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Rwanda: gli abbagli dei nostri premier europei
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Era già capitato con Romano Prodi nel 2007. Nel 2010 è la volta di Nicolas Sarkozy, in occasione del 16° anniversario dal genocidio rwandese, a premiare la politica di Paul Kagame. Si reca, infatti, di persona a Kigali per commemorare la tragedia del 1994 e riaprire le relazioni diplomatiche tra i due paesi.
Nicolas Sarkozy ammette la responsabilità sia della Francia che della comunità internazionale. “Tutti i responsabili del massacro (800mila persone) – ha esortato Sarkozy, con un ritardo imbarazzante – vengano catturati e puniti”. Vi sono, infatti, ancora 11 latitanti.
In passato invitammo ad andare oltre il conflitto ma ciò non significa nascondere le responsabilità. Paul Kagame rimane un personaggio discusso perché non sono affatto state chiarite le circostanze che hanno scatenato il genocidio del 1994 e l’eventuale ruolo dello stesso FPR (Fronte Patriottico Rwandese) che vedeva come capo indiscusso lo stesso Kagame. Discusso per come si è mosso in questi anni nell’area dei Grandi Laghi e, in particolare, nei confronti della Repubblica Democratica del Congo, contro la quale ha condotto una guerra, dal 1998 ad oggi, per accaparrarsi risorse e fette di territorio. Discusso per come si rapporta con i vari tribunali che si occupano del genocidio. Discusso per come sta gestendo, all’interno del paese, l’amministrazione della giustizia in relazione ai sospettati e condannati per il genocidio. Discusso perché il suo regime non garantisce ancora le libertà fondamentali.
Discusso da chi? Padre Albanese, per esempio, di Avvenire. A suo dire il presidente del Ruanda ha sulla coscienza “centinaia di migliaia di morti, se non addirittura milioni”. A dimostrarlo nero su bianco, spiega il missionario, è “un mare magnum di documentazione pubblicata da autorevoli agenzie giornalistiche e organizzazioni umanitarie internazionali”. Pubblicazioni e cronache che oggi si trovano “facilmente anche su internet” e confermano “purtroppo l'ignoranza e la disinformazione rispetto ai fatti africani, che si tende sempre a banalizzare”. Per il noto editorialista comboniano “era il responsabile dell'intelligence e solo in quel periodo di crimini ne ha compiuti centinaia”. Poi ci sono state la prima e la seconda guerra con il Congo. Della seconda, in particolare, “Kagame fu il regista: il 2 agosto 1998 ordinò al suo esercito di invadere i confini. Cinque anni di conflitto fecero quattro milioni e mezzo di morti”.
Chi conosce Paul Kagame sa bene che è un premier che sa incidere sull’immaginario, sa governare la comunicazione e dare una patina di “democrazia” al suo agire.
L’aver cancellato la pena di morte è stato positivo tant’è che anche il Burundi ne ha seguito l’esempio. L’aver tolto l’etnia di appartenenza dalla carta d’identità è stato doveroso. Con queste carte in mano sa relazionarsi come pochi altri con leader europei ed asiatici. Ma questo non cancella le responsabilità storica. Anche se ciò abbaglia i nostri premier europei.
Fabio Pipinato
(Direttore di Unimondo)
Presente in Rwanda durante il genocidio del 1994