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Sdebitarsi all'apertura con Lula del Brasile
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La campagna Sdebitarsi quest'anno partecipa al Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre con il suo coordinatore Gino Barsella. Intanto il neo-presidente brasiliano apre l'incontro di Porto Alegre, in una città che si è ormai abituata all'arrivo di migliaia di persone da tutto il mondo. E il nuovo potere del Pt si fa sentire sull'organizzazione del Forum
Primo Forum dell'era Lula
ASTRIT DAKLI
INVIATO A PORTO ALEGRE
Piove. Piove molto, piove intensamente e di continuo, sotto una cappa di nubi bassissime che tengono bassa anche la pressione e non facilitano l'entusiasmo. L'estate ai tropici non è sempre fatta di spiagge assolate con le palme. Del brutto tempo non soffrono gli abitanti di Porto Alegre, che ci sono abituati e hanno sempre a mano l'ombrello. Non ne soffrono nemmeno coloro che frequentano gli accoglienti locali dell'Università cattolica, dove gran parte delle attività del World Social Forum sono ospitate con una organizzazione tecnica sempre più oliata e potente - la sala stampa ha 160 computer a disposizione, cosa che a stento si trova in occasione dei più importanti meeting mondiali "ufficiali", come il G8 o simili, mentre il luogo è presidiato da un esercito di addetti alle informazioni, alla sicurezza, alla manutenzione. Ma si bagnano o stanno coi piedi a mollo le migliaia che affollano stand e tende intorno al grande stadio Gigantinho e ai Magazzini del porto, sedi di altre conferenze e riunioni importanti; e si bagnano soprattutto i ragazzi - ieri erano già migliaia, da oggi saranno decine di migliaia - del grande campeggio allestito nel Parco Armonia, sulle rive della laguna e a due passi dal centro storico: le loro tendine ammucchiate lì, sotto e in mezzo all'acqua, con i bagni impraticabili, fanno un po' tristezza a vedersi. Ma in fondo è pur sempre estate, i rossi fiori di ibisco sono dappertutto, la temperatura è gradevole così come l'allegria dei portoalegrensi: e quindi, anche bagnati, i centomila convenuti in questo lembo di Brasile hanno potuto ieri dare il via come previsto, con un grande corteo serale, alla festa del World Social Forum.
Festa... No, non è il termine migliore. Le condizioni in cui si svolge quest'anno il Forum non sono proprio le più esaltanti - e non parliamo di meteorologia. C'è la guerra imminente, protagonista indiscussa e malefica di gran parte delle attività in corso in questi giorni a Porto Alegre a partire dal corteo di ieri sera: unisce tutti in un facile e unanime rifiuto che riempie documenti e manifestazioni, certo, ma oscura anche con la sua ombra quello che dovrebbe essere il lavoro proprio del Forum, l'elaborazione di strategie condivise per rendere davvero possibile la creazione di "un altro mondo". Se le energie migliori sono costrette a spendersi in un compito arretrato, quasi primordiale, come quello di fermare il massacro - o difendere i brandelli di pace che restano fra un conflitto e l'altro - quali forze e quali intelligenze restano disponibili per guardare oltre e iniziare davvero la costruzione di qualcosa di diverso?
Anche il contesto immediato del Forum - il rapporto con gli ospiti - presenta dei problemi. I cittadini di Porto Alegre sono gente simpatica e di buon umore, e non manifestano alcun tipo di ostilità verso il Forum e i suoi partecipanti, anzi. Ma è chiaro che il grande meeting sta diventando una routine, che non suscita più l'interesse e l'eccitazione degli anni scorsi: una grande fiera espositiva, che porta gente e soldi ma, in fondo, lascia la maggior parte indifferente e non incide più che tanto sui problemi locali. La svolta politica del Brasile con la vittoria di Lula ha certo fatto piacere, e molto, a tutti coloro che partecipano dei movimenti rappresentati in questo grande evento mondiale. Ma in qualche modo, paradossalmente, sta anche provocando delle difficoltà - di cui non si parla volentieri, ma che nondimeno esistono e si sentono.
Forse è solo un'impressione superficiale, ma è come se si fosse creata una sottile quanto chiara e oggettiva frattura fra una parte del movimento - i brasiliani, e più precisamente quella parte di loro che si è "fatta stato" - e tutto il resto.
Il ruolo di padroni di casa, diventato quest'anno ancor più forte che nelle due precedenti edizioni, quando il partito di Lula controllava sì la città di Porto Alegre e lo stato di Rio Grande do Sul ma era pur sempre un partito di opposizione, contribuisce ad allargare quella frattura. C'è polemica sul fatto che Lula vada a Davos sabato; c'è polemica sui soldi, sul fatto che in qualche modo il Forum stia diventando un business per chi lo ospita (tanto che anche il nuovo goveratore, centrista, dello stato di Rio Grande, già fiero avversario del Forum, si è ormai "convertito" e lo appoggia pienamente); c'è polemica, ancora, sul fatto che si accettino finanziamenti, modesti ma significativi, da organismi abissalmente lontani dal "no global" come la Fondazione Ford: insomma, su tutto quel che deriva dal fatto che i padroni di casa hanno ormai il potere politico - un forte potere politico - e con esso le leve potere economico. La combinazione che consente di vedere i grandi tabelloni di propaganda del Pt, o del Partito comumista del Brasile, mescolati con indifferenza lungo le strade ai grandi tabelloni di pubblicità di deodoranti, assicurazioni e automobili.
E' certamente eccessivo evocare - come pure qualcuno ha fatto, nella riunione del Consiglio internazionale svoltasi martedì - l'ombra dello "stato guida", cioè il rapporto di dominio che si creò negli anni Venti dello scorso secolo tra l'Unione sovietica dei bolscevichi e tutti i movimenti comunisti del resto del mondo: però qualche tensione e qualche differenza di tono si avverte. La si è avvertita molto forte, per esempio, nei due giorni di dibattito del Forum sindacale mondiale: passerella di interventi, nel caldo soffocante di un tendone organizzato dalla Cut, il sindacato brasiliano da cui viene Lula, in cui il ruolo dei non-brasiliani è stato abbastanza marginalizzato di fronte alla sfilata di interventi, retorici e puramente celebrativi della vittoria elettorale, pronunciati da decine di rappresentanti di tutti i possibili sindacati carioca - compresi quelli che fino all'anno scorso per Lula e per il movimento dei Social Forum non avevano alcuna simpatia. Persino il tema della guerra e della necessità di fermarla ne è stato in qualche modo messo in ombra, nonostante che interventi importanti come quello della Cgil o ancor più dell'Afl-Cio statunitense (per il peso, la potenza e la vicinanza al cuore dell'impero di questa organizzazione) ne avessero fatto il proprio centro.
Ma il fatto evidente è che i padroni di casa hanno i loro bei problemi e i loro programmi per risolverli, e non intendono mettervi la sordina. Le vie periferiche di Porto Alegre (che pure è una delle città più ricche del Brasile) vedono lunghe, squallide teorie di botteghe chiuse, di officine chiuse, di piccole aziende chiuse - certo non soltanto per le ferie estive. E nelle vetrine aperte, in centro, tutto viene offerto in vendita a rate, anche le scarpe: i cartellini non indicano il prezzo degli oggetti ma l'ammontare della rata. Non occorrono statistiche per capire che la povertà la fa ancora da padrona, persino al di là dei mendicanti che invadono le strade o delle favelas che continuano a crescere, e attanaglia tutto o quasi il corpo della società brasiliana; come non occorreva la protesta inscenata ieri durante l'inaugurazione del Forum da un gruppo di neri contro il "Brasile razzista" per capire che l'uguaglianza resta un traguardo lontano anche qui. Oggi Lula parlerà di tutto questo ai membri del Consiglio internazionale del Forum, prima di rivolgersi a più consistenti masse nell'Anfiteatro "Porta del Sole". Certamente, con l'occhio più ai suoi critici interni che non agli ospiti venuti d'oltreoceano.