Nasce la campagna italiana per la sovranità alimentare

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L'esclusione degli ogm dal sistema produttivo agroalimentare. La ridiscussione della riforma della PAC. L'abbandono del dumping sul mercato alimentare. Il riconoscimento dei diritti fondamentali dell'uomo e la partecipazione della società civile nella definizione degli accordi internazionali. Sono questi gli obiettivi principali della Campagna italiana per la sovranità alimentare. Un'iniziativa lanciata alla vigilia della giornata mondiale sull'alimentazione, per ricordare, a tutte le forze politiche e all'opinione pubblica, che la sopravvivenza collettiva dipende anche, o soprattutto, dai sistemi produttivi agroalimentari.

La piattaforma è firmata da diverse organizzazioni sociali e non governative - Legambiente, AIAB, Consiglio diritti genetici, FLAI CGIL - FAI CISL - UILA UIL, Crocevia, ACLI, ARCI, ARI, Volontari nel mondo - FOCSIV - unite dalla condivisione di un principio fondamentale: quello del diritto dei popoli a definire le proprie politiche e strategie sostenibili di produzione, distribuzione e consumo di alimenti che garantiscano a loro volta il diritto dell'alimentazione per tutta la popolazione.

"Siamo per il riconoscimento del principio della sovranità alimentare quale presupposto per definire le politiche agroalimentari di ogni Paese - scrivono le organizzazioni promotrici - e le strategie che riconoscano la prioritaria necessità di debellare la fame dal pianeta attraverso uno sviluppo rurale sostenibile sul piano ecologico e sociale". "Riteniamo - proseguono nel loro documento - che il commercio agroalimentare debba essere⠀regolamentato, ancor più dopo il fallimento del Vertice di Cancun secondo norme e criteri specifici a tutela dei produttori, dei lavoratori, dei consumatori e dei mercati locali, riconoscendo il legame fra produttori e territorio. Consideriamo infatti che l'attuale Accordo sull'Agricoltura stipulato in seno all'Organizzazione mondiale del Commercio non riconosca la portata sociale e ambientale del sistema agricolo e alimentare".

E a poche settimane dalla chiusura del fallimentare Vertice sul commercio di Cancun, stupisce e preoccupa che i regolamenti attuativi della Politica Agricola Comunitaria non differiscano in nulla e per nulla dai testi in discussione prima del summit del WTO. "Valutiamo negativamente la nuova riforma della Politica Agricola Comunitaria" - dice ancora la piattaforma - "perché non ha valorizzato le risorse endogene del territorio (prodotti locali e tradizioni culturali), le produzioni tipiche di qualità e l'agricoltura biologica, perché continua a ignorare la condizionalità sociale dei diritti dei lavoratori dipendenti, e infine perché non ha eliminato le sovvenzioni all'export".

Ecco perché la Campagna italiana per la sovranità alimentare chiede con urgenza, l'apertura in Italia di una negoziazione con il governo e le Regioni al fine di mitigare gli effetti negativi della PAC sull'agricoltura di qualità. Chiede inoltre la ridiscussione della riforma della PAC su nuove basi, insieme all'abbandono del dumping sul mercato degli alimenti.

Per i promotori della campagna il nuovo modello agricolo europeo deve fondarsi su una PAC che faccia della tutela e della valorizzazione del lavoro, del rispetto degli equilibri agro-ecologici e della biodiversità, della sicurezza alimentare, del benessere animale e della solidarietà internazionale le fondamenta per l'affermazione della "sovranità alimentare" in Europa e nel mondo. Una PAC che, in altre parole, contrariamente a quanto avviene, arresti il processo di delegittimazione del ruolo dell'agricoltura nella difesa del territorio e delle comunità rurali.

Contrariamente a quanto avviene perché, con l'accordo di giugno 2003, la riforma della politica agricola europea ha ampiamente ridimensionato le aspettative di una riduzione dei sussidi alla produzione, di una eliminazione del sostegno al dumping delle esportazioni, di una conversione verso la tutela ambientale e lo sviluppo rurale. La maggior parte dei sussidi resta diretta al sostegno delle produzioni e la condizionalità ecologica è solo un'enunciazione di principio. Restano in vigore meccanismi che non tutelano né favoriscono la produzione biologica e di qualità o le produzioni tipiche.

Alla vigilia della Giornata Mondiale sull'alimentazione, le organizzazioni firmatarie della piattaforma ricordano "la prioritaria necessità di debellare la fame dal pianeta attraverso uno sviluppo rurale sostenibile sul piano ecologico e sociale". Se 880milioni di persone nel mondo versano in stato di crisi alimentare, non è tutta colpa di guerre e siccità. Molto dipende anche dai meccanismi perversi e dalle ripercussioni negative delle politiche agricole dei Paesi ricchi nei confronti di quelli del sud del mondo.

I prodotti agricoli sono infatti il caso più eclatante di discriminazione commerciale. Pur predicando il verbo del libero mercato, gli Stati membri dell'Unione europea mantengono una spesa sui sussidi agricoli di circa 115 milioni di euro al giorno. Complessivamente, i sussidi all'agricoltura nei Paesi dell'OCSE valevano, nel 2001, 311 miliardi di dollari, circa l'1,3% del loro PIL. Il valore di questi sussidi è più di 6 volte superiore a quello di tutti gli aiuti allo sviluppo (52 miliardi di dollari) e supera il prodotto interno lordo di tutta l'Africa subsahariana (301 miliardi di dollari).

Gli effetti negativi delle attuali politiche agricole non si fanno per altro sentire solo nelle aree più povere del pianeta. In Europa, si stima infatti la perdita di un'azienda agricola ogni 3 minuti. L'Istat conta in Italia 2.300.000 aziende agricole: per salvaguardarne la sopravvivenza è importante fermare il processo di abbandono delle terre, mettendo altresì un freno alla perdita della tradizione agroalimentare italiana.

Non ultima, su questo punto, cade la grave questione degli organismi geneticamente modificati e il grido d'allarme lanciato dalla Campagna italiana per la sovranità alimentare. " Un settore che vuole valorizzare la qualità e la tipicità delle proprie produzioni deve esplicitamente escludere l'utilizzo di prodotti OGM e tutelarsi dal rischio della contaminazione, a partire dalle sementi" riporta il primo punto della piattaforma. Così tra le sue prime azioni, la Campagna intende opporsi con veemenza al limite di tolleranza dello 0,5% per la contaminazione delle sementi tradizionali. Un'ipotesi brigata in sede europea, che i promotori della Campagna per la sovranità alimentare ritengono inaccettabile. In base all'adozione del principio di precauzione e a garanzia della sovranità delle scelte di produttori e consumatori, non si può infatti che adottare un limite di tolleranza zero per la contaminazione accidentale da ogm. Unica garanzia per salvaguardare la tipicità di ogni zona agricola e i frutti di un'agricoltura di qualità.

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