www.unimondo.org/Notizie/Si-puo-essere-troppo-femministe-205550
Si può essere troppo femministe?
Notizie
Stampa

Immagine di Arianna Moroder via Facebook.com
Faccio parte di un gruppo Facebook di donne che si danno man forte – Group of Sisters. Ci incoraggiamo, ci diamo consigli, ci confrontiamo su vari temi senza insultarci – e con i tempi che corrono già questo è un risultato. Qualche settimana fa una ragazza ha postato uno spunto per la discussione che parafrasando diceva più o meno così “ogni tanto vedo persone che si impuntano su determinate questioni, che sono delle femministe ‘troppo’ femministe. Combattere per i propri diritti va bene, ma a volte mi sembra esagerato”. Ne sono uscite riflessioni interessanti dove – per l’esperienza indiretta che ho del ’68 e delle discussioni tra donne narrate da Lidia Menapace – in tante sono partite dal proprio vissuto per andare poi a ragionare in termini astratti sulla cultura in cui viviamo immerse.
La domanda però mi è rimasta: si può essere troppo femministe in Italia? Esiste il femminismo estremo, ed in cosa consiste? Quali sono i parametri per definirlo?
La definizione che la Treccani dà di femminismo è la seguente: “Movimento di rivendicazione dei diritti delle donne, le cui prime manifestazioni sono da ricercare nel tardo illuminismo e nella rivoluzione francese; nato per raggiungere la completa emancipazione della donna sul piano economico (ammissione a tutte le occupazioni), giuridico (piena uguaglianza di diritti civili) e politico (ammissione all’elettorato e all’eleggibilità), auspica un mutamento radicale della società e del rapporto uomo-donna attraverso la liberazione sessuale e l’abolizione dei ruoli tradizionalmente attribuiti alle donne.”
Qualora ci fossero ancora dei dubbi quindi, si tratta di un movimento nato per rivendicare la parità di diritti (e di doveri: che non c’è l’uno senza l’altro) tra uomini e donne. Un movimento per l’uguaglianza formale e sostanziale tra i due generi. Se femminismo è eguaglianza, allora la domanda è: si può peccare di troppa eguaglianza? può l’eguaglianza essere estrema?
Diciamo che la risposta a questi due interrogativi sia affermativa. Come definiamo ciò che è troppo femminista? Una strada potrebbe essere entrare nel merito delle singole battaglie, e di come vengono percepite; anche perché a livello formale – su carta – la parità possiamo dire sia stata raggiunta. A livello normativo noi donne abbiamo accesso a tutti i lavori che vogliamo; godiamo degli stessi diritti degli uomini; possiamo votare ed essere elette. Tuttavia quando scendiamo nel concreto della vita di tutti i giorni è davvero questa la situazione?
Questo è il punto nell’articolo dove il/la gentile lettore/lettrice si aspetta di trovare la filippica su come l’Italia sia indietro su tantissimi aspetti. Quindi sì, adesso scriverò detta filippica: ma lo farò per dovere di cronaca, perché è importante farlo. Lo farò sbuffando e alzando gli occhi al cielo dalla noia, perché sono stufa di scrivere le stesse cose. Ripetere gli stessi concetti allo sfinimento non diverte nessuno.
Quindi eccoci qui: per il World Gender Gap – l’informe annuale pubblicato dal Forum Economico Mondiale sulla parità di genere nel mondo – l’Italia occupa il posto 76 su 153 Paesi analizzati. Non citerò i Paesi Scandinavi, da sempre faro nelle politiche sociali; proviamo a paragonarci alla più vicina (geograficamente e culturalmente) Spagna: è all’ottavo posto. Il rapporto prende esame alcune variabili: partecipazione alla vita economica ed opportunità lavorative; risultati nell’istruzione; salute e aspettativa di vita; partecipazione politica. Inoltre traccia un paragone con il 2006, l’anno in cui il Forum ha iniziato a portare avanti questo studio. Ebbene, rispetto al 2006 come sistema Paese siamo peggiorati in tutti gli indicatori tranne che nella rappresentanza politica. Va detto che migliorare da quel punto di vista non era particolarmente difficile. All’epoca avevamo il terzo governo Berlusconi; prendendo solo le figure ministeriali (un totale di 24) avevamo due donne in tutto: istruzione e pari opportunità. Due ministeri che spesso vengono considerati come “cose da femmine” e che difficilmente vengono affidati a figure maschili – soprattutto quello sulle pari opportunità, che adesso è stato accorpato a quello per la famiglia (come se fossero la stessa cosa, il che già di per sé la dice lunga).
Nella vita quotidiana in cosa si traducono queste disuguaglianze? Riporto a mo’ di elenco alcuni temi, senza l’intenzione di essere esaustiva: parità salariale; diritto e tutela della maternità che va di pari passo con il diritto al lavoro; diritto a vivere una vita sicura - senza essere uccise, maltrattate, torturate, stuprate (in Italia le donne vittime di omicidio volontario (1) nel 2019 sono state 111 – dati Istat; per mantenere il paragone con la Spagna il numero si è fermato a 55 – dati El País); diritto a godere pienamente della democrazia rappresentativa (se in Italia la popolazione è stabilmente in prevalenza femminile, perché al governo abbiamo in stragrande maggioranza uomini a rappresentarci?). Per non parlare di come perfino quando veniamo elette ci chiamino spesso “ministro” e non “ministra” perché “suona male” (lo stesso discorso si applica alle diverse professioni). E cosa dire poi di come in casa le donne svolgano ancora più faccende domestiche rispetto agli uomini e sembrino essere le uniche a dover trovare il modo di conciliare lavoro e vita familiare? O di come le promozioni lavorative vengano date soprattutto agli uomini; o ancora di come alcuni prodotti al supermercato – come quelli per l’igiene personale – siano più costosi per le donne che per gli uomini. Di come perfino gli assorbenti vengano tassati come beni di lusso. O di come dare il cognome della madre ai propri figli sia ancora visto come un qualcosa di eccentrico. Di come il diritto all’interruzione di gravidanza sia di fatto violato in gran parte delle regioni italiane.
Partendo dalla domanda iniziale, quali tra questi temi potrebbero essere quelli troppo femministi?
Io non riesco ad identificarli; in ognuno di loro vedo una declinazione della richiesta di giustizia sociale. I diritti vanno prima conquistati, e poi mantenuti; nessuno te li concede, privandosi volontariamente di una posizione di potere e privilegio. Quindi forse possiamo dirci, in tutta serenità, che se a suo tempo non avessimo avuto femministe troppo femministe, adesso non potremmo ancora votare e far sentire la nostra voce.
(1) Per come vengono raccolti i dati in Italia, si parla di omicidi; il numero effettivo di femminicidi potrebbe quindi essere un pelo inferiore. In Spagna invece vengono classificati direttamente come femminicidi.
Novella Benedetti

Giornalista pubblicista; appassionata di lingue e linguistica; attualmente dottoranda in traduzione, genere, e studi culturali presso UVic-UCC. Lavora come consulente linguistica collaborando con varie realtà del pubblico e del privato (corsi classici, percorsi di coaching linguistico, valutazioni di livello) e nel tempo libero ha creato Yoga Hub Trento – una piattaforma che riunisce varie professionalità legate al benessere personale. È insegnante certificata di yoga.