Onu: conclusa la Conferenza sulla crisi finanziaria boicottata dai Paesi ricchi

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II 192 Paesi membri dell'ONU si sono incontrati al palazzo di vetro di New York in occasione della 'Conferenza sulla crisi finanziaria ed economica e gli impatti sullo sviluppo'. Una conferenza che aveva lo scopo di elaborare delle soluzioni concrete per uscire dalla più profonda crisi degli ultimi decenni e che porterà, secondo dati Onu, il Pil del pianeta a crollare del 2,6% nel 2009, il peggior risultato dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi.

Le conseguenze più pesanti ricadono sui Paesi più poveri, gli stessi che non hanno alcuna responsabilità nell'attuale crisi, gli stessi esclusi da qualunque possibilità di intervento nei luoghi – dal G20 al Fondo monetario internazionale - in cui si sta discutendo di possibili soluzioni e misure per uscire da questa situazione. Per questo la Conferenza dell'Onu rappresentava un appuntamento di enorme importanza, tanto nei contenuti quanto nel processo per porre le basi per un percorso di elaborazione di regole condivise nell'unico foro internazionale che garantisce la partecipazione di tutte le nazioni del mondo, ovvero l'Onu.

I Paesi del Sud sono intervenuti a New York con delegazioni di alto livello, cercando di promuovere un testo finale che contenesse proposte coraggiose in materia di regolamentazione dei mercati finanziari, per una soluzione al problema del debito estero, riguardo la necessità di trovare nuove risorse finanziarie per le nazioni più povere e su altre questioni. A questa partecipazione attiva ha fatto da contraltare l'assoluta pochezza delle delegazioni dei Paesi del Nord, che sembravano impegnate unicamente a bloccare qualunque passo in avanti in sede Onu, in modo da potere riportare il dibattito in luoghi a loro più consoni, primo tra tutti il nuovo “club dei ricchi”, ovvero il G20.

Il risultato è un documento finale che appare come un compromesso al ribasso. In particolare, se emerge nel testo un'individuazione chiara delle responsabilità, a partire dal fatto che la crisi è nata nei principali centri finanziari del pianeta, mancano le proposte operative e un chiaro mandato all'Onu per occuparsi della crisi. Tutti d'accordo sulle cause, ma manca il coraggio per proporre soluzioni e vie di uscita.

Non c'è ad esempio nel documento finale nessuna indicazione riguardo nuove somme da stanziare per permettere ai Paesi più poveri di rilanciare le loro economie, allo stremo in seguito alla crisi. Non ci sono indicazioni concrete o scadenze sulla spinosa questione del debito estero dei Paesi del Sud. Nulla di nuovo sulla necessità di contrastare i giganteschi flussi illeciti di capitali che ogni anno lasciano i Paesi del Sud, diretti verso il Nord e i paradisi fiscali. Riguardo il processo, nei paragrafi finali il testo propone la creazione d un gruppo di lavoro che elabori le proposte contenute nel testo stesso e per garantire il follow-up. Viene presa in considerazione la possibilità di migliorare il mandato e le competenze dell'Onu in materia fiscale.

Alcune proposte che se non altro lasciano aperta la porta per proseguire i lavori di questa conferenza e per un futuro ruolo dell'Onu nella gestione della crisi finanziaria e economica. La sensazione complessiva è quella di un'occasione persa, l'ennesima, in un momento in cui il mondo, e le nazioni più povere in particolare, non possono proprio permettersela. Queste nazioni si sono presentate all'Onu con un'unica voce, rivendicando un ruolo di primo piano nell'elaborare il futuro della governance e delle istituzioni internazionali. Forse è questa l'unica novità positiva emersa dalla conferenza di New York. Le “vecchie” potenze in declino del Nord non potranno continuare a ignorare a lungo questa voce, chiudendosi nei bunker dorati del G8 o del G20.

Andrea Baranes
Fonte: Campagna per la Riforma della Banca mondiale (CRBM)

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