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Riforma del lavoro: no dalla Cgil, sì dalle Acli
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In un turbinio di fiducie parlamentari (quattro nel giro di due giorni) prima della fine di giugno il governo Monti ha incassato il via libera alla contestata e controversa Riforma del lavoro del ministro Fornero. Come è noto le valutazioni sulla legge divergono profondamente sia tra le forze politiche della “strana maggioranza” che sostiene il governo dei tecnici sia tra i soggetti sociali ed economici. Se i sindacati sono sul piede di guerra, le associazioni sono più possibiliste.
La Cgil non lascia spazio di trattativa. “La partita non è chiusa” e la Cgil”non si rassegna e sarà in campo, con questo e i prossimi governi, per ottenere cambiamenti radicali” della legge di riforma del mercato del lavoro. Così ha affermato Serena Sorrentino, segretario confederale della Cgil, che continua sottolineando “la necessità di cambiare un provvedimento per determinare quelle regole che possano segnare un vero contrasto alla precarietà e un effettivo universalismo degli ammortizzatori sociali. Due aspetti per noi cruciali ma che il ddl disattende, nonostante i propositi iniziali del governo”.
Per Sorrentino “questo intervento sul lavoro risulta essere dannoso e preoccupante perché aumenterà i contenziosi e le incertezze, individuando nei consulenti del lavoro gli unici beneficiari. Ma soprattutto la riforma è inadeguata rispetto all’urgenza di rilanciare la crescita ed è ingiusta per i danni che reca ai diritti del lavoro. Il governo sappia che il Paese non riparte se non riparte dal lavoro”.
Diverso il parere delle Acli: “La riforma del mercato del lavoro del Governo – scrivono le Associazioni Cristiane dei Lavoratori Italiani – presenta aspetti innovativi che possono essere di aiuto all’occupazione, come in particolare il potenziamento del ruolo dell’apprendistato, ma lascia ancora scoperti, o solo parzialmente considerati, molti temi importanti come la necessità di un contratto unico di ingresso a tutele progressive per chi non può usufruire dell’apprendistato, la necessità di ammortizzatori sociali veramente universali, consistenti e per tutti, l’attesa di provvedimenti sui lavoratori che attendevano di legare ammortizzatori e pensione. Ben venga quindi un’azione di monitoraggio proposta dal ministro Fornero e il ritorno al confronto su molti punti».
Nel documento della Presidenza nazionale, le Acli invitano il Governo Monti ad esercitare “effettivamente e nei tempi previsti” la delega sulla riforma dei servizi per il lavoro: “Va definito un quadro ampio di interventi a favore della persona, del suo inserimento e reinserimento professionale, partendo dal ruolo strategico della formazione e di un maggiore e meno tardivo incontro tra scuola e lavoro. Ci deve essere un forte investimento in politiche attive per il lavoro, che colleghino sostegno al reddito e percorsi di riqualificazione, ricollocamento e inclusione sociale. Per farlo occorre un maggiore coinvolgimento e riconoscimento del ruolo che possono svolgere nell’ambito dei servizi per il lavoro le organizzazioni non profit che già da tempo operano con competenza nel settore.
Il lavoro è il malato grave della crisi, ma è anche la forza di ogni comunità: da lì, dalla sua unità, dalla capacità di dialogo sociale e di concertazione per affrontare insieme la crisi si può cercare di sortirne affrontando e non nascondendo i problemi e i nodi critici”.
Una diagnosi confermata dagli ultimissimi dati che vedono il tasso di disoccupazione attestarsi a maggio al 10,1%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto ad aprile e in aumento di 1,9 punti rispetto all’anno precedente. Tra i 15-24enni la percentuale dei disoccupati è pari al 36,2%, il dato più alto di sempre. Così le Acli si concentrano sui giovani: “Si riparta subito, coinvolgendo tra le parti sociali anche le rappresentanze del terzo settore e delle associazioni dei giovani, con un tavolo sull’occupazione, i contratti, le tutele e l’imprenditorialità dei giovani, per far loro incontrare prima e meglio il mondo del lavoro, a partire dal quanto produrrà l’apprendistato, dalla centralità della formazione e delle politiche attive per il lavoro e da uno statuto dei lavoratori autonomi”.
Occorre dunque uno sguardo complessivo che vada oltre la critica all’avvenuta riforma dell’articolo 18 per affrontare globalmente le sfide del lavoro e dello sviluppo. Per festeggiare i suoi quindici anni di attività il Forum del Terzo settore ha organizzato il convegno “Non ci salveranno i mercati. Equità, responsabilità e solidarietà per un altro sviluppo”.
“È questo che stiamo vivendo – dichiara il Portavoce del Forum Andrea Olivero – un grande momento di crisi, economica, sociale e culturale, in cui non solo non ripartono i consumi, né si riduce il rischio per la tenuta di imprese e persino di stati sovrani, ma aumenta ogni giorno l’insicurezza, la paura del domani, talvolta persino la disperazione di chi non vede la via d’uscita dalla situazione drammatica in cui è piombato”. Questa l’analisi del Forum: “Pesanti tagli alla spesa pubblica, aumenti nel prelievo fiscale, ma anche e soprattutto l’incapacità di scorgere un obiettivo comune, rendono sempre più debole la politica nell’affrontare le sue responsabilità. In questo quadro governo e forze politiche, non solo in Italia ma in tutta l’Unione Europea, hanno puntato con decisione alla sola riduzione della spesa pubblica, ma senza avere l’ambizione e il coraggio di prospettare una vera uscita dai problemi... Oggi il Forum del Terzo Settore chiede di invertire rotta e di andare a investire sul nuovo modello di sviluppo sostenibile, basato sulla crescita qualitativa piuttosto che quantitativa, ancorato ai territori, fondato sulla responsabilità diffusa di istituzioni, imprese e cittadini, che il terzo settore è in grado di sostenere”. [PGC]