Respingimenti: l'Ue chiede chiarimenti all'Italia, Unhcr denuncia 'fatto molto grave'

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La Commissione europea chiede spiegazioni e richiama il Governo italiano sulla politica dei respingimenti sottolineando che "qualunque essere umano ha diritto di sottoporre una domanda che gli riconosca lo statuto di rifugiato o la protezione internazionale". Il portavoce dell'esecutivo comunitario, Dennis Abbott, ha affermato che la Commissione Ue "è a conoscenza" delle ultime notizie riguardanti il respingimento verso la Libia di un gommone con 75 migranti, tra i quali 15 donne e tre minori, provenienti probabilmente da Eritrea e Somalia, e "invierà una richiesta di informazioni ai due Paesi interessati, Italia e Malta, per poter valutare la situazione".

Il commissario alla Giustizia, libertà e sicurezza, Jacques Barrot in una lettera inviata lo scorso luglio al presidente della Commissione europarlamentare Libertà civili, Lopez Aguilar ribadiva che "il principio di non-refoulement (non respingimento, ndr), così come è interpretato dalla Corte europea dei Diritti dell'uomo, significa essenzialmente che gli Stati devono astenersi dal respingere una persona (direttamente o indirettamente) laddove potrebbe correre un rischio reale di essere sottoposta a tortura o a pene o trattamenti inumani o degradanti". "Inoltre - continuava il testo di Barrot - gli Stati non possono respingere dei rifugiati alle frontiere dei territori in cui la loro vita o la loro libertà potrebbe essere minacciata a causa della loro razza, religione, nazionalità, affiliazione a un gruppo sociale particolare, o della loro opinione politica. Quest'obbligo deve essere rispettato durante l'attuazione dei controlli alle frontiere, conformemente al codice delle frontiere di Schengen, anche per le attività di sorveglianza in alto mare".

Per Laura Boldrini, portavoce in Italia dell'Unhcr, l'Alto Commissariato Onu per i rifugiati, l'ultimo respingimento di 75 cittadini somali è un "fatto molto grave". "Sono stati respinti - ha dichiarato la portace dell'Unhcr ai microfoni di CNR Media - donne e bambini somali che hanno chiesto di poter fare domanda d'asilo, implorando di non essere rimandati in Libia. Ma, nonostante fossero ancora a bordo della motovedetta italiana e quindi in territorio italiano, non gli è stata data la possibilità di fare richiesta di asilo. E sono stati rimandati indietro. Di fatto, gli è stato negato un diritto riconosciuto dalle convenzioni internazionali e questo è molto grave". Smentendo il ministro Maroni che ieri a Milano ha sostenuto che i richiedenti asilo respinti dall'Italia possono farlo in Libia, Boldrini ha ribadito come l'Alto Commissariato in Libia abbia "enormi difficoltà a svolgere il prorio lavoro". "La Libia - ha spiegato Boldrini - non riconosce, formalmente, l'Alto Commissariato, non ha firmato la Convenzione di Ginevra, non ha una legge d'asilo e consente in pochissimi casi di accedere nei campi dove si trovano i richiedenti asilo. Quindi lavoriamo in grandissima difficoltà. Oltretutto la responsabilità per le domande d'asilo è degli Stati, non dell'Alto Commissariato" - ha affermato la portavoce dell'Onu.

Anche padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli - il servizio dei Gesuiti per i rifugiati in Italia - denuncia le violazioni di diritto internazionale del Governo italiano con la prassi dei respingimenti. "Non dobbiamo permettere - afferma in una nota p. La Manna - che questi ripetuti respingimenti diventino una prassi che presto non farà più notizia. Ogni volta che ciò accade abbiamo il dovere di denunciare le violazioni di diritto internazionale che il Governo italiano compie e fare tutto ciò sia possibile perchè non si ripetano più". "Non ci si deve abituare - ribadisce il sacerdote - al sacrificio di vite e alla sistematica violazione dei diritti umani ai danni di chi fugge da guerre e persecuzioni. Il Governo italiano spieghi come sia possibile oggi esercitare il diritto d’asilo per uomini, donne e bambini che tentano di arrivare in Italia da paesi africani, come la Somalia e l’Eritrea, martoriati da decenni di guerre civili, che mettono in fuga ogni giorno centinaia di persone".

Sul pattugliatore della Guardia di Finanza vi sono stati momenti di tensione quando i militari italiani hanno rifiutato di accogliere la richiesta di asilo politico da parte dei somali che sono invece stati "riaccompagnati" verso la Libia. Lo riporta Fortress Europe evidenziando che i respinti, in gran parte rifugiati somali, si sarebbero infatti rifiutati di essere trasbordati sulle unità libiche. "A comunicarlo è stato uno di loro, telefonando con un satellitare al corrispondente in Italia della Bbc. Alla fine è stato deciso di dirottare il pattugliatore direttamente verso Tripoli, dove l'unità militare italiana è approdata intorno alle 13.00. Non solo, secondo quanto riferito dal corrispondente della Bbc, i somali avrebbero avanzato ai militari italiani la richiesta di domandare asilo politico. "Abbiamo chiesto ai militari italiani di fare richiesta d'asilo - hanno raccontato i respinti a Sabrie - e li abbiamo pregati di non consegnarci ai libici perchè temiamo di finire in carcere, ma non hanno voluto sentire ragioni". Sabrie ha ribadito a Fortress Europe che "parlavano somalo, erano tutti somali, come sulla barca respinta l'11 agosto scorso".

Dallo scorso maggio fine agosto il numero documentato degli emigranti e dei rifugiati respinti dall'Italia verso la Libia è di 1286 persone - riporta Fortress Europe. Di questi, 24 richiedenti asilo somali ed eritrei, hanno dato procura all'avvocato Anton Giulio Lana, del foro di Roma, di presentare ricorso alla Corte Europea dei diritti dell'uomo. Altri 74 richiedenti asilo politico eritrei non hanno avuto accesso a alcun avvocato. L'Asgi e una piattaforma di associazioni hanno presentato un esposto alla Commissione europea. [GB]

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