi
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Domenica ho fatto una passeggiata. La prima che ho potuto fare con calma dopo le ferite che il maltempo ha inferto al nostro territorio a fine ottobre. Il silenzio era l’unica voce che poteva accompagnare questo lutto, un cimitero di alberi caduti a terra nel frastuono della tempesta. Ho l’impressione che questo panorama abbia un sapore amaro per noi forse più che per la natura, che sola sa gli equilibri da custodire e spesso lo fa indifferente alla nostra comprensione. Non ignora però le responsabilità che ci troviamo addosso, senza prendercene davvero la giusta cura.
Eppure c’è qualcosa che rimane nel cuore che ha l’odore della resina e del legno tagliato, e alla fine la tristezza che va lì sul fondo sa anche di buono. Sa di resilienza, di pazienza, di resistenza. Di esseri antichi che offrono ombra, riparo, legna, compagnia, lezioni di forza e di accettazione. Sono ponti viventi verso il passato della Terra e verso il nostro, e forse anche per questo motivo un albero caduto è come una promessa spezzata, memoria interrotta che ci lascia un po’ più soli di fronte all’incertezza del futuro.
Un albero tagliato racconta storie nei suoi anelli. E mi accorgo che per me l’effetto è lo stesso dei suoni delle balene sott’acqua: linguaggi misteriosi che vorrei capire, ma che anche senza essere decriptati dicono qualcosa allo spirito, su un livello di paracomunicazione che si fa essenziale, primitivo. E mi conforta non essere sola ad assecondare queste sensazioni. Sulle linee degli alberi qualcuno ci ha girato perfino un docufilm: si tratta di Jordan Manley (appassionati fotografi guardatevi il suo sito, scatta con occhi meravigliati come pochi), regista di Treeline. Una storia raccontata negli anelli.
Il film è prodotto da Patagonia, marchio che notoriamente si adopera al sostegno e alla diffusione di progetti legati dal filo rosso della sostenibilità, sia essa declinata nel turismo responsabile, nella difesa di aree minacciate, nella battaglia per la tutela delle acque. Guardando questo piccolo gioiello cinematografico si fa un viaggio con l’anima: dai sacri cipressi del Giappone agli imponenti cedri rossi della British Columbia agli antichi pini dai coni di setole del Nevada, le guide sono un gruppo di sciatori, snowboarder, scienziati e guaritori che si ritagliano il cammino tra queste cattedrali naturali, dove l’unica cosa che resta da venerare è la connessione più antica dell'uomo con la natura.
Per un tempo lunghissimo gli uomini hanno vissuto al limitare delle foreste: ne hanno avuto e ne hanno ancora bisogno. Eppure si dice che davanti a immagini di paesaggi con alberi, gli umani preferiscano gli spazi aperti delle savane alle foreste. La teoria è semplice: una spolverata di alberi su uno spazio pianeggiante evoca protezione, ombra, frutti. Alberi invece troppo vicini allertano subito i nostri sensori del pericolo. In questo nuovo prodotto di Patagonia, ora in tour tra Canada e Stati Uniti ma presto in arrivo anche in Europa e Giappone, si esplora con delicatezza quella relazione complessa, celebrata e a volte parassitaria che gli uomini hanno con le foreste, nelle quali si inoltrano per bisogno, svago, meditazione. Dagli sciatori che disegnano curve tra i tronchi a chi si addentra tra gli alberi per dare (e ricevere) un abbraccio, il film sospende il tempo mentre indugia su un universo tanto alieno quanto familiare com’è, appunto, la foresta. E sul modo in cui l’uomo con essa interagisce: gli alberi sono creature antiche, che facciamo fatica a comprendere. Così esordisce il corto, e da lì in poi si srotola una lettera d’amore indirizzata alle foreste del mondo, che ci lascia con una sensazione in testa – sì, proprio in testa, nel luogo della razionalità: fare di più per proteggere il Pianeta. E, con una certa urgenza, riavvicinarci con rispetto agli alberi, quando sono alti e fieri, così come quando sono caduti.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.