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Ong: Banca mondiale e Fmi rallentano le riforme, nei Pvs cresce l'allarme debito
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Agli 'Annual Meetings' gli incontri annuali della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) in corso di svolgimento a Istanbul, la 'Campagna per la riforma della Banca mondiale' (CRBM) denuncia le resistenze dei Paesi ricchi e del management delle istituzioni nel promuovere una autentica riforma delle istituzioni di Bretton Woods. "Sulla base degli accordi raggiunti al G20 di Pittsburgh, la Banca mondiale ed l'Fmi si preparano a lanciare una serie di nuovi strumenti e prestiti senza un profondo cambiamento delle proprie politiche, che continuano a danneggiare i Paesi in via di sviluppo ed il clima" - afferma la Campagna promossa da diverse Ong italiane.
Nonostante le parziali intese siglate al G20 di Pittsburgh, lo scontro ancora aperto sulla riforma del sistema di governo interno delle istituzioni, in particolare della Banca mondiale, non ha permesso di raggiungere una decisione di tutti i governi sull'aumento delle risorse a disposizione della Banca mondiale. Sul fronte Fmi, i fondi erogati nei confronti dei Paesi più poveri per fronteggiare la crisi sono ancora pochi e in molti casi soggetti a condizioni economiche capestro. Un recente studio della rete della società civile Eurodad, di cui la CRBM è membro, dimostra che ancora oggi l'Fmi impone condizioni che ostacolano la creazione di posti di lavoro, proprio quando il direttore del Fondo ammonisce il mondo sui rischi dell'aumento drammatico della disoccupazione nei prossimi mesi.
"E' singolare - ha dichiarato Antonio Tricarico della CRBM, presente a Istanbul - che il Fondo monetario e la Banca mondiale ci dicono che sono cambiati ed hanno grandi piani per far fronte alla crisi economica e sociale nei Paesi poveri e per finanziare misure contro i cambiamenti climatici nel Sud, e poi continuino imperterriti ad imporre condizioni economiche restrittive che impediscono un intervento pubblico nei Paesi poveri e a finanziare progetti a combustibili fossili che aumentano l'effetto serra". "E' difficile credere che sia avvenuta una vera riforma e che siano state imparate le lezioni della crisi. Oggi la principale ossessione rimane quella del sostegno al settore privato negli interventi di sviluppo più che la promozione di politiche di interesse pubblico" - ha concluso Tricarico.
Come riporta una dettagliata nota della CRBM, il recente Summit dei G20 di Pittsburgh ha portato con sé solo "un apparente vento di cambiamento, regalando alle economie emergenti un 5% in più di quote di potere nel Fondo monetario e un 3% in ambito Banca mondiale". "Sebbene da anni si parli di una nuova Bretton Woods per le istituzioni finanziarie internazionali che riveda gli equilibri di potere a livello internazionale e democratizzi maggiormente le istituzioni di Washington, per esempio tramite le proposte innovative della società civile globale per una doppia maggioranza, politica ed economica, in seno a FMI e World Bank – la montagna ha partorito un topolino. Era ormai scritto da tempo che le nuove super potenze del Sud del mondo come la Cina e l’India avrebbero acquisito maggior importanza e potere decisionale nel board delle due istituzioni. Ma una reale democrazia latita ancora. Non si raggiungerà alla fine una vera parità Nord-Sud e così come accade nei processi del G20, anche nel contesto delle istituzioni finanziarie internazionali i Paesi più poveri – e più impattati da una crisi che non hanno né voluto né causato – continueranno ad avere ben poca voce in capitolo".
Infine - conclude la nota della CRBM - per alcuni anni il tema del debito estero dei Paesi poveri è stato trascurato ed erroneamente considerato risolto dalle poche e limitate iniziative di cancellazione intraprese dai donatori. Oggi invece secondo molti analisti economici internazionali si sta affermando una nuova emergenza del debito estero causata dalla nuova ondata di prestiti delle istituzioni finanziarie e dei governi per far fronte alla crisi. L'UNCTAD ha chiesto che la comunità internazionale adotti una moratoria sul pagamento del debito ma finora ben pochi donatori non si sono mostrati sensibili a questa richiesta.
Per la società civile internazionale sono necessari due profondi cambiamenti: un quadro di regole condiviso di responsible lending, che preveda obblighi non solo per i Paesi riceventi, ma anche per quelli donatori; e quindi l'istituzione da subito di un meccanismo trasparente e democratico di arbitrato sul debito, che valuti anche l'eventuale illegittimità di alcuni debiti in seguito al comportamento poco corretto dei donatori. [GB]