Quel popolo sovrano, che vogliono suddito

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Foto: Unsplash.com

Ci saranno anche loro, ovvio. Saranno, impettiti come sempre, con l’aspetto marziale di chi assiste ad una parata militare. Saranno con il piglio istituzionale di chi presenzia ad una cerimonia. Saranno lì, a festeggiare la Repubblica nata dalla Costituzione democratica e dalla volontà di un “popolo sovrano” che assomiglia sempre più ad un suddito. Ci saranno anche se da settimane predicano l'astensione dai seggi. Da giorni, con naturalezza e brio, quasi fosse cosa ovvia, scherzosa e naturale, dicono - a quel popolo sovrano, che vogliono suddito - di non andare a votare per rendere vuoti e fallimentari i cinque quesiti referendari.

È’ in questa frase e in questo atteggiamento l’aspetto contraddittorio e drammatico di questo 2 giugno 2025. È un giorno di festa, quella della Repubblica Italiana, che arriva poco prima del voto per il referendum abrogativo sulle norme per il lavoro e la cittadinanza.

I referendum, tutti e da sempre, sono parte integrante della Costituzione che ha fondato la nostra Repubblica. Lo sono perchè danno ancora più spazio, più voce e più possibilità al popolo. Non sono un incidente, un caso, un regalo, una concessione o peggio una svista. Sono sostanza democratica, che si manifesta attraverso il gesto “fisico” e cosciente dell’andare a votare.

Chi dice “non andate a votare”, spiegando che questa scelta “è legittima” dice una verità tecnica - nessuna norma vieta l’astensione -  che nasconde, però, una mostruosità democratica. Non andare a votare significa suicidare lo spirito della “democrazia popolare diretta”, che resta - parallelamente al voto democratico di rappresentanza, quello che dovremmo usare per eleggere i parlamentari o i consiglieri locali - lo scheletro della nostra Costituzione.

Certo, c'è chi spiega che, in fondo, proprio i costituenti non credevano al referendum abrogativo come strumento democratico, tanto da aver previsto un quorum per poterlo considerare valido.È una interpretazione che sfiora l’idiozia: proprio perché è fondamentale andare a votare, esiste il quorum. Serve per portare consapevolmente la gente ai seggi, pena l’inutilità dell’operazione. Il quorum dovremmo considerarlo, come dire: la certificazione della nostra serietà di cittadini e, quindi, di elettori.

Probabilmente, l’8 e 9 giugno non sarà così. Sarà l’ennesimo passaggio a vuoto della nostra claudicante e invecchiata democrazia. Diventerà il nuovo buco nero, capace di far sparire - lentamente, inesorabilmente - la nostra costituzione. E intanto, loro, quelli del “non andate a votare” il 2 giugno saranno lì impettiti, a mettere corone, pronunciare discorsi e a vedere sfilare baionette e carri armati. Tutta roba che, con la nostra Costituzione e la nostra Repubblica, c’entra poco.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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