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Sant'Egidio: preoccupa il disegno di legge sulla cittadinanza, "è un passo indietro"
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La Comunità di Sant'Egidio è "preoccupata" per il nuovo disegno di legge sulla cittadinanza presentato ieri alla Camera. Il disegno di legge sulla cittadinanza formulato da Isabella Bertolini (PdL), relatore di maggioranza “non prende minimamente in considerazione gli oltre 800mila bambini immigrati presenti nel paese, tra cui oltre 500mila nati in Italia” - ha commentato Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio che considera il ddL "un passo indietro rispetto alla legge attuale".
“Perché continuare a trattare i minori da ‘stranieri’ - ha chiesto il responsabile della Comunità - complicando di fatto il loro percorso di inclusione in un paese che già considerano il loro?”. Impagliazzo ha quindi lanciato un appello a tutti i parlamentari: "Mi auguro che il 2010 sia l'anno in cui il nostro Parlamento sappia promuovere una legge che può cambiare la vita di migliaia di persone, ma anche il futuro del nostro Paese".
In particolare il responsabile della Comunità auspica "che sia attribuita la cittadinanza, al momento della nascita, al bambino nato in Italia da genitori stranieri già regolarmente soggiornanti; che al positivo inserimento del minore nel nostro Paese, anche se nato all'estero, corrispondano adeguate modalità di attribuzione della cittadinanza, già prima del compimento della maggiore età; che a coloro che diventano cittadini non venga anacronisticamente imposta la rinuncia alla cittadinanza di origine; che ai giovani nati o vissuti in Italia sin dalla tenera età, ma già divenuti maggiorenni sotto il vigore della legge n.91/1992, sia transitoriamente consentito di valersi delle nuove regole di acquisto della cittadinanza durante la minore età".
Preparato dai deputati della maggioranza, il testo inasprisce le regole per diventare italiani prevedendo almeno 10 anni di residenza continuativa nel nostro paese, durante i quali rispettare un preciso “percorso di cittadinanza” che attesti il grado di inserimento sociale e il mantenimento dei requisiti di legge.
Obbligatoria, se il ddl dovesse passare, anche la frequentazione di corsi di storia italiana ed europea, di educazione civica e lo studio della Costituzione. Nessuna novità è prevista per i figli degli immigrati, anche se nati e cresciuti in Italia: il ddl prevede infatti che possano chiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto 18 anni, come avviene già oggi. In più, rispetto alla legge attuale, è aggiunta la condizione che abbiano frequentato con profitto tutta la scuola dell’obbligo, escludendo chi pur non essendo nato in Italia ci è arrivato fin da piccolo.
Se il progetto della nuova normativa è stato definito “un passo indietro” dall’opposizione, inviti “al buonsenso” sono giunti anche da elementi che fanno politicamente riferimento alla maggioranza, come il presidente della Camera, Gianfranco Fini che ha espresso sostegno a una riforma “che riconosca a tutti i figli degli immigrati nati e cresciuti in Italia gli stessi diritti di tutti i bambini italiani. È una questione di civiltà di cui il parlamento italiano deve saper tenere conto con grande senso di responsabilità”.
Intervenendo nel dibattito, il deputato dell’opposizione Andrea Sarubbi ha sottolineato che “negare la cittadinanza ai bambini è una follia”, che rivela l’incapacità “di ascoltare la voce di quegli 862.000 ragazzi nati in Italia, o arrivati in tenera età, che reclamano il diritto di essere italiani, non solo sentirsi tali”. [GB]