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Stambecchi nel deserto, scherzi?
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Sono capre selvatiche e noi siamo abituati a vederle, a volte fotografarle, in ogni caso associarle ad ambienti di alta montagna. Ma gli stambecchi nel deserto, che c’azzeccano?
C’azzeccano eccome, e un recente ritorno in luoghi per noi meno prevedibili ci racconta una bella storia di natura potente e ostinata.
Sono più di cento gli anni trascorsi dalle ultime apparizioni delle Caprae nubianae, cugine dello stambecco alpino, sui monti del Libano: caccia, assenza di tutela del loro habitat naturale e difficoltà a condividere risorse con il bestiame domestico le hanno rapidamente portate alla scomparsa. Si tratta di una specie classificata come vulnerabile nella lista rossa della International Union for Conservation of Nature (IUCN), organizzazione non governativa con sede in Svizzera che ha ottenuto nel 1999 lo status di osservatore dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Ma ancora non è stata messa la parola fine a questa storia, anche se la parola estinzione, per Libano e Siria, era già caduta come un pesante macigno sul futuro interrotto di questi animali. Un coraggioso progetto di reintroduzione, però, sta lavorando perché questi ungulati, che ancora popolano le montagne di Egitto, Corno d’Africa, Israele, Giordania, Arabia Saudita e Yemen, tornino lentamente a muoversi su queste alture con l’agilità e l’eleganza che li contraddistinguono: un lavoro di squadra che ha l’obiettivo non solo di ripristinare la biodiversità nell’area ma anche di renderla al contempo un territorio attraente per un turismo naturalistico ed ecologico.
L’iniziativa, che ha preso il via lo scorso autunno, appartiene a un programma più ampio di cooperazione internazionale che si avvale della consulenza scientifica di Istituto Oikos, organizzazione non-profit impegnata in Europa e nel mondo nella tutela della biodiversità e per la diffusione di modelli di vita più sostenibili. Al progetto partecipano anche la Shouf Biosphere Reserve, entità libanese, la Royal Society for Conservation of Nature e l’area protetta di Wadi Rum in Giordania, iscritta nel 2011 nell’elenco dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco. Le attività godono del supporto della Cooperazione italiana in Libano e di Mava Foundation.
Dalla Giordania alla riserva in Libano: 12 esemplari sono stati trasferiti per alimentare la speranza di una rinascita… che c’è stata: pochi mesi fa sono nati i primi cuccioliproprio in Libano, a suggellare il successo di un programma che parla di nuovo al futuro. Se al momento gli esemplari reintrodotti e i nuovi nati vivono in un’area recintata per monitornarne l’adattamento al nuovo ambiente, entro i prossimi anni alcuni gruppi verranno rilasciati per tornare a popolare allo stato selvaggio queste terre dalle quali mancavano da oltre un secolo. Lo stambecco del deserto è ancora potenziale vittima di bracconieri e assenza di tutela ambientale ma l’obiettivo rimane quello di facilitare la conservazione di una popolazione che, come si legge sul sito di Oikos, è “vitale in natura” e che forse può finalmente tornare a vivere sui pendii che le appartengono.
Sono sfide piccole e spesso bypassatedall’informazione main stream, ma dicono molto di noi, dell’importanza che dedichiamo ai nostri territori e all’ambiente naturale che ci ospita e ospiterà con ogni probabilità le future generazioni. Un impegno che anche in Italia trova fortunatamente riscontri positivi: pensiamo per esempio al successo mondiale derivato dal ritorno sugli Appennini del camoscio, progetto premiato nel 2015 anche dall’Unione Europea.
Mi viene in mente una filastrocca per bambini, che iniziava più o meno con “Salta incerto lo stambecco tra le rocce e uno spuntone”. Che queste incertezze nella realtà dei loro habitat naturali vengano meno in tempi sempre più brevi e che dagli Appennini al Medio Oriente possano vivere a lungo indisturbati e fieri, questo l’augurio che facciamo a loro, ma anche a noi. Perché un ecosistema sano a con noi a che vedere molto più di quanto immaginiamo.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.