Nel Maghreb c'è sempre del fuoco sotto le ceneri

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Foto: Unsplash.com

Tunisi 15 novembre - L’incontro in corso in questi giorni a Tunisi fra i 75 partecipanti al Forum del Dialogo politico libico e l’improvviso attacco delle forze militari del Marocco agli indipendentisti del Sahara occidentale il 13 novembre, sono le principali notizie da prima pagina dei media della sponda sud del Mediterraneo.

L’apparente ritrovata collaborazione fra le parti in conflitto sul fronte libico e il riaprirsi dello scontro fra Marocco e Repubblica del Sahara occidentale sono facce della stessa medaglia. Un sottile e altalenante malessere che ogni tanto esplode, e poi si placa, in una parte o l’altra del Maghreb: Libia, Tunisia, Algeria, Marocco, Mauritania, 6 milioni di chilometri quadrati con 101 milioni di abitanti e un PIL/abitante di 8270 euro.

Malessere che alimenta il fuoco sotto le ceneri, anche perché sempre aiutato da soffi alitati dall’esterno, da ambizioni neo coloniali (Cina) o da pulsioni di controllo strategico dell’area (Russia, USA, Turchia, Paesi arabi del Golfo e Francia in primo luogo).

Cinque Paesi con popolazioni relativamente simili, culturalmente e socialmente, unite dall’unico credo religioso, l’Islam, ma perennemente divise, per egocentrismo e costante desiderio di dominazione degli uni sugli altri, dai loro governanti che, al di la di dichiarazioni rituali di amicizia e fratellanza, hanno sempre cercato, e trovato, cavilli per non dare vita reale all’UMA (Unione del Maghreb arabo) che esiste, solo sulla carta, dal 1989.

Non dovrebbe essere dimenticato, ma purtroppo cosi’ accade troppo spesso alla classe politica ed ai mezzi di informazione nostrani, che stiamo parlando di Paesi a noi molto vicini geograficamente. Paesi che con noi condividono il Mediterraneo e le cui fortune, o sfortune, sono fortemente legate alle nostre. Paesi che forniscono buona parte dell’energia a noi necessaria. Vicini di casa che, come tali, andrebbero ascoltati e supportati, con azioni vantaggiose per tutti, “win to win” per usare un’efficace espressione in lingua inglese.

Purtroppo anche in questa fase, ancora una volta, l’Italia pare essere esclusa dai giochi.

Fronte libico: l’incontro, ancora in essere, a Tunisi é l’ultimo, in ordine di tempo, di una serie di appuntamenti (Skhirat/Marocco, Ginevra, Berlino) sotto l’egida dell’ONU, per pacificare la Libia, che dalla morte di Muammar Gheddafi nel 2011, é caduta in una spirale di guerra civile, che ha visto contrapposti il Governo di Fayez al-Serraj, il premier voluto dalle Nazioni Unite nel gennaio del 2015 con la sigla del Governo di accordo nazionale (Gna) e il generale Khalifa Haftar, l’uomo che sogna di riunificare la Libia militarmente, come un redivivo Gheddafi, del quale fu, per un certo periodo, il braccio destro.

Tunisia, Algeria e Marocco hanno ultimamente spinto per riprendere in mano la questione del conflitto inter libico, con il sostegno di due potenze che avevano perso l'iniziativa in Libia, in questo caso Francia e Stati Uniti, a vantaggio di Turchia e Russia, soprattutto.

In questo spirito, sono stati effettuati recenti viaggi nel Maghreb (Tunisi, Algeri, Rabat), a settembre e ottobre, dal capo del comando di Africom (Comando degli Stati Uniti in Africa), il generale Stephen Townsend e dal segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Mark Esper. Nel menu: l’insicurezza nella regione del Maghreb, le minacce poste, secondo gli americani, dall'attivismo russo in Libia e dall'espansionismo economico cinese in Africa, e l'instabilità cronica nell'Africa subsahariana (Niger, Mali, Ciad , Burkina Faso).

Nei colloqui in corso a Tunisi, fissati in sei punti (identità, cittadinanza, buon governo, sicurezza nazionale, sviluppo sostenibile e conciliazione nazionale), un primo risultato é stato raggiunto con l’accordo tra le parti per tenere elezioni parlamentari e presidenziali il 24 dicembre 2021 (Giorno dell'Indipendenza in Libia).  

Come riportato da Ansamed il 14 novembre, l'inviata Onu, Stephanie Williams, ha ribadito in una conferenza stampa online che “la tabella di marcia concordata a Tunisi per la fase preliminare verso le elezioni nazionali fornisce un chiaro percorso per uscire dalla crisi attuale e la via verso elezioni credibili, democratiche e inclusive". Arrivare alle elezioni richiede però un nuovo esecutivo per unificare il Paese. Ciò significa l'istituzione di un Consiglio di Presidenza riformato e di un Governo di unità nazionale efficace e unificato, come delineato nelle conclusioni della Conferenza di Berlino".

Un punto fondamentale sarà un passo indietro di Fayez al-Serraj e del generale Khalifa Haftar che non dovranno presentarsi alle elezioni. Ma qui un grosso punto interrogativo é d’obbligo.

Fronte marocchino: come scritto da La Repubblica il 14 novembre, “a 29 anni dal cessate il fuoco raggiunto con l’accordo di pace del 1991 tra Marocco e Fronte del Polisario, la tregua armata nel Sahara Occidentale è rotta. Alle prime luci dell’alba le forze armate marocchine hanno forzato il blocco nella zona cuscinetto del Guerguarat, nel Sahara occidentale, al confine con la Mauritania, scatenando la reazione dei militanti saharawi che avevano formato un cordone di mezzi e persone per bloccare il flusso di merci, come forma di protesta contro la violazione degli accordi sui territori contesi.”

In un’area desertica di meno di 300 mila Kmq che si affaccia sull’Atlantico e stretta fra Marocco, Mauritania e Algeria, con una popolazione inferiore alle 600 mila unità, il Sahara occidentale, è uno Stato non riconosciuto da gran parte della comunità internazionale e controllato all'80% della sua superficie dal Marocco. Per l'ONU è un territorio non autonomo, la cui decolonizzazione non è ancora completa. Un ibrido, con una capitale reale, Laâyoune che si trova sotto il controllo marocchino, una capitale temporanea, Bir Lahlou, controllata dal Fronte del Polisario e una sede di tutte le istituzioni nel campo profughi di Tindouf, in Algeria.

Per l'Unione Africana, è uno stato africano, membro a pieno titolo di questa organizzazione dal 1982, dalla quale, a quella data, ne é uscito , per protesta, il Marocco.

Il conflitto fra Marocco e il Fronte del Polisario, un movimento politico e armato, creato nel 1973 per combattere l'occupazione spagnola e poi, dal 1975, per opporsi al Marocco per il controllo del Sahara occidentale, è uno dei più antichi e trascurati al mondo. A più di trent'anni dal suo scoppio, che ha portato alla guerra, allo sfollamento della popolazione e al cessate il fuoco del 1991 che ha congelato le posizioni militari, l'esito di questo conflitto sembra ancora lontano. Per molti ciò è dovuto al fatto che, per la maggior parte degli attori interessati, il mantenimento dello status quo offre vantaggi politici, identitari ed economici, che una conclusione del conflitto potrebbe sconvolgere. Una soluzione sfavorevole al Marocco potrebbe avere conseguenze interne molto importanti poiché la monarchia è riuscita a fare di questo dossier un potente collante di unità nazionale e un mezzo per controllare i partiti politici e l'esercito. Un risultato sfavorevole al Fronte del Polisario potrebbe portare alla scomparsa di questo movimento come organizzazione politica e alla necessità di fare i conti con i notabili saharawi che, secondo indiscrezioni sostenute dall’opposizione marocchina, avrebbero già stretto un patto con il regime da tempo. Significherebbe anche che i profughi saharawi che vivono a Tindouf, in Algeria, avrebbero vissuto nei campi per trent'anni inutilmente. Infine, un accordo sfavorevole all'Algeria significherebbe per essa la perdita di influenza regionale, nonché la sconfitta di principi difesi ormai da più di trent'anni. E, soprattutto, lo svanire del sogno di avere uno sbocco, attraverso il Sahara occidentale, verso l’oceano Atlantico.

In ogni caso, fra desideri e illusioni maghrebini, sia per il conflitto inter libico che per quello fra Marocco e Fronte del Polisario/Algeria i giocatori di scacchi stanno altrove.

Ferruccio Bellicini

Pensionato, da una quarantina d’anni vivo nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo: Algeria, prima, Tunisia, ora. Dirigente di una multinazionale del settore farmaceutico, ho avuto la responsabilità rappresentativa/commerciale dei Paesi dell’area sud del Mediterraneo, dal Libano al Marocco e dell’Africa subsahariana francofona. Sono stato per oltre 15 anni, alternativamente, Vice-Presidente e Segretario Generale della Camera di commercio e industria tuniso-italiana (CTICI). Inoltre ho co-fondato, ricoprendo la funzione di Segretario Generale, la Camera di commercio per lo sviluppo delle relazioni euro-magrebine (CDREM). Attivo nel sociale ho fatto parte del Comitato degli Italiani all’estero (COMITES) di Algeri e Tunisi. Padre di Omar, giornalista, co-autore con Luigi Zoja del saggio “Nella mente di un terrorista (Einaudi 2017).

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