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Popoli indigeni: in lotta contro la diga di Belo Monte, nuove minacce in Perù
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Continua la lotta contro il mega-progetto della diga Belo Monte da parte di migliaia di indigeni Kayapó, Assurini e Juruna lungo il fiume Xingú nello stato brasiliano del Pará. Ieri a sorpresa il Tribunale Federale di Altamira, capitale dello stato brasiliano di Pará, ha bloccato la pubblicazione del bando di concorso per la costruzione della terza diga più grande del mondo. "Per 20mila persone minacciate dalla costruzione della diga, questo blocco temporaneo non costituisce alcuna garanzia" - riporta l'Associazione Popoli Minacciati (APM). Già lo scorso 14 aprile il giudice federale Antonio Carlos Almeida Campelo aveva sospeso la licenza ambientale alla costruzione della diga ma solo 48 ore dopo il tribunale federale di Brasilia aveva avvallato le licenze e decretato la pubblicazione del bando di concorso per il 20 aprile.
"Se dovesse realizzarsi la centrale idroelettrica di Belo Monte - afferma APM - gli indigeni perderanno irrimediabilmente la loro base vitale. Per il bacino della diga saranno inondati 500 km² di foresta tropicale e aree agricole, circa 20mila persone dovranno lasciare la propria terra e casa e verrebbe inondata anche parte della città di Altamira". L'associazione denuncia che questo mega-progetto viola la Costituzione brasiliana, la Convenzione ILO 169 e la Dichiarazione ONU sui Diritti dei Popoli Indigeni. L'Associazione si è rivolta con un appello a mantenere intatta la foresta tropicale all'ambasciatore brasiliano in Germania Everton Vieira Vargas. Inoltre sul sito della sezione tedesca dell'APM è stata attivata una raccolta di firme di protesta al mega-progetto.
Intanto una nuova minaccia tocca i popoli incontattati del Perù: il gigante petrolifero ispano-argentino Repsol YPF ha inoltrato al governo la richiesta di autorizzazione a tracciare 454 chilometri di linee sismiche e a costruire 152 eliporti in un’area della remota foresta amazzonica - segnala Survival. "I progetti della Repsol sono stati rivelati in un rapporto recentemente inviato al ministro dell’Energia del Perù, che ora dovrà decidere se approvare o meno i piani presentati" - afferma l'associazione. La realizzazione delle linee sismiche è parte fondamentale dei processi di prospezione petrolifera e comporta l’apertura di percorsi nella foresta lungo cui vengono fatti detonare esplosivi a intervalli regolari.
L’area dove la Repsol spera di lavorare, conosciuta come Lotto 39, è abitata da almeno due gruppi di Indiani isolati che, in caso di contatto con gli operai della compagnia, rischierebbero di essere decimati. In passato la Repsol aveva già eseguito alcune esplorazioni preliminari in questa zona; in quell’occasione raccomandò ai suoi operai di difendersi dai potenziali attacchi delle tribù usando dei megafoni.
"Se la Repsol dovesse trovare petrolio in quantità adeguate alla sua commercializzazione, dovrà essere necessariamente costruito un oleodotto per il trasporto del greggio dalla foresta Amazzonia fino a un terminale sulla costa pacifica del Perù. Il progetto di costruzione di un impianto è appena stato reso pubblico dalla Perenco, una compagnia anglo francese che ha già trovato grandi giacimenti di petrolio nella regione.
Il Lotto 39 include ampie zone di una riserva proposta per tutelare gli Indiani incontattati; l’organizzazione indigena AIDESEP sta intentando causa alle compagnie per aver lavorato in queste aree. Recenti ricerche realizzate da un gruppo di scienziati ambientali e pubblicate sulla rivista PLoS ONE hanno concluso che questa è una delle regioni a maggior biodiversità del mondo. [GB]