Popoli in movimento: processi migratori, transizione demografiche e nuove stratificazioni sociali

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IL convegno è stato promosso dal Dipartimento di Sociologia dell'Università di Padova. Il primo incontro del convegno, diviso in quattro parti, ha affrontato il tema dei "Processi migratori, transizione demografica e nuove stratificazioni sociali" con i relatori Corrado Bonifazi, responsabile Osservatorio Permanente sulle migrazioni italiane IRPPS, Antonio Golini, presidente della Commissione delle Nazione Unite su Popolazione e sviluppo, Ferruccio Gambino, professore del Dipartimento di Sociologia dell'Università di Padova, e Giorgio Franceschetti delegato del Rettore dell'Università di Padova per l'America Latina, coordinati da Fiorenzo Rossi, Dipartimento di Scienze Statistiche dell'Università di Padova.
Secondo le Nazioni Unite il fenomeno delle migrazioni (che sono simili a quelle di inizio '900) ci accompagnerà anche nei prossimi due decenni perché la popolazione in età lavorativa scenderà nei paesi industrializzati, mentre la stessa fascia di popolazione nei paesi in via di sviluppo subirà un notevole incremento. "La cifra dei migranti potrebbe quindi salire nei prossimi anni, anche quando i paesi in via di sviluppo siano aiutati ad affrancarsi dalla loro attuale condizione. La modernizzazione dell'agricoltura, che espelle "braccia"; l' emancipazione delle donne, che saranno meno legate alla famiglia; le migliori condizioni di reddito personale che consentono di pagare i viaggi; potrebbero portare un maggior numero di persone a lasciare le terre d'origine per trovare sistemazione migliore" ha detto Antonio Golino. Questa è la sfida ai paesi industrializzati, come ha rilevato Ferruccio Gambino, che dovranno dimostrare il proprio coraggio sostenendo i paesi poveri nel loro cammino di sviluppo.
Un altro punto messo in luce dal convegno sono stati i costi della migrazione: gli immigrati sono costretti a sacrificare le scarse economie familiari per sostenere un viaggio verso la speranza, e "i paesi in via di sviluppo vedono i loro cervelli migliori fuggire in paesi dove possono trovare occupazione" ha sottolineato Giorgio Franceschetti. Infine i costi sociali: i paesi sviluppati non sono ancora in grado di accogliere gli stranieri e costruire una società multietnica, mentre gli immigrati sono costretti spesso a dimostrare una "laboriosità sovraumana". In Italia "l'immigrazione dall'estero ha permesso che dal 1993 la popolazione italiana continui ad aumentare nonostante un saldo naturale negativo -ha spiegato Corrado Bonifazi- Così l'aumento degli anziani determina invece, una crescita della domanda di servizi alle persone che, per una serie di ben note ragioni strutturali, trova nel lavoro immigrato la soluzione più efficace e spesso più semplice (sicuramente più economica)".
I popoli in movimento è quindi un tema che fa e farà ancora discutere, tant'è che l'Organizzazione delle Nazioni Unite non è ancora riuscita a fare una conferenza internazionale sull'argomento, anche per le differenti prospettive degli stati membri.
Nella seconda parte del convegnosi si è affrontato il tema de "La società multiculturale tra conflitti di valore e riconoscimento delle diversità" con i relatori Enzo Pace (Direttore del dipartimento di Sociologia dell'Università di Padova), Adone Brandalise (Direttore del Master in "Studi Interculturali" Università di Padova), Alì Babà Fayeh (Presidente del Forum nazionale per l'immigrazione), Enrico Pugliese (Università di Napoli, Direttore dell'istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali).
"Paese accogliente l'Italia ma, contrariamente a quanto avviene in Francia e Germania ad esempio, non ha un progetto di società interculturale che permette alle diverse identità di incontrarsi e conoscersi. Non bastano le leggi sulle immigrazioni, serve anche maggiore progettualità per una società in cui non ci sia un noi e un loro" ha detto Alì Babà Fayeh. Quindi "volgere lo sguardo al futuro, le culture non devono guardare o definirsi solo al loro passato, se vogliono ridefinire la propria identità" ha aggiunto Adone Brandalise.
Il dibattito degli anni '70 sul problema della migrazione suddivideva i modelli nei paesi di accoglienza di massima assimilazione e integrazione, due risposte al rapporto con gli stranieri che però hanno mostrato entrambi dei limiti: il modello francese assimilazionista lasciava poco spazio alla diversità culturale degli immigrati, il modello americano d'integrazione (melting pot) pur riconoscendo maggiormente le differenze in realtà non riusciva a risolverle. "Non si tratta di applicare questo o quel modello ma di estendere a tutti, autoctoni e stranieri, i diritti sociali di cittadinanza: accesso alle istituzioni sociali, rispetto dei valori culturali e religiosi" ha aggiunto Enrico Pugliese. Così Enzo Pace ha spiegato che "i conflitti di valore, che fanno saltare le regole minime di convivenza, sono inevitabili in una società multiculturale e il compito delle politiche sociali è farli emergere per discuterne. Al contrario rischiano di diventare difficilmente negoziabili e trasformarsi in conflitti di identità".
Sono questi anche gli obiettivi del Master in Studi Interculturali "Saperi e pratiche nella trasformazione" che intende fornire l'occasione per una approfondita riflessione sugli strumenti culturali ricavabili da discipline di carattere linguistico, letterario, filosofico, antropologico e storico-culturale. Nel contempo il corso cerca il confronto con le realtà nelle quali concretamente la ricerca interculturale di traduce in attività professionale.
Fonte: Civitas

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