Tibet, turismo contro grandi dighe

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Contro la potente lobby cinese delle grandi dighe rischia di abbattersi la volontà del governo di Pechino di sviluppare un altro settore, quello turistico. È quanto emerge in relazione alle ultime notizie sul mega sbarramento di Motuo, che sarebbe dovuto sorgere sul fiume Brahmaputra, con i suoi 2.900 chilometri uno dei corsi d’acqua più lunghi dell’Asia.

Il Brahmaputra ha origine su uno dei tanti splendidi ghiacciai tibetani, per poi attraversare Cina, India e Bangladesh, prima di finire la sua corsa nell’Oceano Indiano.

L’idea di costruire una diga sulla Great Bend, la spettacolare cascata di mille metri che si trova su un tratto di fiume ancora di competenza territoriale dell’ex Impero di Mezzo, era stata certificata ufficialmente nel maggio del 2010, quando le autorità di Pechino avevano garantito alle loro controparti indiane che gli impatti a valle sarebbero stati molto ridotti. Una rassicurazione che non aveva convinto del tutto il governo di Nuova Delhi, a sua volta però da decenni grande sostenitore degli impianti idroelettrici, tanto che durante l’ultimo G20 i leader dei due paesi hanno deciso di incontrarsi di intensificare l’interlocuzione e lo scambi di dati sul delicato e caldo tema dei corsi d’acqua transfrontalieri.

Negli ultimi giorni si è registrata questa inattesa retromarcia. Sono già stati stanziati oltre 50 milioni di euro per far fiorire il turismo nella prefettura di Nyingchi e altri 15 saranno erogati per la nascita di una “città internazionale del turismo”, proprio ai confini della stessa prefettura. A dicembre, nella zona era già stato inaugurato il parco nazionale del Grand Canyon del fiume Yarlung Zangbo (il nome in cinese del Brahmaputra). Uno dei responsabili dell’ufficio del turismo del Tibet, Wang Songping, ha dichiarato che della conduzione parco sarà incaricato un comitato ad hoc, il quale seguirà “pratiche accettate a livello internazionale nel gestire le risorse turistiche e nel minimizzare i possibili danni all’ambiente naturale”.

Due segnali fortissimi, in apparenza addirittura decisivi, per il destino della diga di Motuo, sulla carta un’opera addirittura più grande di quella delle Tre Gole, sullo Yangtze. Se quest’ultima ha causato lo sfollamento di quasi due milioni di persone, l’impianto sul Grand Bend avrebbe provocato incalcolabili impatti ambientali in un ecosistema che andrebbe invece preservato in ogni modo. Conseguenze nefaste che avrebbero comportato anche i quasi 30 altri impianti sponsorizzati dalla lobby delle dighe, ben determinata a sfruttare l’enorme potenziale idrico dell’area. Di tutti questi progetti, per il momento uno solo ha visto la luce e non è detto che gli altri sorgeranno presto.

Il vice-segretario generale della Chinese Society of Hydropower Engineers ha più volte evidenziato come un progetto quale Motuo permetterebbe di evitare l’utilizzo di almeno 100 milioni di tonnellate di carbone l’anno, ma ha pure ammesso che la diga potrebbe implicare una lunga serie di problematiche di non facile risoluzione da un punto di vista tecnico. Le difficoltà, è abbastanza evidente, sono dovute all’altitudine (i lavori si dovrebbero svolgere ben oltre i 4mila metri) e alla natura particolarmente impervia delle località interessate.

Insomma, dopo anni di “abbuffate” di dighe mastodontiche, forse la Cina sta riconsiderando almeno in parte le sue priorità sugli investimenti. In altri casi sono stati siccità e terremoti a ridurre la produzione di vari impianti idroelettrici. Meglio allora puntare sul turismo, che potrebbe addirittura rivelarsi più redditizio.

Luca Manes

Fonte: staccalaspina.org

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