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Nasce Media Watch Global contro lo strapotere dei media
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Secondo Ignacio Ramonet "l'informazione ci sta avvelenando, sta tentando di inculcare nelle nostre menti idee che non sono le nostre o che non dovrebbero essere le nostre"
"Mezzi di comunicazione e globalizzazione sono intimamente legati ed è necessario sviluppare una riflessione su come noi cittadini possiamo esigere dai media più etica, pretendere che semplicemente dicano la verità". Ignacio Ramonet, direttore di Le Monde diplomatique, presenta al Forum Sociale Mondiale il progetto Media Watch Global, un'associazione nata da una sua proposta fatta proprio qui l'anno scorso. La rivoluzione tecnologica ha trasformato la struttura del sistema dei media. Si fondono i tre campi tradizionalmente distinti: informazione (giornalistica), cultura (di massa) e comunicazione (pubblicitaria). Le multinazionali dell'immaginario hanno il controllo totale su tutto quello che può essere scritto, filmato, riprodotto, e sulla sua diffusione attraverso i canali tradizionali e i nuovi media. Non si tratta di gruppi nazionali o locali, ma conglomerati che travalicano le frontiere di paesi e continenti e diventano così attori centrali del processo di transnazionalizzazione dei mercati. E la logica dell'impresa (economica) si riflette sul prodotto-media. Non più quarto potere, cane da guardia del potere dominante. Bensì complice dei tradizionali legislativo, esecutivo e giudiziario. Prima forza alternativa dalla parte dei cittadini, arma di difesa dal potere dominante e mezzo per controllarlo, ora alleato del sistema, sua parte costituente. Il caso Venezuela mostra fino a che punto i media possano diventare un'arma contro la volontà e gli interessi del popolo. Hugo Chavez e il suo governo sono stati legittimamente eletti, ma i media hanno iniziato una battaglia per difendere gli interessi dell'opposizione, diventando una forza antipopolare e impedendo a Chavez di governare e di fare le riforme che vorrebbe.
Ecologia dell'informazione Tradizionalmente molto scarsa e difficile da reperire, storicamente ostacolata da dittature, poi conquista della democrazia e della rivoluzione delle comunicazioni, l'informazione è ora persino sovrabbondante. Fin qui non ci sarebbe niente di male, se non fosse che alla quantità non è seguita la qualità, e l'informazione che arriva è contaminata, avvelenata dalla sua mercificazione e dal pressappochismo dei suoi professionisti. Al cittadino-consumatore restano poche vie di fuga: come difendersi dalla manipolazione? Come far fronte alla disonestà di chi si mette prima di tutto a servizio dei valori dell'azienda e confeziona notizie-merci avvelenate da sensazionalismo e imprecisione? "I cittadini devono esigere il rispetto elementare della verità che costituisce la legittimità dell'informazione", tuona Ramonet. Bisogna allora elaborare una ecologia dell'informazione, per disintossicare i prodotti mediatici dai germi della globalizzazione. Fondare un quinto potere legittimato dalla società e rappresentativo dei cittadini, come autoprotezione dagli abusi delle industrie comunicative e difesa dal loro strapotere. Un potere con autorità morale, che metta in guardia dalle falsificazioni e sanzioni chi sgarra. Una sorta di Amnesty International dei media, contrappeso alla logica del mercato che contamina i media. Per questo nasce Media Watch Global, un osservatorio internazionale dei media con l'obiettivo di esercitare una responsabilità collettiva in nome dell'interesse superiore dei cittadini a essere correttamente informati. Riunirà in sé giornalisti e professionisti della comunicazione, con docenti e ricercatori di ogni campo, in particolare studiosi dei media, e con i consumatori, dai semplici cittadini agli intellettuali perché "la libertà dei media è una parte della libertà d'espressione collettiva, fondamento della democrazia. E ciò implica una responsabilità sociale dei media".
"Da questo Forum uscirà un'arma che permetterà ai cittadini di opporsi al super-potere dei media. Dobbiamo far si che, a partire da ora, i media abbiamo paura di noi", conclude Ramonet. "E' un'arma nuova per questo secolo nuovo. Loro hanno detto che questo sarebbe stato il secolo di Internet, noi diciamo che sarà il secolo in cui la comunicazione apparterrà ai popoli. Sarà il secolo in cui i cittadini si riapproprieranno della verità".