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Sporco negro puzzi
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"Sporco negro puzzi. Tornatene a casa tua". Urlando queste parole nei giorni scorsi tredici balordi hanno pestato a sangue uno studente africano fuori la discoteca di Genova. Lui ha resistito. Non è caduto a terra. Sarebbe stata la fine. Il gruppo di estrema destra stava aspettando un altro straniero dall'Europa dell'est che tardava ad uscire. Dopo alcuni minuti di sfogo e rabbia, con l'arrivo dei buttafuori di colore, il gruppo si è dileguato nella notte.
Alcuni media hanno denunciato con fermezza l'aggressione nei confronti del povero malcapitato. A distanza di alcuni giorni c'è da chiedersi dove sta la vera povertà. Nel nonviolento o nei violenti?
Da un lato abbiamo un figlio di un funzionario ministeriale dell'Angola. A parere dei media e soprattutto del libretto universitario si tratta di una persona colta che ha avuto modo di viaggiare, conoscere e parlare più lingue. Pur ammesso che puzzasse e fosse sporco non gli correva l'obbligo di tornarsene a casa. Di certo non prima di avere la laurea in Economia e Commercio.
Dall'altro lato abbiamo i nuovi poveri. Miseria fatta di "analfabetismo di ritorno", zero impegno, populismo, menefreghismo, bevute a rischio coma etilico, telecomando consumato, razzismo squadrista, subcultura dell'avere, luoghi comuni su neri, gialli, rossi e rumeni che vogliono la moschea e cervelli cotti dai cellulari. Questi nordisti maci pattugliatori frequentatori di palestre, per dirla con Bompressi, hanno alte prestazioni muscolari (ciò permette loro di svignarsela alla vista di due buttafuori di colore). Qualità: non sono sporchi, non puzzano e sono a casa. Direi di più. Sono profumati, rasati a zero e trovano tre volte al giorno la pappa pronta. Le loro madri iperprotettive ed i loro padri menefreghisti con il SUV nel garage saranno i primi avvocati difensori.
Guai a quel professore, educatore, docente o politico che metterà in discussione "lo stile di vita" del ragazzo, tutto casa e night club. Costo 50 + 50 + 50 per serata. Cena, trasporto, disco; consumazione inclusa. Poveretto.
Se la politica nazionale non si desterà dal torpore avremo tra qualche anno il figlio dello studente africano, ormai stabilizzatosi a Genova, che contrapporrà rancore a rancore. Allora saranno guai. La povertà è brutta e cattiva, ovunque. Le periferie parigine ce lo ricordano.
Come uscirne? Innanzitutto assieme. Educatori, genitori, comunità, volontariato, politica, chiesa. Non possiamo relegare l'educazione alla scuola. Uno sbandato è un sovversivo per tutti. Tento alcuni spunti affatto esaustivi.
Rigore. Il problema, a 40 anni dal '68, è l'aver sovvertito l'autorità. Per alcuni sembra non esistere più. Ed ecco il lassismo nello studio, nel lavoro, nel volontariato. Né "timor di Dio" e tantomeno "del Superiore". D'altronde vi sarà sempre chi scuserà l'inefficienza, il ritardo o il richiamo con un bel "ma chi si crede di essere?". L'aver abolito il "servizio militare" senza sostituirlo con un rigoroso "servizio civile obbligatorio" ha, semplicemente a mio avviso, indebolito la società. Disobbedienti ovunque.
Meritocrazia. I migliori e non i nipoti. Alcune professioni sembrano riservate più per vincoli familiari che per merito. Perché non immaginare Università ove i crediti formativi si guadagnano anche in ambito lavorativo? Gli studenti che vanno a scaricare casse di frutta e verdura alle quattro del mattino al mercato hanno gli stessi meriti dei bamboccioni perditempo sempre con il bicchiere in mano?
Creatività. L'Italia è il paese della fuga dei cervelli. Possiamo immaginare d'intrattenere il creativo, l'originale, incanalando i suoi talenti? A chi dobbiamo la bellezza delle nostre città e dei nostri musei se non al genio dei maestri rinascimentali? Lo sbandato consumatore che affolla l'ipermercato di giorno e lo sballo di notte ha privato il proprio vivere di ogni creatività. Non lasciamoci fuggire il genio trattenendo il conformista.
Sicurezza l'impunità dello studente che deride il docente o del centauro che si fa beffa del vigile; parimenti il violento, il criminale, lo spacciatore o l'impotente che sfoga la propria virilità sull'acceleratore non hanno la certezza della pena. Urge fermezza. Spazi in sicurezza che favoriscano la socialità, l'incontro, il fare festa senza dar di testa.
Opportunità. Il figlio di un immigrato nato in Italia non ha la cittadinanza italiana. Negli Stati Uniti un suo pari può concorrere alla Casa Bianca. Sin tanto il diritto non darà nuove opportunità questi semi-cittadini si sentiranno sempre stranieri ed estranei. In questa situazione precaria perché dovrebbero prendersi cura del territorio ove vivono?
Lavoro. Per opporsi alla noia e alle sue declinazioni disfattiste dovremo impegnare la migliore gioventù. Lavoro, quindi, durante le vacanze; volontariato per tutto l'anno. I giovani, liberati dall'iperprotezione, devono riassaporare il gusto di guadagnarsi il pane. Crescere nella povertà. Vanno incentivate tutte le organizzazioni profit e "non a scopo di lucro" che riescono ad occupare, impegnare, valorizzare.
Gioco. Per dirla contrariamente ai poveri balordi i nostri bambini/giovani hanno bisogno di faticare, sudare, puzzare, sporcarsi, uscire dalla teledipendenza di casa propria per ri-abitare i giardini, luoghi aperti della comunità, lo sport di squadra ove sfogare l'aggressività. Nel farlo devono trascinare genitori e nonni per far sperimentare anche a loro la mescolanza tra diversi. Solo così potrà calare, seppur di poco, l'ancestrale avversione per il diverso tentando la "non facile" ma inevitabile convivenza.
Fabio Pipinato