Tradewatch sull'accordo quadro Wto

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L'aggettivo più utilizzato dalle agenzie di stampa nel dare la notizia dell'accordo siglato il 31 luglio a Ginevra è quello di "storico", il Sole24Ore ha parlato di "notte del disgelo" per descrivere l'ultima decisiva notte di negoziati che ha spianato la strada all'accordo finale.
Ma cosa è successo a Ginevra nella scorsa settimana ? Cosa si è svolto ? Quale storico accordo è stato firmato ?

Quello che si è svolto è un incontro ministeriale sotto le mentite spoglie di un Consiglio generale. Senza l'attenzione dei mass media che caratterizza gli eventi come Cancun e senza la presenza di organizzazioni governative, nella riservatezza garantita dalla sede ginevrina, il WTO ha tenuto quello che potremmo definire il suo sesto incontro ministeriale.
Vi hanno infatti partecipato più di una trentina di ministri, quelli più importanti, quelli che decidono le cose, e l'obiettivo dell'incontro era ciò che era sfuggito un anno fa in Messico: un testo per rilanciare l'Agenda di Doha e dare nuovo impulso al processo di liberalizzazione del mercato dei prodotti industriali e dei servizi, difendendo il più possibile, da parte paesi OCSE, il settore agricolo.
L'accordo siglato è certamente importante perché cancella il fallimento di Cancun, congeda il Doha round dal reparto di rianimazione in cui è stato mantenuto per un intero anno e ridà una spolverata al sistema di regolazione del commercio internazionale gestito dall'Organizzazione Mondiale del Commercio.
Certamente Supachai Panitchpakdi ha dei buoni motivi per esprimere grande soddisfazione dopo aver viaggiato per un anno da una capitale all'altra nel tentativo di ricucire lo strappo del settembre scorso.

Questa anomala ministeriale si è svolta secondo i vecchi canoni tanto cari al WTO. I negoziati si sono protratti per tutta la settimana in maniera informale fra 5 attori principali: USA, UE, India, Brasile ed Australia. Solo il venerdì mattina tutte le delegazioni hanno ricevuto il frutto del lavoro di questo gruppo virtuale, definito fantasiosamente come "non gruppo dei cinque". Esattamente quello che i paesi in via di sviluppo avevano chiesto alla riunione dei capi delegazione il 23 luglio di evitare: ottenere solo all'ultimo momento il testo da discutere.
Visto che lo stile dell'incontro era quello di Doha e non quello di Cancun, il negoziato è proseguito ad oltranza, perché la parola d'ordine era quella di giungere ad un accordo.
Così una giornata e una nottata di trattative serrate ha condotto sabato mattina alla bozza finale della parte agricola, dopodiché non ci sono state altre difficoltà per chiude la partita e mandare tutti in ferie per la consueta pausa di agosto.

Cosa contiene il testo approvato
Contiene un aggiornamento del "piano di lavoro" definito a Doha nel 2001, fornendo le linee guida e gli obiettivi che i negoziatori dovranno seguire da qui al dicembre 2005, data ufficialmente stabilita per la prossima conferenza ministeriale di Hong Kong.
Ecco i principali punti contenuti:

Agricoltura
Si tratta del punto più contestato, quello che realmente fece fallire il vertice di Cancun.
Il testo è suddiviso secondo i tre pilastri che reggono l'impianto dell'attuale accordo agricolo (AoA).

Sostegni all'esportazione (Export competition)
La Dichiarazione ministeriale di Doha chiedeva una 'reduction of, with a view to phasing out, all forms of export subsidies' e su questo punto l'Unione europea si era sempre difesa strenuamente.
Per la prima volta, nero su bianco, è stabilito che i sussidi all'esportazione "saranno eliminati entro la fine di una data da concordare": si tratta della grande concessione UE: dal 1 settembre si negozierà data finale e piano graduale di dismissione dei sussidi all'esportazione europei.
In cambio di questa concessione l'UE chiedeva un impegno analogo per i crediti all'esportazione americani ed ha ottenuto l'impegno a rivedere "termini e condizioni relative a crediti alle esportazioni, relative garanzie o programmi di assicurazione". Rispetto alla bozza del 30 luglio, il testo finale appare più circostanziato (si nota anche la mano del G20) e oltre alla durata del periodo di rimborso, si citano i tassi di interessi, le date di pagamento e tutti gli altri elementi che costituiscono questa forma di sostegno all'export.
Il secondo punto che l'UE chiedeva come compensazione era la fine delle State Trade Enterprises (STE), imprese statali che in alcuni paesi regolano import/export di derrate alimentari. A parere dell'UE queste imprese agiscono in maniera tale da distorcere il mercato. Anche questo punto è stato affrontato anche se il testo non sottolinea niente di più che la necessità di negoziare in futuro il tema di questi monopoli.
Analoga promessa è indicata per gli aiuti alimentari che gli USA utilizzano per disfarsi delle eccedenze alimentari ed esportare OGM.
Il testo, rispetto alla prima versione, recepisce alcune lievi modifiche presentate dalla Mongolia, dall'Honduras, dalla repubblica Dominicana e altri PVS in un fax a Tim Groser (presidente comitato sull'agricoltura) il 27 luglio.

Sostegno interno (Domestic support)
Leggendo questa parte rimane la sensazione di un esercizio acrobatico per cambiare un po tutto mantenendo i sussidi esistenti, una specie di gioco delle tre carte per trasferire i sussidi da una scatola all'altra senza cambiare nulla nella sostanza.
Se l'obiettivo è di ridurre in maniera sostanziale i sussidi distorsivi andavano analizzati quelli che fanno parte della Green box (cioè i sussidi ammessi perché considerati non distorsivi), visto che negli ultimi anni l'esperienza ha mostrato che anche i pagamenti disaccoppiati hanno effetti distorsivi.
Per avere un'idea della situazione, con la CAP del luglio scorso l'UE sposterà circa il 70/75% dei suoi sussidi diretti dalla Blue box alla Green box attraverso il (parziale) disaccoppiamento.
Molta attenzione è dedicata alla blue box (in cui l'UE spende 29,4 miliardi di euro), di cui si sottolinea l'importanza al fine di riformare il commercio agricolo. In realtà è stata approvata una sua estensione includendo i pagamenti non basati sui livelli di produzione facendo un enorme favore agli USA che potranno così sistemare una fetta di sussidi elargiti con la Farm Bill del 2002.
Molta battaglia c'è stata sui "de minimis", un fetta di sostegni interni ammessa per ogni prodotto pari a una percentuale del valore di produzione (5% per i paesi occidentali, 10% per i PVS). Fino al 30 luglio il testo prevedeva un taglio indistinto, sulla bozza approvata vi è l'eccezione dalla riduzione per quei paesi in via di sviluppo che utilizzano la maggior parte di tali fondi per programmi di aiuto agli agricoltori in difficoltà.
(si badi bene però che non è specificata alcuna percentuale di riduzione né alcuna data)

Accesso al mercato (Market access)
Così come la bozza precedente, il testo licenziato riconosce che paesi sviluppati e in via di sviluppo affrontavano in modo differente il discorso dei prodotti "sensibili". Il negoziato finale ha eliminato la parte che differenziava fra prodotti di interesse dell'una o dell'altra categoria, rimandando a un negoziato successivo la loro determinazione.
Il tutto è stato diluito in modo che ciascuna parte possa dire di aver ottenuto la possibilità di difendere i propri prodotti di primaria importanza. Si tratta di quelli per cui sono in vigore sistemi di quote tariffarie che limitano l'importazione, l'EU ne ha ben 87, 54 per gli USA.
Il termine "prodotti sensibili" cancella però il lavoro dei PVS sugli special products (SP).
Sono sette anni che i PVS chiedono un trattamento speciale per alcuni prodotti di loro interesse; la discussione è partita dal concetto di "development box" per passare a quello di prodotti strategici prima di approdare al concetto di SP. La nuova bozza cancella anche questo.

Cotone
Grande amarezza per questo punto.
I Paesi Africani non sono riusciti ad ottenere neppure a Ginevra quello che avevano chiesto a Cancun.
Nonostante molte agenzie stampa abbiano parlato dei colloqui fra questo gruppo e il capo negoziatore statunitense Robert Zoellick, l'accordo finale conferma che "gli aspetti commerciali di questo argomento saranno trattati nell'ambito dei negoziati agricoli".
Unico "contentino" la creazione di una nuova sottocommissione ad hoc.
Rispetto al testo originale è stato addirittura aggiunto un paragrafo che riprende il punto 27 della dichiarazione Derbez del 13 settembre 2003, modificandolo lievemente. Questo paragrafo da mandato al Direttore generale di consultare le altre istituzioni di Bretton Woods (BM e FMI), la FAO e International Trade Center (una creazione UNCTAD - WTO) per ricavare piani e risorse a favore dello sviluppo dei paesi interessati dal problema del cotone. I negoziatori hanno però avuto l'accortezza di sostituire il termine "diversificazione delle economie" con "sviluppo economico" rammentando che la proposta di cambiare tipo di coltivazione aveva mandato su tutte le furie i paesi africani.

Servizi
L'ESF (European Services Forum), nota lobby imprenditoriale del settore dei servizi, si era lamentata con la Commissione europea perché questo tema non compariva fra i punti principali della prima bozza di accordo. La sua richiesta è stata soddisfatta cosicché il tema dei servizi conquista un suo punto specifico ed incassa parecchio rispetto alle previsioni della vigilia confermandosi come merce di scambio a fronte delle concessioni agricole dei paesi occidentali.
Il relativo allegato chiede a tutti i paesi che non abbiano ancora presentato le loro "offerte iniziali" di farlo il più presto possibile e richiama l'impegno a raggiungere in maniera progressiva maggiori livelli di liberalizzazione in ogni settore e in ogni modalità di servizio senza alcuna esclusione a priori.
Stabilisce che entro maggio 2005 si svolga un secondo round per lo scambio di una seconda versione (rivista e ampliata) delle offerte.
Si chiede inoltre l'intensificazione degli sforzi per la parte di negoziato GATS che riguarda:
 i regolamenti interni (parte nota come necessity test) e che impone la definizione di norme finalizzate a garantire che i regolamenti sui servizi "siano basati su criteri oggettivi e trasparenti" e "non siano più onerosi di quanto necessario per garantire la qualità del servizio".
 Il sistema di salvaguardia
 La definizione di regole relative agli appalti pubblici di servizi.
Infatti l'art. XIII del GATS stabilisce che "A norma del presente Accordo si terranno negoziati multilaterali sugli appalti pubblici di servizi entro due anni dalla data di entrata in vigore dell'Accordo OMC". Questa parte di testo non è mai stata applicata ma costituisce una efficace possibilità per negoziare gli appalti pubblici nei servizi, alternativa alla (fallita) proposta di negoziare un accordo generale sulla trasparenza negli appalti pubblici.

Accesso al mercato per i prodotti industriali (NAMA)
Niente di nuovo. L'accordo recepisce il testo Derbez, rifiutato a Cancun.
E' stato aggiunto solo un punto iniziale che stabilisce la necessità di ulteriori negoziati per concordare specifici elementi. Ricordiamo che i ministri dei paesi ACP avevano formalmente chiesto una modifica sostanziale considerandolo una minaccia di de-industrializzazione per i loro paesi. Il Gruppo dei paesi africani aveva chiesto che non fosse inserito alcun "cappello" di accompagnamento ma che fosse cambiato il contenuto. Da sempre paventano che una ulteriore riduzione delle tariffe sui prodotti industriali significhi una ulteriore riduzione di una forma si reddito per sostenere la già limitata spesa pubblica e la fine delle loro industrie, incapaci di reggere alla concorrenza delle imprese multinazionali, aumentando così la disoccupazione e la povertà.
Purtroppo queste preoccupazioni espresse dal G90 non sono state recepite.

Regole di facilitazione al commercio (Trade facilitation)
Si tratta dell'unico "tema di Singapore" che ha ottenuto il via per la negoziazione di un nuovo accordo multilaterale. Sempre il G90 aveva delle perplessità al riguardo temendo che la semplificazione e la riforma delle procedure doganali potesse costituire un onere finanziario eccessivo per molti paesi poveri.

Altri temi di Singapore (Singapore Issues)
Niente da fare per investimenti, regole di concorrenza e trasparenza negli appalti governativi.
Non c'è neppure stata discussione su questi tre punti. Lamy aveva ben compreso che non era ancora giunto il momento per riproporli. La cancellazione di questi tre temi costituisce la novità più radicale rispetto al testo Derbez di Cancun.

Sviluppo (Development)
Il tema dello sviluppo è stato ristrutturato in quattro sottosezioni: principi, assistenza tecnica, implementation e altri temi relativi allo sviluppo ma è rimasto immutato nella sostanza. Si tratta di generiche dichiarazioni di attenzione verso le esigenze dei paesi in via di sviluppo.
Nell'ultima versione è comparsa la data del luglio 2005 come impegno del Consiglio generale per "rivedere i progressi e prendere qualsiasi azione appropriata" rispetto al tema implementation (problemi affrontati dai PVS nell'applicazione degli attuali accordi); ma su questo punto si è promesso così tanto in passato e tante sono le scadenze non rispettate da risultare molto difficile credere a questa nuova dichiarazione.
Fa sorridere che l'unico punto specifico citato riguardi le indicazioni geografiche dei prodotti agricoli, evidentemente l'UE ha premuto per far figurare nella parte relativa allo sviluppo un cavallo di battaglia tanto caro ai nostri ministri.

Cosa non c'è
In agricoltura siamo ancora lontani da un approccio teso a realizzare gli obiettivi stessi scritti nel preambolo dell'AoA: "instaurare un sistema di scambi agricoli equo e orientato verso il mercato".
Tantomeno il testo è strutturato per garantire lo sviluppo dell'agricoltura in modo da sfamare tutti gli abitanti del pianeta.

Il mercato agricolo è radicalmente differente da quello industriale, è caratterizzato da un elevato numero di produttori e da un numero esiguo di traders e di industrie di processo. Questi ultimi vogliono ottenere materie prime per le proprie industrie di trasformazione a costi al ribasso. Vogliono uniformare i gusti alimentari e non riconoscono che il cibo non è una merce per la sua natura, la sua origine, i suoi modi e mezzi di produzione. E' a loro che fanno comodo i sussidi.
L'AoA direziona l'agricoltura dentro questo sistema spingendo verso le esportazioni quando il 90% della produzione agricola rimane all'interno di mercati locali o regionali. Lo stesso concetto anima la CAP e la Farm Bill e anche le politiche di India e Brasile tendono a favorire i grossi esportatori piuttosto che un'agricoltura di aziende di piccole dimensioni. I sussidi disaccoppiati UE che finiscono nella categoria di quelli consentiti dal WTO continuano a premiare i grossi proprietari terrieri e non servono allo sviluppo rurale, a difendere le produzioni tipiche e a favorire una agricoltura che fornisca cibo salutare.
Il breve passaggio sulla Green Box non affronta il problema di questi sussidi che sono disegnati per sostenere una agricoltura di tipo industriale.

L'accordo si sofferma sulle STE ma il discorso semplice e vero è che i governi devono prevenire il fatto che imprese privati o statali che siano, vendano commodities al di sotto del costo di produzione e smettano di finanziarle attraverso i sussidi.
Quando nel paragrafo 18 si accenna al tema della riduzione del potere dei monopoli ci si limita alle State Trading Enterprises (STEs) ma il potere di queste imprese statali, anche di quelle principali come la canadese Canadian Wheat Board è molto inferiore a quello di imprese come la Cargill.

L'altro tema dimenticato è quello della stabilizzazione dei prezzi delle materie prime agricole. Il problema del continuo abbassamento dei prezzi colpisce da anni i paesi poveri e recentemente il problema è stato sollevato anche attraverso documenti ufficiali presentati in seno al WTO.
Ad esempio la proposta di Kenya, Uganda e Tanzania (WT/COMTD/W/130) è stata completamente ignorata.
Al recente (maggio 2004) vertice UNCTAD (UN Conference on Trade and Development di San Paolo i governi si sono impegnati per creare una International Task Force on Commodities ma in questo testo non c'è alcun riferimento.

L'Africa
Se in questa ministeriale il G20 ha confermato il suo ruolo di primo piano, il gruppo dei G90 non è riuscito a far valere le proprie ragioni. Come si era intuito a Cancun, la gestione bipolare (USA-UE) del WTO è terminata, ma la nuova stagione multipolare appena avviata esclude ancora le istanze dei paesi più poveri del pianeta.
L'Africa, in particolare, è stata ancora una volta marginalizzata ed ignorata. I coltivatori del Benin del Mali, del Burkina Faso e del Ciad ingoiano da Ginevra un nuovo boccone di vuote promesse.

di Roberto Meregalli dei Beati i costruttori di pace - Rete di Lilliput

Fonte: Osservatorio sul commercio internazionale

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