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Schiave, serve, lavoratrici domestiche
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Foto: Miguel Bruna da Unsplash.com
Quando pensiamo ai rapporti gerarchici viene alla mente il concetto di dipendenza. Si tratta di un concetto difficile da definire, influenzato da dinamiche socioeconomiche e politiche ma anche da fattori all’apparenza più intimi, personali. Il terreno su cui si costruisce la dipendenza è costituito da una microfisica di incessanti contrattazioni e lotte quotidiane, individuali e collettive, nelle quali anche le elaborazioni teoriche, le leggi e la letteratura normativa hanno un ruolo importante. La dipendenza è una questione di potere, dipende da aspetti strutturali e relazionali. Storicamente lo spazio della casa fornisce una lente interessante per indagarne le ambiguità, come vedremo. Infatti, esiste un modo di pensare e costruire la dipendenza, in particolare in occidente e nel contesto europeo, che ha origini lontane ed esercita pesanti influenze sulla contemporaneità. Il lavoro domestico e di cura, storicamente, coinvolge sempre nuovi soggetti, costruiti come figure della dipendenza e imbrigliati in modelli di oppressione vischiosi che, invece, sembrano quasi delle scatole tetragone difficili al cambiamento. In una prospettiva di genere e femminista, il punto di partenza è la decostruzione delle sfere separate (privata, femminile, naturale e riproduttiva l’una; pubblica, maschile, politica e produttiva l’altra). Oggi, per fare questo, occorre cominciare da una maggiore conoscenza delle esperienze e delle voci delle soggettività che, da almeno cinquant’anni, partono dal Sud globale e attraversano lo spazio di frontiera costituito dalle case occidentali, dove svolgono lavoro domestico e di cura retribuito.
La casa e lo Stato fino al medioevo
Partiamo da lontano, da Aristotele, che ne La Politica tratta dello Stato a partire dall’amministrazione familiare e dell’amministrazione familiare a partire dal grado zero dei rapporti di potere identificati nella relazione schiavo-padrone. Per Aristotele la casa è la cellula base dell’organizzazione statuale e la relazione con gli schiavi è una delle tre che strutturano i rapporti del capofamiglia nella compagine familiare – le altre due sono quella che egli ha con la moglie in qualità di marito e con i figli in qualità di padre. Gli schiavi sono definiti come strumenti animati, privi di arbitrio e volontà; le donne come maschi mancati. Tutte queste relazioni, per quanto radicalmente diverse, sono accomunate dalla dipendenza personale dal capofamiglia, cui si è tenuti a obbedire poiché si risponde alla sua autorità.
Benché la casa-famiglia sia posta alle radici dell’organizzazione statuale, privato e pubblico sono pensati e costruiti come ambiti separati. Le gerarchie familiari, interpretate come naturali, influenzano la politica nella misura in cui determinano una diversa accessibilità alla sfera pubblica. Questa possibilità, però, esiste solo per maschi adulti, liberi e non stranieri; solo per questa ragione, lo spazio pubblico è ritenuto pensabile come sistema di relazioni tra eguali.
La distinzione tra pubblico e privato decade passando per alto medioevo e prima età moderna ma, al contempo, resta molto forte l’influenza del pensiero aristotelico. Nelle società di antico regime la famiglia viene interpretata come un perfetto punto di raccordo tra il singolo e la collettività, ambito fondamentale dell’assetto civile. La sfera politica inizia a esser considerata come diretta emanazione delle relazioni familiari, che ne legittimano l’impostazione profondamente gerarchica. Rimane forte l’idea dello strumento animato, quand’anche iniziano a cambiare le condizioni giuridiche delle persone di servizio: non solo schiavi e schiave di proprietà del padrone, ma anche servi e serve che, tramite accordi temporanei, entrano in questo tipo di rapporto – spesso esercitando forme di libero arbitrio individuale che, per quanto influenzate dalle condizioni socioeconomiche, contraddicono l’idea iniziale di strumento animato...