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Rischi per i civili e la criminalizzazione dei profughi curdi
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Di fronte ad una situazione umanitaria in Iraq che rischia di aggravarsi notevolmente nelle prossime ore, il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) ha "esortato le parti in conflitto a rispettare strettamente le regole e i principi del diritto umanitario internazionale". In un comunicato diffuso a Ginevra, il Cicr si è detto "vivamente preoccupato per le conseguenze delle operazioni militari sulla popolazione civile". Il Comitato internazionale ha ribadito inoltre "l'intenzione di portare avanti le attività nella regione" e ha chiesto la collaborazione delle parti in conflitto "per facilitare l'accesso a tutte le persone che abbiano bisogno di aiuto e protezione". Intanto il governo iraniano ha reso noto che accoglierà sul suo territorio profughi iracheni "soltanto in caso di emergenza", limitandosi per il resto ad assisterli in territorio iracheno nei pressi della frontiera. Già nelle scorse settimane, le autorità di Teheran avevano anticipato che, appunto in caso di emergenza, i profughi sarebbero stati accolti in alcuni campi allestiti anche in territorio iraniano, nella regione sudoccidentale di Ahwaz. "Per la popolazione kurda alle sofferenze della guerra e dell'esodo rischia di aggiungersi la beffa della criminalizzazione". Lo afferma Mehmet Yuksel, di Uiki Onlus (Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia), riferendosi a un articolo apparso due giorni fa su un noto quotidiano nazionale. "Non meglio identificate 'informative di servizi', e la semplice presenza di un gruppo islamista nell'area di Suleymaniye e Halabja, regione di provenienza di molti profughi kurdoirakeni, conducono oggi quotidiani affidabili" a titolare sul "rischio kamikaze fra i profughi kurdi" e su "kurdi addestrati da al Qaeda in Italia". Una simile campagna stampa - prosegue - "rischia di favorire il respingimento e l'internamento dei kurdi, anzichè il loro doveroso riconoscimento e accoglienza come profughi e vittime di guerra. L'Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia richiama la stampa italiana al dovere di una verifica delle fonti di informazione non 'gridata' ma attenta e responsabile - conclude Yuksel -, in una materia delicatissima che coinvolge il destino di centinaia di donne e uomini perseguitati".