Myanmar: alleanze commerciali per la liberazione di Suu Kyi

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Aung San Suu Kyi, leader dell'opposizione democratica in Myanmar, è stata dimessa dall'ospedale di Yangon dove era ricoverata dal 17 settembre scorso e continuerà la sua convalescenza nella sua abitazione.

Dal 30 maggio la giunta militare birmana tiene in "custodia preventiva" la leader della Lega Nazionale per la democrazia e Premio Nobel per la Pace.

Già nei mesi scorsi la Croce rossa e l'inviato dell'Onu per la Birmania, il malaysiano Razali Imail, nonchè Usa e Unione europea, avevano fatto pressione per il rilascio di Aung San Suu Kyi.

Recentemente anche Ali Alatas inviato del governo indonesiano si è recato a Rangoon dove ha incontrato il neo premier Khin Nyunt e il settantenne Than Shwe, capo della giunta, ma purtroppo non ha ottenuto risultati importanti. Nei prossimi giorni è atteso il capo della diplomazia thailandese Surakiart Sathirathai e siccome Bangkok è tra i maggiori sponsor del regime, può darsi che emerga qualche nuovo segnale.

"In realtà - commenta Lettera 22 - le speranze di una liberazione della Nobel non derivano tanto dal peso dei due visitatori quanto da una data: quella del 7 e 8 ottobre quando a Bali, in Indonesia, si terrà il nono summit dell'Asean" la forte alleanza economica orientale cui anche la Birmania prende parte.

Se negli anni passati l'Asean non aveva mai preso una posizione netta nei conforti del governo di Myanmar, concludendo affari miliardari con la giunta di Than Shwe, oggi si confida in una esplicita condanna poichè Aung San Suu Kyi è ormai icona del diritto internazionale non solo per i birmani ma anche per gli asiatici.

Secondo un'analisi di Equilibri.net "l''applicazione di sanzioni da parte di Washington al fine di costringere i generali a rilasciare la leader Suu Kyi e instaurare un regime democratico nel paese non dovrebbero riuscire a mettere k.o. il regime birmano senza l'adesione alla politica di restrizione commerciale dei tre principali partners asiatici, Thailandia, Cina e India". (RB)

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