Nel giorno 435 dall’invasione russa. Il punto

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Immagine:  Atlanteguerre.it

L’attacco al Cremlino del 3 maggio 2023 viene analizzato, sminuzzato, radiografato. Si cerca di capire se davvero sono targati Ucraina quei droni che dovevano colpire la residenza di Putin. Nel giorno 435 dall’invasione russa dell’Ucraina è il fallito attentato su Mosca – i droni sono stati abbattuti prima di colpire – a tener banco. Kiev ha negato: il governo ha dichiarato di condurre “una guerra esclusivamente difensiva. Non colpiamo obiettivi sul territorio russo. Non porterebbe alcun vantaggio militare e darebbe a Putin la ragione per giustificare i suoi attacchi ai civili”. Mosca insiste: a Kiev governano terroristi. Il portavoce della presidenza, Dmitri Peskov, ha dichiarato che a questo punto “non ci sono altre opzioni se non l’eliminazione fisica di Zelensky”. Non a caso, sono ripresi i bombardamenti sulla capitale ucraina. E’ la terza volta dall’inizio di maggio.

Gli osservatori stranieri non si sbilanciano, per ora. Parigi parla di “episodio strano”. In Italia, il generale Camporini, ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica, parla di “caso lampante di provocazione. Se fossero davvero droni ucraini, per altro, significherebbe che il sistema di difesa aerea russo è in pessime condizioni”. Dall’Inghilterra, invece, fanno notare come sia risaputo che Putin non vive al Cremlino e quindi quello di Kiev potrebbe eventualmente essere stato un atto dimostrativo.

Sul campo, la guerra prosegue e non risparmia nessuno. Soprattutto, non risparmia i civili. A Kherson, nel Sud del Paese, sono morte 23 persone per il fuoco russo, i feriti sono 46, di cui 2 bambini. L’allarme è scattato anche a Chernihiv, Sumy, Poltava, Kharkiv, Zaporizhzhia, Dnipropetrovsk e in alcune aree della regione di Kirovograd. A Bakhmut, la città assediata, gli scontri continuano feroci, con gli uomini della Wagner – la compagnia militare privata – impantanati in una lotta di conquista metro per metro, casa per casa.

E mentre lo scontro resta feroce sui campi di battaglia, qualcosa sembra davvero muoversi sul fronte diplomatico. Il 26 aprile, infatti, Cina e India hanno approvato una risoluzione delle Nazioni Unite in cui si parla in modo esplicito “dell’aggressione della federazione Russa nei confronti dell’Ucraina”.

E’ la prima crepa del fronte internazionale di sostegno politico e diplomatico che sembrava dare respiro a Putin. Gli analisti spiegano che ancora non si tratta di un cambio di rotta. Certamente, però, è un passo importante. Come spesso accade in diplomazia, le cose non sono lineari e facili. Il testo in questione è concentrato in una sola riga, in una risoluzione di 11 pagine che parla di altre questioni. Recita così: "Considerando ugualmente che le difficoltà senza precedenti che l'Europa deve attualmente affrontare in seguito all'aggressione della Federazione russa contro l'Ucraina, e contro la Georgia in precedenza, e della cessazione dell'adesione della Federazione russa dal Consiglio d'Europa, richiedono una cooperazione rafforzata tra l'Organizzazione delle Nazioni Unite e il Consiglio d'Europa...". Cina e India si sono astenute nella prima votazione di questo paragrafo, dando però il via libera all'intera risoluzione, approvata con 122 voti favorevoli - tra cui appunto Pechino e Delhi -, 18 astenuti e 5 contrari: la Russia ovviamente, la Bielorussia, la Siria, il Nicaragua e la Corea del Nord.

I più attenti, fanno notare che il voto cinese è arrivato il giorno prima della telefonata fra il leader di Pechino XI Jinping e il presidente ucraino, Zelensky. La conversazione si era conclusa con Xi che sottolineava “come il rispetto reciproco di sovranità e integrità territoriale fosse la base politica delle relazioni Cina-Ucraina". Sono piccoli movimenti diplomatici, che però stanno finalmente diventando continui.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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