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Non far un fascio di tutta la stampa
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Si sa, la stampa contribuisce a creare opinione pubblica. Ma non c’è niente di più arduo che dibattere oggi sul ruolo e sulle responsabilità della comunicazione, in particolare sul tema delle migrazioni che tanto occupa lo spazio in tv quanto sui social network. Se vi è un ampio assenso sulla responsabilità che tocca i giornalisti, altrettanta è la consapevolezza che la comunicazione possa oggi più che mai favorire la corretta comprensione dei fatti, oppure possa distorcerli o addirittura inventarli.
Ipotesi di complotto, bufale o fraintendimenti palesi, inaffidabilità della stampa ogni giorno si contrappongono a una deontologia a cui i giornalisti dovrebbero obbligatoriamente trarre indicazioni nel compimento del proprio lavoro. Tuttavia troppo spesso la realtà dei media ci mostra titoli a tutta pagina con un linguaggio espressamente razzista che non risultano più l’eccezione, ma un nuovo “stile” di giornalismo che non tiene conto degli strumenti a cui obbliga l’appartenenza a un ordine professionale. In particolare la Carta di Roma, elaborata nel 2008 e nel 2016 integrata nel “Testo unico dei doveri del giornalista”, invita i giornalisti a “osservare la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti nel territorio della Repubblica Italiana ed altrove”. Il richiamo ad adottare termini giuridicamente appropriati e a evitare la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte, sono purtroppo tra i principali obblighi disattesi ogni giorno nella comunicazione in tema di migrazioni.
I discorsi di odio, di promozione della violenza e dell’intolleranza verso lo straniero restano al centro del dibattito odierno del giornalismo. Ci si domanda, infatti, se la libertà di espressione, amplificata attraverso i media e i social network, possa trovare un limite nell’incitamento all’odio o in pratiche esplicitamente razziste. La garanzia del pluralismo e della democrazia deve sempre prevalere sulla disponibilità dei giornali a ospitare i discorsi di chi il più delle volte la spara semplicemente più grossa degli altri? Non si tratta affatto di una questione di lana caprina in quanto quello che si cerca di comprendere è anche il ruolo del giornalista, che non può essere affatto quello di semplice contatto con l’intervistato o di “reggitore” di microfono. Sono proprio la scorrettezza, la disinformazione e l’istigazione all’odio elementi per “togliere” quel microfono all’intervistato e non rendere la stampa complice dell’uso distorto di un’arma tanto potente.
È anche contro questo errato modo di fare informazione che il portale giornalistico online Unimondo, promosso da Fondazione Fontana onlus e giunto al suo diciottesimo anno di vita, cerca quotidianamente di fornire un esempio diverso di giornalismo, sperando che i lettori sappiano apprezzarne le scelte redazionali.
Buona lettura su www.unimondo.org!
Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.