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Onu: al via il G192 sulla crisi economica, ma i paesi ricchi lo disertano
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"Le conseguenze della crisi mondiale devono essere affrontate in un consesso come l'Onu e non nei vertici ristretti dei Paesi più industrializzati. Il luogo più indicato per discutere questo genere di problemi è l'Onu, cioè il G192". E' il duro richiamo che il presidente dell'Assemblea Generale dell'Onu, Miguel D'Escoto Brockmann, ha rivolto ieri in apertura della 'Conferenza sulla crisi finanziaria ed economica'. "Stiamo parlando di problemi globali, dovrebbero essere discussi in maniera globale" - ha aggiunto D'Escoto. Sebbene il livello partecipazione dei singoli stati - come ha sottolineato lo stesso D'Escoto - dipende dalle loro scelte è apparso un chiaro richiamo soprattutto ai paesi ricchi che da diverso tempo preferiscono discutere di questi temi in raduni come il G8 o alle sessioni della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale piuttosto che all'Onu.
Non è un caso che la Conferenza - data la scarsa partecipazione e interesse da parte dei paesi ricchi - nonostante fosse stata programmata da mesi per i primi di giugno sia stata rinviata di alcune settimane e che all'apertura di ieri sia stata confermata la presenza di circa trenta tra capi di Stato e di Governo dei paesi del Sud del mondo, mentre la quasi totalità delle delegazioni dall'Europa e dagli altri Paesi del Nord è di basso profilo.
L’obiettivo della Conferenza – si legge in una nota dell’Onu – è identificare le attuali emergenze determinate dalla crisi e le possibili risposte che nel lungo termine possano mitigarne l’impatto, specialmente sulle popolazioni più vulnerabili, dando avvio a un necessario dialogo sulla trasformazione nell’architettura finanziaria internazionale che prenda in considerazione le necessità e le preoccupazioni di tutti gli stati membri".
La Banca mondiale ha previsto per i paesi in via di sviluppo un deficit di bilancio di 700 miliardi di dollari causato dalla crisi internazionale. Una situazione che provocherà un aumento dei decessi nei bambini stimato intorno a 2,8 milioni e che porterà 100 milioni di persone al di sotto della soglia di povertà. Nei giorno scorsi la Fao ha annunciato che nel 2009 oltre un miliardo di persone, cioè un sesto della popolazione mondiale, sarà vittima della fame e della malnutrizione: "Un serio rischio per la pace e la sicurezza nel mondo" - aveva commentato il Direttore Generale della Fao, Jacques Diouf, presentando i dati.
Negli ultimi giorni i negoziatori hanno lavorato febbrilmente per trovare un compromesso per un testo finale. "Le voci che circolano all'Onu confermano una divergenza, se non una vera e propria spaccatura, tra Nord e Sud del mondo" - riporta una nota della CRBM che è presente con una sua delegazione al Palazzo di Vetro. I Paesi del Sud chiedono di poter avere voce nel processo di elaborazione di soluzioni per uscire dalla peggiore crisi finanziaria dal dopoguerra a oggi, e hanno lavorato per un testo finale forte, che desse al sistema delle Nazioni Unite un ruolo importante per il prossimo futuro. I Paesi più ricchi, invece, tendono a sminuire questo ruolo, e che di conseguenza sembrano volere lavorare per un testo "al ribasso", così da poter discutere di proposte concrete in altri luoghi, dal G20 al FMI.
"In questa situazione il rischio è quello che la conferenza di New York rappresenti un'altra occasione persa, l'ennesima" - commenta la CRBM. Da una parte è difficile che vengano assunte nel testo finale le decisioni operative che sarebbero necessarie e urgenti per cercare di aiutare i Paesi più deboli, che non hanno nessuna responsabilità nella crisi ma che ne pagano pesantemente le conseguenze. Dall'altra, in maniera ancora forse più grave, si perderà l'opportunità di rinforzare un processo democratico e multilaterale che solo l'ONU, con tutti i suoi limiti, può oggi garantire.
Come commenta Martin Khor, del South Centre, "Le nazioni della terra sono qui a New York per cercare delle soluzioni alla peggiore crisi degli ultimi decenni a poche centinaia di metri dall'epicentro della crisi stessa". E' questa la distanza che separa il Palazzo di vetro dell'Onu da Wall Street, cuore pulsante della finanza mondiale. Un modo per sottolineare come siano gli Stati più ricchi a portare l'intera responsabilità di questa crisi.
"La conferenza di New York potrebbe rappresentare un momento importante per rilanciare un dialogo su scala multilaterale, o al contrario segnare una spaccatura difficilmente ricucibile tra Nord e Sud del mondo" - evidenzia la CRBM. Decine di organizzazioni e reti della società civile internazionale sono presenti all'Onu per provare a fare pendere l'ago della bilancia verso la prima soluzione. Il silenzio dei governi dei Paesi del Nord, a partire da quello italiano interamente concentrato su un anacronistico G8, non sembrano però indicare che la conferenza dell'Onu si apre sotto i migliori auspici" - conclude la CRBM.
Nemmeno la Direzione Generale della Cooperazione italiana partecipa alla Conferenza Onu, ma il direttore Elisabetta Belloni ha comunque affermato di aver "inviato un messaggio chiaro anche alla riunione di New York che si aprirà ad un contesto di dibattito ampio". "Chiederò però alla direzione che seguirà i lavori di tenerci informati - ha aggiunto la Belloni - perchè è evidente che spetterà a noi dare seguito da un punto di vista concreto e operativo ai progetti che dovranno consentire di affrontare nei Paesi in via di sviluppo gli effetti della crisi". Staremo a vedere.
Giorgio Beretta