Part-time donne: quando lavorare meno è un obbligo

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Foto: Unsplash.com

Oltre la metà dei 4,2 milioni di lavoratori part-time non ha scelto questa forma contrattuale ma l’ha subita, per necessità o assenza di altre possibilità. È quanto emerge dal report “Da conciliazione a costrizione: il part-time in Italia non è una scelta. Proposte per l’equità di genere e la qualità del lavoro” (qui il Pdf) del Forum Disuguaglianze e Diversità che parla di part-time involontario in riferimento alla condizione di questi lavoratori, che in gran parte sono donne.

«Ormai è noto che sempre più lavoro è precario e mal retribuito, e non è sufficiente a uscire da una condizione di povertà. In questo quadro anche il part-time da strumento di conciliazione di vita e di lavoro, rischia di diventare uno strumento di ulteriore precarizzazione, soprattutto quando viene imposto e non è una scelta del lavoratore e in particolare della lavoratrice. Uno dei segni più evidenti di come abbiamo affrontato la sfida della globalizzazione mortificando il lavoro, in particolare quello delle donne», hanno detto Fabrizio Barca e Andrea Morniroli, co-coordinatori del Forum Disuguaglianze e Diversità.

Part-time involontario: più diffuso tra donne, stranieri e al Sud

Una lettura di genere dei dati sulla forza lavoro mostra che le donne sono i tre quarti delle persone occupate a tempo parziale e che sono tra quelle che più spesso sono costrette ad accettare questa forma contrattuale.

Le donne sono le più colpite dal part-time involontario sotto ogni profilo, socio-demografico, territoriale, di tipologia contrattuale o di settore. Nelle professioni non qualificate il part-time è imposto a quasi 4 donne su 10, contro il 14,2%  degli uomini, ed è più frequente tra le donne più giovani: riguarda il 21% delle occupate tra 15 e 34 anni (percentuale che scende al 14% tra le over55).

Il part-time è imposto più di frequente al Sud, tra le persone straniere, tra chi ha un titolo di studio basso e tra le persone con un impiego a tempo determinato.

Donne con figli, paghe basse, precarietà: storie di lavoratrici part-time

Sono cinque le interviste a donne occupate con part-time involontario riportate nel report del Forum Disuguaglianze e Diversità. Alcune di loro hanno raccontato di essere riuscite a passare da 6-7 ore settimanali a 17,5 ore, altre di essere state costrette ad accettare il part-time per conciliare il lavoro con la cura dei figli o perché attratte dal contratto a tempo indeterminato, anche se non hanno nessuna possibilità di ottenere il tempo pieno.

Alcune delle intervistate sono rientrate al lavoro dopo lunghi periodi e hanno raccontato la difficoltà di gestire le ore lavorative e i turni che, in alcuni casi, sono insoddisfacenti e implicano una remunerazione troppo bassa, mentre in altri casi eccedono le ore previste (e quindi riducono il part-time a un finto orario ridotto) senza la possibilità di un recupero adeguato e di tempi di riposo giusto. Alcune lavoratrici hanno detto di non ricevere una paga adeguata per le ore supplementari.

Altre svolgono due lavori e saranno pensionate povere, si spiega nel report, perché oltre a non avere un salario dignitoso, non riescono ad accumulare sufficienti contributi previdenziali per la pensione...

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