Noi rifiutiamo

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Un gruppo di giovani israeliani e palestinesi sono in Italia per raccontare la loro obiezione alla guerra. “Quello in atto da tempo in Palestina è un interminabile processo di deumanizzazione…”, spiegano. Alcuni di loro fanno parte dell’associazione Mesarvot. Cosa significa mesarvot? Noi rifiutiamo

Dalle finestre della mia Università si vedeva un muro, che delimita lo spazio oltre il quale sono costretti a vivere i palestinesi. Immaginate, come se qui a Roma da quella finestra vedeste un muro oltre il quale vivono le persone nere…”. Daniel Mizrahi, obiettore di coscienza israeliano, attivista dell’associazione Mesarvot – Refusing to sefve the occupation, comincia così la sua testimonianza nel corso di uno dei tanti incontri organizzati in questi giorni in giro per l’Italia dal Movimento Nonviolento nell’ambito della Campagna Obiezione alla Guerra.

Quel muro mi ha cambiato lo sguardo – aggiunge Daniel – Fino a diciotto anni credevo nell’esercito e credevo ciecamente in quello che mi era stato raccontato a riguardo dei palestinesi. D’altro canto io non conoscevo, non avevo mai incontrato alcun palestinese. Questo è parte della strategia che ti porta a credere che siano il nostro nemico, e io ero pronto a fare la mia parte. Poi per fortuna ho ricevuto un permesso speciale per iniziare l’università prima di entrare nell’esercito; di norma non è così, e a diciotto cominci il tuo servizio militare convinto di aver potere di vita o di morte sul nemico, io a Gerusalemme ho iniziato a vedere e a dubitare della verità che mi era stata raccontata fino ad allora. È stato un percorso duro e difficile, che ho pagato con cinquanta giorni di prigionia e un elevato costo in termini sociali, ma dopo che mi si sono aperti gli occhi non potevo più fare diversamente: non volevo essere complice dell’apartheid vigente e non volevo avere la mini sporche di sangue”...

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