Salvaguardare la diversità culturale e linguistica

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La sfida della multiculturalitá contro il "modello Hollywood"

Come possiamo assicurare diversitá culturale e linguistica? Questa la grande questione al centro della conferenza coordinata da Luciana Castellina (ARCI) nell'ambito del tema "media, cultura e alternative alla mercantilizzazione e alla omogeneizzazione". Un dibattito, quello sulla comunicazione, che non pu㳀 prescindere da una riflessione sul cosa si vuol veicolare, in un'epoca di predominio planetario del "modello Hollywood". Intervengono Dorval Brunelle, del Groupe de Recherche sur l'Integration Continental (Canada), Fran㧀ois de Bernard, del Groupe d㉀tudes et de Recherche sur la Mondialisation (Francia), e Haroldo Costa del Comité Afro (Brasile). Manca purtroppo il cinese Yue Guang Chen, punto di vista asiatico che avrebbe potuto arricchire ulteriormente la discussione.
Tutte le culture sono in pericolo, sotto la minaccia di Hollywood e della sua forte azione di "mcdonaldizzazione culturale". Non viviamo nel secolo del multiculturalismo, come molti affermano: nonostante si siano moltiplicati i mezzi di comunicazione, c'é una drammatica riduzione delle fonti che dovrebero alimentarli. Il pericolo é il monoculturalismo, dove predomina il modello statunitense: basti pensare all'industria dell'audiovisuale, che in Europa da sempre meno spazio alla produzione locale per importare massicciamente i prodotti confezionali dalle multinazionali dell'immagine d'oltreoceano. Ci vogliono quindi misure giuridiche ma anche economiche che preservino i diversi patrimoni dei popoli.
Le frontiere culturali non si identificano con le frontiere statali: sia per i singoli stati, sia per quanto riguarda i fenomeni migratori. Nascono via via nuove culture, dentro i singoli paesi predomina la molteplicitá, in un processo dinamico che arricchisce tutti.
Dialogare appare fondamentale, ma solo in una situazione di paritá e rispetto. Inoltre non basta preservare, bisogna anche promuovere le differenti culture. Rafforzare quelle esistenti perché ogni popolo ha il diritto di esprimersi nella maniera che più gli é propria.
Infine, bisogna dire no alla commercializzazione della cultura, perché non si tratta di una merce. Non deve essere pertanto l'Organizzazione Mondiale del Commercio a decidere in questo campo. Il pericolo immediato é la discussione degli accordi GATS, con i quali si vorrebbe far diventare la cultura un servizio. Gli Stati Uniti premono per una totale liberalizzazione: ad esempio, per restare all'esempio del cinema europeo, nessun stato potrebbe più creare misure di appoggio per proteggere le creazioni nazionali dall'invasione di prodotti standardizzati made in USA.
Una domanda dal pubblico, infine, scatena un ulteriore dibattito: perché non usare l'esperanto? La risposta é un secco no, perché le lingue non sono un mezzo tecnico, ma portano in sé un patrimonio culturale che non pu㳀 essere cancellato dall'adozione di un sistema cos㭀 estraneo alle storie nazionali. E'illusione della globalizzazione pensare che un mezzo uguale per tutti possa risolvere i problemi di dialogo nel mondo. Il multilinguismo deve diventare battaglia comune, pratica di tutti per il rispetto dell'altro.
Quali le ricette, allora? Anzittutto promuovere la diversitá culturale. Ricordarsi che la cultura non é una merce. E promuovere la creazione di un apposito organismo internazionale, sul modello dell'Unesco, per la salvaguardia dei patrimoni culturali.

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