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Tra fragole, scuole e guerre nella terra dei Cedri
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Sheik Abdo (soprannome per Abd Elrahim Hysan) è un maestro delle elementari; siriano, nel 2011 ha dovuto lasciare tutto e fuggire. Si è rifugiato nel vicino Libano, pensando di rimanervi pochi mesi per poi fare ritorno a casa. Le cose non sono andate così: tutt'oggi vive a Myniara - un insediamento informale nel nord del Paese - insieme ad altre 30-40 famiglie siriane ( circa 200 persone); nonostante gli sia stato proposto di venire a vivere in Europa, ha rifiutato.
Gli insediamenti informali sono dei campi profughi non ufficiali: in Libano non vengono allestiti i tendoni dell'UNHCR, perché i rifugiati non vengono riconosciuti come tali. Questo significa che i siriani sono insediati su terreni privati, pagano un canone di affitto e per viverci si sono costruiti un alloggio di fortuna – per lo più con materiale di recupero come bastoni, teli di plastica, lamiere. Una volta compreso che la situazione non sarebbe durata solo pochi mesi, Sheik Abdo ha deciso di fare quello che era in suo potere per rendere il posto un luogo il più vivibile e sereno possibile. Questo sia attraverso piccole azioni – come piantare delle fragole ai limiti del campo, per rendere la vita più dolce; che quelle più grandi, creando una scuola informale e facendosi portavoce della Proposta di Pace per la Siria– la prima realizzata e portata avanti da civili.
La scuola informale che ha creato si chiama Maalak Centre, e permette a bambini e ragazzi di proseguire la propria formazione scolastica anche se in un contesto informale. Il Libano ha iniziato a sperimentare i flussi migratori dalla Siria nel 2011; il governo era ancora estremamente fragile, e non sapeva come far fronte all'emergenza. Allo stesso tempo, anche i siriani erano convinti che in pochi mesi sarebbero tornati a casa: quindi risiedere in maniera legale nel Paese, lavorare, avere accesso al sistema sanitario e scolastico non erano sentite come priorità da nessuna delle due parti. Due anni dopo però, la svolta: quando Hezbollah è entrato nel conflitto siriano e la guerra è diventata internazionale, si è capito checi sarebbero voluti degli anni. Solo allora si è iniziato a prendere seriamente la questione: ciò nonostante, la maggior parte dei siriani risiede tutt'oggi illegalmente in Libano. I bambini ed i ragazzi fino al 2014 non potevano andare a scuola; oggi alcuni di loro sì (quelli legalmente residenti, che sono comunque la minoranza). Questo almeno in teoria: spesso non riescono a farlo per problemi strutturali (distanza dalle scuole, mancanza di trasporti) ed organizzativi: per accogliere gli studenti siriani nelle proprie scuole il governo libanese ha creato una scuola “su turni”. La mattina gli allievi sono solo libanesi; il pomeriggio, solo siriani. Le lezioni si svolgono in tre lingue – arabo, inglese, francese – ma i ragazzi siriani conoscono solo l'arabo. Certo, per lo meno è un passo avanti; resta poi da gestire il problema delle ore lavorative degli insegnanti, e delle condizioni in cui versano – stressati e sovraccarichi, può capitare che picchino gli studenti - soprattutto siriani che spesso soffrono di stress post traumatico e non sono facili da gestire. Inoltre le classi sono miste: bambini di 10 anni possono trovarsi insieme a quelli di 6 o di 14 – con le conseguenti difficoltà sia da parte degli insegnanti che degli studenti.
Ed è proprio perché il sistema pubblico nonostante gli sforzi fa acqua da tutte le parti che Sheik Abdo ha creato il Malaak Centre, frequentato da 460 studenti tra i 3 ed i 17 anni, con picchi di quasi 500 persone durante il periodo estivo. Il centro funziona grazie allo sforzo collettivo di associazioni locali, singole donne e uomini. Era una piccola struttura che poi è cresciuta: oggi ha un polo con varie classi, un'aula di musica, un campetto da basket ed uno da calcio. Il corpo insegnanti è misto (libanesi e siriani); le mamme degli studenti si occupano a turno della mensa, mentre gli altri della gestione ordinaria, dell'amministrazione, le pulizie e la manutenzione. Nella scuola – che non offre certificazioni ufficiali però permette l'istruzione – sia i ragazzi che gli adulti approfondisconoanche l'educazione alla pace e la gestione del conflitto. Sheik Abdo è un visionario, e sa perfettamente che quando sarà il momento di tornare a casa bisognerà ricucire le ferite e capire come fare a tornare a vivere insieme. Una questione importante, con cui altre realtà contemporanee fanno ancora fatica a confrontarsi - si pensi al caso del vicino Kosovo, dove le tensioni tra albanesi e serbi sono ancora accese nonostante il conflitto sia terminato ormai da quasi un decennio. A sostegno della proposta di pace e del lavoro portato avanti da Sheik Abdo ci sono anche realtà italiane – come Operazione Colomba e Operation Daywork (quest'ultima ha assegnato il premio diritti umani 2018 proprio a Sheik Abdo). E la Proposta di Pace di cui Sheik Abdo è portavoce è nata anche grazie a Operazione Colomba. Nel 2017 Sheik Abdo ha avuto modo di presentarla al Parlamento italiano, al Presidente del Consiglio d'Europa Michele Nicoletti e al vice presidente dell'Unione Europea Frans Timmermans; amaggio 2018 invece agli europarlamentari a Bruxelles, al delegato ONU per la Siria De Mistura, al ministro degli esteri francese e alla comunità di Taze. Il 12 ottobre Sheik Abdo sarà nuovamente in Italia – a Milano – per parlarne.
La Proposta consta di sei punti: il primo vuole creare una zona umanitaria in cui il conflitto non può entrare– sul modello della Comunità di Pace di San José de Apartadó in Colombia. Questa comunità fin dagli anni '90 si è dichiarata un territorio neutrale; questo non l'ha risparmiata dalla violenza generalizzata di cui è ancora vittima, tanto che molti suoi esponenti sono stati assassinati. Da anni Operazione Colomba opera anche in questo territorio: grazie a loro Sheik Abdo ha potuto comunicare via skype con la comunità colombiana, traendone ispirazione .Il secondo pilastro chiede un cessate il fuoco, la fine dei bombardamenti e degli attentati, della fornitura di armi e dell'eliminazione di tutte quelle già presenti nel Paese; dell'assedio delle decine di città siriane in cui i civili non hanno accesso al supporto medico e umanitario e la messa in sicurezza di tutti loro; in terzo luogo vuole creare un governo di unità nazionale che rappresenti tutti i siriani nella loro diversità e che ne rispetti dignità e diritti; si chiede poi che venga trovata una soluzione politica al conflitto in Siria e che i civili che rifiutano la guerra siano rappresentati alle trattative di pace di Ginevra; in quinto luogo che ogni tipo di estremismo e di terrorismo venga combattuto ma non attraverso il massacro di civili disarmati come avviene oggi; ed infine, si chiede una pronta assistenza alle vittime e sostegno a coloro che le stanno aiutando, la liberazione dei prigionieri politici e la ricerca delle persone scomparse; che i feriti e gli invalidi a causa della guerra siano salvati e assistiti, ora e in futuro.
Novella Benedetti

Giornalista pubblicista; appassionata di lingue e linguistica; attualmente dottoranda in traduzione, genere, e studi culturali presso UVic-UCC. Lavora come consulente linguistica collaborando con varie realtà del pubblico e del privato (corsi classici, percorsi di coaching linguistico, valutazioni di livello) e nel tempo libero ha creato Yoga Hub Trento – una piattaforma che riunisce varie professionalità legate al benessere personale. È insegnante certificata di yoga.