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Sudan: Amnesty, non c'è pace senza giustizia
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Amnesty International ha dichiarato che, per evitare un ulteriore conflitto, è indispensabile che i colloqui di pace sul Sudan si concentrino sulle riforme giudiziarie necessarie per proteggere l'intera popolazione del paese. L'appello giunge alla vigilia della ripresa dei negoziati sul Darfur, in programma la prossima settimana nella capitale della Nigeria, e dell'ultimo mese di colloqui di pace tra nord e sud del Sudan, previsti a Navaisha, Kenya.
"I negoziatori devono guardare al di là della semplice divisione del potere e degli accordi economici. Devono rispondere alla legittima richiesta di giustizia che proviene da milioni di vittime di gravi abusi dei diritti umani. Solo istituendo un sistema legale trasparente e indipendente, il Sudan potrà superare l'attuale crisi e raggiungere una pace completa e duratura" - ha affermato Paolo Pignocchi, responsabile dell'unità di crisi sul Sudan della Sezione Italiana di Amnesty International.
Il rapporto presentato da Amnesty International denuncia che centinaia di migliaia di persone nella regione sudanese del Darfur continuano a vedersi negare la giustizia e rimangono indifesi di fronte a uccisioni, torture, stupri e scorrerie che le costringono alla fuga. Questa situazione stride profondamente con la diffusa impunità di cui godono i responsabili delle violazioni dei diritti umani, che vengono persino incorporati tra le forze di sicurezza del paese. Il rapporto descrive numerosi casi di arresti arbitrari, imprigionamenti, morti in custodia, torture, processi iniqui e minacce: un contesto di violazioni dei diritti umani che nega alle vittime l'accesso alla giustizia nella regione del Darfur.
Amnesty International ha sottoposto al governo del Sudan una serie di raccomandazioni, tra cui:
- l'abrogazione della legge che consente alle forze di sicurezza di ricorrere alla detenzione prolungata in condizioni di isolamento e che garantisce loro la completa immunità;
- l'abolizione della legislazione che viola gli standard internazionali sui processi equi, comprese le disposizioni che impediscono a un accusato di ritirare le proprie confessioni e ricorrere in appello contro il verdetto e la condanna;
- l'introduzione di misure che assicurino l'uguaglianza di fronte alla giustizia, un periodo di tempo adeguato per preparare la difesa e l'assistenza legale gratuita, quando necessaria;
- l'immediato rilascio di tutte le persone imprigionate solo per aver espresso pacificamente le proprie opinioni e di tutti coloro arrestati arbitrariamente;
- una dichiarazione pubblica e inequivocabile che la tortura e i maltrattamenti non saranno tollerati in alcun centro di detenzione e saranno puniti dalla legge.
"Col pretesto del conflitto armato e la copertura dello stato d'emergenza, il governo sudanese ha oppresso le vittime degli abusi dei diritti umani e ha lasciato in libertà i responsabili, tanto durante la guerra nel sud quanto nel corso del conflitto nel Darfur. La comunità internazionale deve pretendere che i diritti umani fondamentali saranno pienamente protetti dalle leggi sudanesi e assicurare che la presenza e il mandato degli osservatori internazionali che si occupano di violazioni dei diritti umani saranno rafforzati" - ha sottolineato Pignocchi.