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Elezioni nel 2026: fare politica nella Gerusalemme occupata
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Immagine: Monica Pelliccia
Gerusalemme Est - L’annuncio delle elezioni amministrative in Palestina parte da Gerusalemme Est, città che mostra tutta la violenza dell’occupazione israeliana. Sono in corso i preparativi per questo passaggio fondamentale per il futuro Stato Palestinese. “Le elezioni si terranno ad un anno dal cessate il fuoco nella Striscia di Gaza,” ha annunciato Adnan Huseini, membro del Comitato Esecutivo che si occupa di Gerusalemme dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp). “Stiamo organizzando il comitato elettorale che per il momento è composto da 12 persone ed è pronto a lavorare per il 2026.”
Huseini è stato intervistato dall’Atlante dei Confitti e delle Guerre nella sede del Governatorato di Gerusalemme Est, nel sobborgo di Ram durante la visita della delegazione degli Enti locali per i Diritti del Popolo Palestinese. Si tratta della prima missione ufficiale tenutasi negli ultimi due anni organizzata da Arci Firenze e Anpi Firenze, svolta dal 2 al 6 novembre 2025.
Sono passati quasi vent’anni dalle ultime elezioni, in un contesto segnato da un escalation di violenza. Secondo i dati del report pubblicato nell’ottobre 2025 dal Governatorato di Gerusalemme relativo alle violenze avvenute negli ultimi 30 giorni, c’è stato un omicidio, 87 arresti (di cui 11 bambini e 3 donne), 15 operazioni di demolizione e abbattimento e 10.822 coloni hanno fatto irruzione nella moschea di Al-Aqsa nella provincia controllata dalle autorità palestinesi. Per quanto riguarda le colonie invece, sono stati iniziati cinque nuovi progetti illegali e 40 professionisti del settore medico sono stati feriti o aggrediti.
Numeri che raccontano la violenza quotidiana nella città cuore del conflitto. A Gerusalemme Est vivono 365mila persone palestinesi, il 38% del totale. L’espansione delle colonie prevista dai dati del Governatorato è di 185mila nuovi abitanti in insediamenti israeliani illegali, che farebbe diminuire il numero di abitanti palestinesi in quest’area al 28%.
In questo scenario le elezioni in programma per il 2026 sono un punto cruciale per un futuro governo unitario in Palestina, diviso tra le varie fazioni politiche ed un leader carismatico come Marwan Barghouti nelle carceri israeliane da 24 anni. “Vogliamo comunicare al mondo la nostra sofferenza, l’apartheid e il razzismo che viviamo,” continua Huseini. Sulla pagina Facebook del Governatorato di Gerusalemme Est il racconto delle violenze è continuo. Gli ultimi post raccontano di scontri nella zona antistante il Governatorato nella città di Ram, nel nord della Gerusalemme occupata, tra pesanti spari di bombe a gas da parte delle forze di occupazione, violenze su giovani palestinesi, distruzione di tombe al lato della moschea Al-Alqsa e di nuovi insediamenti coloniali illegali ad est della città di Anata, a 4 chilomentri da Gerusalemme. “L’ultima volta abbiamo fallito, ma oggi siamo pronti a lavorare per riuscire realmente a organizzare le elezioni a partire proprio da Gerusalemme Est,” conclude Huseini. E proprio su Gerusalemme si erano bloccati i preparativi per le elezioni, annunciate nel 2021 dal presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Abū Māzen, ma mai celebrate. Il motivo del rinvio a data da destinarsi era stata l’impossibilità di recarsi alle urne per le persone palestinesi residenti a Gerusalemme Est, area controllata de facto da Israele già quattro anni fa.
Tramite video collegamento, l'Atlante delle Guerre e dei Conflitti ha intervistato il governatore di Gerusalemme Adnan Gahith e il ministro per gli affari di Gerusalemme, Ashraf A'awar entrambi agli arresti domiciliari. Il ministro è stato arrestato 5 anni fa mentre il Governatore è da 6 anni ai domiciliari. Per entrambi si tratta di una detenzione amministrativa (quindi senza accuse ufficiali) che viene rinnovata ogni 4 mesi. “Viviamo senza diritti di base - dichiara il governatore - Israele trova modi sempre diversi e più violenti per portare avanti l’occupazione di Gerusalemme. Uno di questi è la cancellazione della memoria palestinese. Anche i libri di testo, ad esempio, sono considerati pericolosi e devono essere approvati da loro. Controllano i libri negli zaini dei bambini, bruciano le librerie, arrestano i proprietari. Stiamo vivendo una Nakba dopo l’altra”.
Secondo dati riportati dal Governato dal 7 ottobre 2023 sono state chiuse 120 istituzioni, organizzazioni e associazioni nella provincia di Gerusalemme e 470 sono state le persone espulse. Inoltre sono stati 6 mila gli arrestati negli ultimi due anni: 700 ancora in carcere e 69 sono i cadaveri di prigionieri palestinesi da restituire alle famiglie.
E anche la libertà di movimento è sempre più sotto attacco: entrare nella città di Gerusalemme per le persone palestinesi è sempre meno scontato. Solo chi possiede l'autorizzazione di Israele e i documenti richiesti può accedere e il divieto all’ingresso è in estensione.
C’è chi non può entrare, ma anche chi non può uscire. Ashraf A'awar, ministro degli affari di Gerusalemme, oltre ad essere ai domiciliari, da quindici anni, infatti, non ha più il permesso di recarsi in Cisgiordania. “Israele sta facendo di tutto per impedirci di amministrare, di stare vicino alla nostra gente - spiega - Abbiamo attivo un team legale per supportare le persone che subiscono espropri e ingegneri specializzati che seguono le demolizioni. I tribunali israeliani, però, sono fortemente razzisti e nessuna causa viene vinta: se decidono di espropriare la via legale è inutile”.
L’assedio per i palestinesi è tangibile in quasi tutte le aree della città. A Sheikh Jarrah, villaggio palestinese sul lato orientale della città vecchia, da dove partì la fase più violenta per scontri e demolizioni nel 2021, la sensazione di oppressione è ovunque. Le case sono circondate da recinzioni, mentre quelle che sono state espropriate dai coloni sono serrate e protette da decine di telecamere. “Abbiamo bisogno - conclude il ministro - di tutto il supporto possibile per far sentire la nostra voce e per questo le elezioni sono fondamentali. La situazione è sempre più difficile e l’impunità all’ordine del giorno”.
Di Monica Pelliccia e Alice Pistolesi






