Nigeria: torbidi accordi di sorveglianza degli oleodotti

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La Nigeria è il più grande produttore di petrolio in Africa e la gran parte dei ricavi in valuta estera e delle entrate statali derivano proprio dall’esportazione dell’oro nero. Tuttavia rimane un paese estremamente esposto a pratiche fraudolente, in particolare nell’industria estrattiva.

Alla fine dell’agosto scorso la commissione speciale della Nigerian National Petroleum Corporation (Nnpc), ha dichiarato che tra gennaio e giugno di quest’anno 22 milioni di barili di greggio sono stati rubati. L’ammontare giornaliero perso sarebbe di oltre 120 barili al giorno, ossia il 6% della produzione nazionale, e tali sottrazioni sarebbero destinate a raddoppiare entro la fine dell’anno. Inoltre, nel rapporto mensile della NNPC del giugno scorso si riscontra un aumento degli episodi di sabotaggio degli oleodotti, dai 60 di maggio ai 160 di giugno, e una rilevante perdita di petrolio per furto, quantificato in circa 13 milioni di dollari.

Le esportazioni di greggio si sono quindi ridotte, dai 458 milioni di dollari a maggio ai 248 milioni di giugno, e il governo federale ha perso 226 milioni di introiti derivanti dalla produzione di petrolio e gas in un solo mese. Per frenare le perdite di greggio e in particolare per impedirne il furto e gli attacchi agli oleodotti da parte delle comunità locali della zona del Delta del Niger, il governo nigeriano e le compagnie petrolifere hanno però adottato una strategia dai tratti torbidi. Proprio la Nnpc avrebbe stipulato contratti multimilionari con compagnie private per la sorveglianza degli oleodotti. Quello che risulta poco chiaro è come siano stati assegnati gli appalti ad alcune di queste compagnie private e quali siano i rapporti tra gli operatori incaricati della sicurezza e i ladri di greggio, date le accuse di collusione indirizzate ai primi.

I rapporto sui contratti di sorveglianza 

Nel giugno scorso la Stakeholder Democracy Network (Sdn), organizzazione non governativa e no-profit, ha pubblicato il report “Pipeline surveillance contracts in the Niger Delta”, evidenziando criticità e opacità di tali accordi. La Sdn ritiene che sia errato chiamarli contratti di sorveglianza poiché vengono utilizzati per dirottare soldi verso i gruppi di ribelli e come forme di patronaggio politico da parte dei membri dell’All Progressive Congress (Apc) e del People Democratic Party (Pdp). L’inchiesta rivela che le agenzie di governo, a livello federale, statale e locale, e le compagnie petrolifere che lavorano nella zona, trasferiscono fondi agli ex militanti diventati operatori delle imprese di sorveglianza e ai giovani ribelli locali. L’intento è quello di dissuaderli dai sabotaggi e da altre attività criminali. Inoltre i partiti, incluso l’Apc dell’attuale presidente Muhammadu Buhari, sponsorizzano i contratti e assicurano che vengano assegnati a personalità fedeli al partito. 

I dettagli dei contratti di sorveglianza raramente sono stati resi pubblici e per loro natura sono esonerati dalle disposizioni in materia di concorrenza, trasparenza e controllo nell’ambito della legge sugli appalti pubblici del 2007. Non sono contratti di lunga durata e il loro valore non viene misurato in termini di costi della sorveglianza, bensì viene determinato sulla base del numero di potenziali “lavoratori” assunti dalle imprese degli ex militanti. La Sdn riporta anche un’intervista fatta a un operatore di una delle imprese di sorveglianza vincitrici dell’appalto nel 2018, il quale conferma che il suo compito è di ispezionare un certo numero di chilometri di oleodotto ma anche di mediare tra la compagnia petrolifera e la comunità ospitante. L’operatore consegna quindi circa il 10% del suo stipendio a personalità influenti del gruppo locale e la compagnia petrolifera gli rimborsa l’ammontare distribuito.

Assenza di un progetto politico lungimirante e coerente

I contratti di sorveglianza degli oleodotti sono il ritratto della mancanza di un progetto politico ed economico di lungo periodo per stabilizzare e sviluppare la regione del Delta del Niger. Lo stato e le compagnie petrolifere nazionali e straniere proteggono i loro interessi e gli avidi imprenditori locali traggono notevoli profitti. Inoltre, determinano confusione negli apparati di sicurezza perché non facilitano la distinzione tra agenzie di sicurezza statali e non, e rafforzano i poteri degli ex militanti che, in veste di operatori della sorveglianza, possono perfino richiedere armi e mezzi militari. Si teme infine che tali accordi possano preparare il terreno a nuove dispute legate all’industria estrattiva, favorendo una concorrenza spietata tra politici dello stato e locali, uomini d’affari ed ex combattenti.

Anna Loschiavo da Nigrizia.it

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