Onu: Apm, bilancio deludente per i diritti umani

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Al termine della 61. Conferenza annuale della Commissione per i Diritti Umani dell'ONU, l'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) ha tratto un bilancio alquanto deludente. L'APM prende atto dell'incapacità della Commissione di imporre a livello internazionale degli standard minimi di rispetto dei diritti umani. In una lettera aperta alla Commissaria per i Diritti Umani Louise Arbour, l'APM ha accusato la Commissione di tacere per motivi politici su gravi violazioni quali genocidi e crimini contro l'umanità. Durante tutta la conferenza non sono mai stati chiamati per nome i responsabili della morte di centinaia di migliaia di persone, né per quanto riguarda i crimini commessi in Congo o in Sudan, né per quanto riguarda la Cina e la Russia.

"Invece di dare spazio alle lotte politiche internazionali, la riforma voluta da Kofi Annan dovrebbe dare ai perseguitati di tutto il mondo maggiori possibilità di esporre con efficacia le loro denunce" commenta l'APM che chiede anche che la riforma del Consiglio per i diritti umani comporti un rafforzamento del ruolo delle organizzazioni non governative all'interno del Consiglio stesso. "Entro il 20 maggio Louise Arbour dovrà presentare un rapporto con le raccomandazioni per la riforma prevista. La Cina come anche altri paesi "persecutori" si attendono da questa riforma l'ampia esclusione delle organizzazioni non governative. Grazie alle pressioni esercitate da questi paesi, negli scorsi anni sono progressivamente diminuite le risoluzioni critiche relative alla situazione dei diritti umani nei singoli stati, mentre è aumentato il numero di insignificanti dichiarazioni di intenti portate ai voti".

"Anche la Russia fa parte di quei paesi che strumentalizzano la Commissione per i diritti umani per distogliere l'attenzione sulla catastrofica situazione dei diritti umani nel proprio paese. Il fatto stesso che la Commissione abbia accolto le proposte di risoluzione presentate negli scorsi due anni dalla Russia, secondo cui la presa di ostaggi costituisce un reato di terrorismo e razzismo, testimonia il cinismo con cui lavora una Commissione che allo stesso tempo non vuole vedere i rapimenti e la presa di ostaggi operati dalla stessa Russia contro la popolazione civile cecena. Dal 1999 ad oggi in Cecenia sono scomparsi in questo modo fino a 5.000 civili. Durante la vicenda degli ostaggi nella scuola di Beslan lo stesso Procuratore Generale dello stato russo Vladimir Ustinov aveva chiesto una "contro-presa" di ostaggi ceceni. Nel frattempo questa tattica viene utilizzata sistematicamente dalle truppe russe e filo-russe contro donne e bambini di presunti combattenti ceceni. Una sorte che è toccata anche a otto persone imparentate con il presidente ceceno assassinato in marzo 2005 Aslan Maskhadov. Dei suoi parenti rapiti si è persa ogni traccia" commenta l'APM.

"Se la condanna del razzismo chiesta dalla Russia avrebbe probabilmente dovuto colpire soprattutto gli stati baltici, è però un dato di fatto che dopo l'insediamento di Vladimir Putin in Russia sono massicciamente aumentate le manifestazioni di razzismo, xenofobia e antisemitismo. Solo nel 2004 gli omicidi a matrice razzista sono raddoppiati a 44 casi, mentre sono stati registrati nello stesso periodo dalla polizia russa 8.500 crimini a sfondo razzista. L'impunità è in questi casi ampiamente diffusa e anche nei pochi casi in cui i responsabili sono arrestati, spesso e volentieri se la cavano con accuse per schiamazzi".

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