Più loro li chiamano banditi più mi identifico con loro

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Il Ministro Martino (che cosa avrà da ridere ogni volta che viene ripreso in Tv? è tanto compiaciuto di sé? trova che viviamo nel migliore dei mondi possibili?) ora sostiene che in Iraq bisogna mandare la Nato, opinione non tanto originale dato che il ministro della guerra degli Usa lo ripete da tempo. La Nato deve entrare in Iraq senza tener conto della data del 30 giugno, abbandonata come passaggio del comando dalla Coalizione alle N. U. Ma la Nato no, davvero, sarebbe una nuova infrazione drammatica di quel poco che rimane del diritto internazionale e il dispiegarsi senza freno né ostacolo del potere imperiale Usa e vassalli.

Cerchiamo di tenere la testa fredda e sgombra da nebbie e confusioni: le N. U. possono intervenire in un paese nel quale vi sia una guerra solo se richieste da rappresentanti di quel popolo, come un governo in esilio, un comando legittimato della Resistenza. Avendo gli Usa opportunamente provveduto a mettere in galera l'intero governo dell'Iraq e non riconoscendo la Resistenza iraqena mancano i presupposti per un intervento delle N. U. Chi lo invoca dovrebbe anche dirci come si fa. Il comitato "Fermiamo la guerra" nella sua più recente riunione nazionale, durante le manifestazioni di Expa a Brescia ha deciso di accettare l'intervento delle N. U. purché rigorosamente condotto secondo lo statuto delle stesse e sembra che in verità non sia possibile. A meno che non si voglia far passare per legittimo rappresentante del popolo iraqeno il governo messo su dagli Usa e privo di qualsiasi rappresentatività. In ogni caso, se il ritorno in funzione delle strutture del partito Baath può forse introdurre una qualche forma di rappresentanza del potere iraqeno vinto, manca comunque un altro presupposto all'intervento delle N. U. che per statuto è composto da nessuno degli eserciti occupanti, e da nessuno dei paesi confinanti. Sicché -in caso- perché le N. U. possano intervenire è prioritario che si ritirino le truppe occupanti. Si rivela politicamente precisa corretta e non disastrosa la richiesta del ritiro incondizionato delle truppe dei paesi occupanti dall'Iraq.

Sarebbe molto importante anche fare chiarezza su uno degli aspetti più preoccupanti della guerra cioè la presenza di truppe non di stati, ma di privati addestrate e dotate di armi sofisticate e persino addestrate a far uso di armamento nucleare leggero. Quando a qualcuno/a di noi viene in mente il Vietnam per ricordare che se un popolo non vuole essere sottomesso non può essere sottomesso e che dopo la seconda guerra mondiale nessun esercito regolare ha mai più vinto una guerra (Francesi e Usa le hanno prese in Vietnam, i Sovietici in Afganistan, Israele non riesce ad aver ragione di un popolo disperso e martirizzato come i palestinesi, e non si dirà che Bush ha vinto in Afganistan o che stia vincendo in Iraq) non tiene conto del fatto nuovo delle truppe di mestiere private. Che sono un'inquietante novità del macabro pianeta della barbarie bellica e del militarismo dilagante.

Intanto conviene fare la massima chiarezza sul significato della permanenza delle truppe in Iraq: paragonare i militari di stanza a Nassiriya ai partigiani è un puro e semplice insulto, è roba da querela, da Corte Costituzionale. Per fare un esempio: io che sono stata partecipe della resistenza mi identifico piuttosto col corteo di protesta sul ponte che con gli italiani che l'hanno attaccato militarmente. E quanto più i resistenti iraqeni vengono detti terroristi miliziani banditi, tanto più mi identifico in loro. Anche i nazi ci chiamavano banditi perché ciò toglie copertura di diritto e fa credere alle truppe occupanti che si possa sparare a vista senza prove, senza processi, impunemente. Non si provino a fare simili paragoni. Hanno già scippato il 2 giugno, che non si provino col 25 aprile, davvero.

Lidia Menapace

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