Social, land & street? È l’arte, of course!

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Disegni non è la parola esatta. Dipinti nemmeno. Perché nessuno di loro se ne sta seduto su una sedia davanti a un foglio o a una tela, muovendo solo pennelli e immaginazione. Ciascuno di loro è un’anima in moto, un’idea mobile che viaggia e si esprime “fuori le mura” con lo scopo di unire la passione per le forme d’arte a un messaggio speciale, che incontra la sostenibilità ambientale, le relazioni intergenerazionali, l’educazione civica e il rispetto per il paesaggio. Quattro storie, quattro nomi, quattro modi diversi geograficamente e climaticamente lontani di interpretare valori condivisi.

Andres Amador, spiagge dorate della California. A piccoli passi leggiadri si muove tra le dune e i granelli, con in mano un rastrello. Non raccoglie mozziconi o cartacce, non prepara il litorale per i turisti. Scopre i colori e le temperature della sabbia, ne estrae opere d’arte. Se non riuscite a immaginarvi cosa possa esserci di artistico sulla spiaggia oltre alle sculture di sabbia e alle impronte dei gabbiani all’alba, date un’occhiata qui: i contrasti tra la rena asciutta e quella bagnata si trasformano in fiori, fiocchi di neve, forme geometriche dalle linee tanto astratte quanto è fragile la loro vita sul confine delle maree.

Andres è un artista scalzo, un matematico affascinato dalla geometria. Non usa colori né vernici, l’impatto ambientale della sua opera è inversamente proporzionale a quello emotivo: le emozioni scavano nel cuore sensazioni senza tempo, mentre il rastrello per le foglie accarezza la sabbia a mano libera e per un paio d’ore. Non sono opere pensate per durare anni, ma infiniti attimi, pronte a lasciare spazio a una nuova tela ripulita dalle onde, a nuovi pensieri che accompagneranno gesti discreti e silenziosi. Perché è il processo l’opera d’arte, non il risultato.

Simon Beck, dalle nevi del Cile e dell’Argentina alle località sciistiche della Savoia in Francia. Con le racchette da neve incide nei ghiacci splendide creazioni, facendo dello sport una forma d’espressione di benessere, del corpo e della mente. Un’idea nata nel 2004 dopo una giornata sulle piste, tra un’uscita di orienteering e l’altra. Qualche problema fisico, qualche perplessità sulla disciplina fino ad allora praticata e la decisione di dedicarsi seriamente a quella parte di land art che ha a che fare con la neve. Una decina di ore nel silenzio della montagna, a contatto con il proprio spirito e con le vette raggiunte nelle tecniche espressive più rispettose dell’ambiente, e le cime si arricchiscono di opere provvisorie, uniche, irripetibili.

Sylvia Wybenga, olandese, l’ho conosciuta in estate sulle montagne della Val Rendena. Mani sottili e curate, le chiedo se suoni il pianoforte. No, suona le corde dell’anima, di chi attraversa giorni di disagio e difficoltà. Racconta fiabe e visualizza immagini, organizza e conduce laboratori per bambini e disabili. Gli strumenti del mestiere? Un telo retroilluminato, un proiettore, la sabbia, le mani. Sand painting si chiama la tecnica che utilizza, mentre accompagna performance musicali e teatrali. Un modo per sviluppare i sensi, l’equilibrio, la creatività e le proporzioni, un modo per entrare con passi felpati nel mondo, per chi a quel mondo sta cominciando ad affacciarsi, o per chi di quel mondo è spesso lasciato ai margini.

Lara Seixo Rodriguez, curatrice del Festival di urban art WOOL di Covilhã, e ora coordinatrice di un esperimento all’avanguardia, sviluppato a Lisbona, luogo di contaminazioni artistiche tra antico e moderno. Qui l’idea nasce da uno spiccato spirito di osservazione delle dinamiche sociali, in particolar modo di due tratti distintivi degli anziani, la solitudine e la curiosità. E’ così prende vita Lata65 (Lata per lattina di spray, 65 per l’età di pensionamento), un corso di street art  per anziani che dall’inizio ad oggi ha formato più di 120 nonni e nonne. Lezioni frontali ma anche laboratori sul campo, o meglio nelle strade e nei quartieri più grigi e dimenticati della capitale. Per scardinare i pregiudizi, riportare vita e colori nelle periferie dove l’arte dei vernissage non arriva mai, coinvolgere quelle fasce sociali che, da un certo punto della vita in poi, sembrano adatte solo per giocare a bocce e lavorare a maglia. Un’esperienza che rende entusiasti, che fa tornare giovani, che è occasione e strumento di rinascita.

Quattro storie, quattro storie come tante e come molte altre, che più di ogni spiegazione rendono vibrante la frase che un’immagine mi ha stampato in testa, evocando un gioco di parole enigmistico: “The earth without art is just eh”. Eh sì, la Terra senza l’arte sarebbe soltanto un’attonita esclamazione di incompletezza.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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