Palestina, la nascita di un movimento nuovo

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La novità più significativa che ho potuto apprezzare nel recente viaggio in Palestina in occasione della sesta Conferenza internazionale della Resistenza popolare non violenta contro la feroce occupazione israeliana, tenutasi nel villaggio di Bil’in in Palestina il 20 e 21 aprile, è la nascita del Movimento 15 marzo”.

Un movimento che, sull’onda delle rivoluzioni arabe, della straordinaria ripresa di protagonismo sociale di questa parte del pianeta, esordisce per le strade di tutta la Palestina,da Ramallah a Gaza, ma anche in Libano, Siria, Giordania su iniziativa di giovani donne e uomini per lo più universitarie/i. Nasce con parole d’ordine semplici quanto efficaci: no alle divisioni politiche, diritti, democrazia, partecipazione, riunificazione di tutti i Palestinesi e ripresa delle lotte popolari contro l’occupazione. Rivendicano nuove elezioni, criticano la deriva di Fatah e Hamas quali “gestori” per conto dell’occupante israeliano degli angusti spazi loro riservati.

L’analisi che questo movimento ha prodotto è particolarmente interessante in quanto è percepibile una distanza profonda tra gran parte della popolazione palestinese e la sua rappresentanza politica, così come è oggettiva la spinta ad una nuova unità delle fazioni Palestinesi dopo la guerra civile. Il movimento afferma con forza che il problema non sono i confini – ”tutte le negoziazioni sui confini hanno prodotto arretramenti” – ma i diritti: il diritto alla mobilità, il diritto alla terra, il diritto allo studio ed alla realizzazione della propria vita, il diritto alla riunificazione di tutti i Palestinesi a partire dai profughi.

Quella che potrebbe apparire una contraddizione, tra confini e diritti, in realtà evidenzia la costruzione di una riflessione, in progress come affermano orgogliosamente, che guarda, implicitamente, ad una prospettiva di stato binazionale o ad un unico stato per due popoli. La critica delle liturgie burocratiche, delle perenni divisioni delle fazioni Palestinesi, la volontà di costruire dal basso una nuova forma di autogoverno dei popoli, qui nella Palestina sotto scacco del fanatismo dei coloni e di un’occupazione militare vergognosa, rappresentano una possibile congiunzione tra lotta radicale contro l’occupazione e lotta radicale per una società nuova.
Pochi giorni dopo la Conferenza di Bil’in, Hamas e Fatha hanno stretto un accordo su un governo di unità nazionale, una buona notizia in una fase di crescente attesa per la possibile decisione dell’Onu in merito al riconoscimento, a settembre, dello stato Palestinese.

Anche questa unità è segno del nuovo clima che si respira in Palestina. L’Egitto della rivoluzione che ha cacciato Mubarak ha riaperto il valico di Rafah rompendo così l’inumano blocco imposto a Gaza. Le rivoluzioni sono questo in fondo: il più grande atto di umanità,di pace che si possa fare e appunto, rompono i confini e le barriere.

Sergio Bellavita segretario nazionale Fiom da Il Megafono

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