Parliamo di Cina

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Parliamo di Cina. La lista delle – così chiamate - “violazioni dei diritti umani” è lunga. Un elenco che fa velocemente i conti in tasca all’operato del governo: basta la parola giusta in Google, che per ogni categoria di oppressi si trova almeno un esempio che lo rappresenta. Le ultime notizie sono infatti quelle dell’arresto dell’avvocato Yu Wusheng, il rilascio del visto all’artista Ai Wei Wei (al quale l’Inghilterra nega l’entrata), del suo avvocato personale che si trova da anni costretto agli arresti, della giornalista Gao Yu detenuta in gravi condizioni di salute, del monaco tibetano Sonam Topgyal che si è immolato vivo non più tardi del nove luglio, di un camion di gatti maltrattati e diretti al macello, del documentarista Wang Jiuliang che si è visto – come altri suoi colleghi – chiudere dal governo le porte del Beijing Indipendent Film festival, ecc.

Dall’altra parte – perché ci sono sempre due lati che completato una situazione – leggere la contemporaneità cinese è molto affascinante: mette in evidenza la direzione di questo vasto paese orientale che – almeno a me – sembra quella che tanti in Occidente vorrebbero adottare. Non a caso, anche l’elenco dei fatti considerati positivi non è da meno: borse in rialzo anche grazie all’aiuto del governo di Pechino, importanti migliorie nel settore sanitario, la possibilità di andare dalla Cina agli USA in soli due giorni di treno, l’ammirabile competizione dell’innovazione cinese, verso i primi addi alla politica del figlio unico, il processo – iniziato negli anni ottanta – di avvicinamento ad un sistema di diritto così come noi lo intendiamo, una cooperazione internazionale differente ma esistente, ecc.

Per gli antichi saggi taoisti, sia il primo che il secondo caso, sarebbero stati entrambi due indici di debolezza, sia individuale che sociale; per i confuciani il primo debole e il secondo – probabilmente – forte. Per gli induisti invece, due stati ugualmente accettabili per via di una legge del Karma che giustifica ogni livello in cui uno stato, o una persona, si trova. Per i cattolici infine, il primo una condizione sociale debole, il secondo sia forte che debole… Passatemi questo “giochino” pieno di clichè, prima di affermare che in Cina i diritti dell’uomo sono violati, certamente; ma è altrettanto evidente che – in modo diverso – anche in Europa (territorialmente estesa circa quanto la Cina) se si inizia a fare la “lista degli oppressi”, si finirà con il non avere più tempo per pensare alla negazione dei diritti in altri paesi.

Ovunque, l’uomo che per necessità – o per sua natura – ha esigenza di dare un’opinione personale su come vanno le cose, è portato spesso a prendere una posizione: di attacco, parlando ad esempio dei diritti umani; o di difesa, considerando invece i punti innovativi del paese che preferisce.

Ma parliamo ancora della Cina – che io preferisco – e mi chiedo: è corretto continuare ad attaccarla quando molti paesi – compreso il nostro – stanno apprezzando la sua corsa e la stanno, fondamentalmente, alimentando? Oppure, è leale criticarla quando lei stessa ha preso come modello uno sviluppo capitalista, dunque Occidentale?

Diciamocelo, sia l’Europa che l’America, fino a qualche tempo fa e in nome della democrazia, avanzavano ad occhi chiusi: sicure dell’esempio che offrivano al mondo e giustificate, in alcune delle loro decisioni, proprio da quest’ultimo. Ma oggi, anche grazie al modello cinese, sia la nonna che la mamma della geopolitica mondiale, sembrano essere deboli quando si va a toccare il “tasto democratico”. E questo anche perché paesi come la Cina stanno esaminando il passato per non commettere gli stessi errori. Ne è testimone il documentario storico “L’ascesa delle nazioni” trasmesso nel 2006 in dodici puntate dal canale nazionale CCTV, in cui la policy di Pechino dà una lettura su motivi e meccanismi che hanno portato le grandi potenze – USA, Regno Unito, Germania, Russia e Giappone – ad emergere e, allo stesso tempo, una conferma che entro le mura della Grande Muraglia si sta lavorando per evitare le stesse gaffes del passato.

Pare che dal Medioevo ad oggi, in Occidente, la vittoria sia stata quella di ottenere una maggioranza di stati a direzione democratica; e la Cina invece, in sole nove decadi, da uno stato Medioevale in cui si trovava, ha superato la modernità e messo in discussione il sodalizio, per molti universalmente indissolubile, fra capitalismo e liberalismo democratico.

Siamo noi a non credere più nella “democrazia” o è la Cina a metterci in discussione il “nostro” modello che non è più democratico?

Una bella domanda questa, che nasce spontanea se si osserva un paese che per via di una dittatura è rimasto chiuso al mondo fino a cinquant’anni fa, ma che oggi sta offrendo prospettive, sicurezza e speranze a un Occidente privo di certezze.

Francesca Bottari

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