Mosul, un festival letterario con musica e letture per superare le devastazioni dell’Isis

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In un parco pubblico di Mosul, utilizzato dai jihadisti dello Stato islamico (SI, ex Isis) come centro di addestramento per bambini soldato quando la metropoli del nord era ancora roccaforte del “Califfato”, si è tenuto nelle scorse settimane un festival letterario. All’evento, hanno partecipato migliaia di persone conquistate dai molti appuntamenti in calendario: letture, giochi di società, musiche e canti. Oltre all’esposizioni di diversi libri e volumi donati alla popolazione nel corso delle giornate di festa. Cultura e arte sembrano tornate ad arricchire vie e piazze della seconda città per importanza dell’Iraq. E il festival “Sono irakeno - leggo”, come recita il motto, è solo uno dei moltissimi eventi in programma in queste settimane. Lo slogan fa riferimento a un detto tradizionale del mondo arabo, secondo cui: “In Egitto si scrive, in Libano si pubblica e in Iraq si legge”.

Non comprendiamo il valore delle cose, fino a che non le perdiamo” racconta a Deutsche Welle Ali al-Baroodi, insegnante di inglese all’università di Mosul, diventato in questi ultimi tempi la voce narrante non ufficiale della città. Egli gira in bicicletta per strade e piazze scattando fotografie dei danni e del lento cammino di ricostruzione. “Lo scorso anno - ricorda - la liberazione del settore orientale da Daesh [acronimo arabo per l’Isis] è stata come una seconda nascita”. Dopo anni di violenze e terrore perpetrati dalle milizie dell’Isis, oggi nel settore orientale di Mosul la vita è normale ed è anche molto più facile spostarsi all’interno dei quartieri occidentali. Dalle aule delle scuole alle fabbriche, alle piccole imprese, la rinascita della metropoli passa attraverso il rilancio di scuola, lavoro e dall’apertura di spazi commerciali impensabili sotto il “Califfato”. Fra questi un “caffè letterario” dedicato all’incontro e alla lettura. Tuttavia, le condizioni di vita a Mosul sono ancora oggi contraddistinte da difficoltà e pericoli - fra cui scarsa igiene dovuta alla mancanza di acqua ed elettricità, edifici danneggiati, dispositivi e trappole esplosive disseminati in città – che mettono a rischio la vita delle persone.

Non solo i civili, ma anche ogni forma di espressione artistica e umana sono state oggetto di una feroce repressione dei jihadisti, che hanno abbattuto statue di poeti e scrittori, bruciato libri e distrutto strumenti musicali nella pubblica piazza. Alle fiamme anche la biblioteca universitaria, con volumi dal valore storico e culturale immenso. Il fanatismo si è spinto fino all’abolizione di ogni libro che non trattasse di religione (islamica); artisti, musicisti sono stati uccisi senza pietà. È ancor viva la memoria di un 15enne decapitato perché “ascoltava musica occidentale”.

Una repressione iniziata ben prima dell’affermazione del “Califfato” nell’estate 2014 e i cui primi segni emergono all’indomani dell’invasione statunitense del 2003. “L’Isis è come un fantasma - spiega al-Baroodi - non lo vedi, ma c’è e continua a raccogliere informazioni sulle persone, in attesa di tornare. Essi comandavano da dietro le quinte già dal 2005”. Più ottimista Marwan Tariq, che insegna Dipartimento di arte dell’ateneo cittadino: “Dopo Daesh - afferma - la situazione è già migliore di prima del loro arrivo”. Resta però la paura per le cellule dormienti e, anche per questo, “non si vedono opere d’arte legate all’occupazione” jihadista. Restano però il ritorno dei libri, della musica, dei concerti e delle performance per strada. Fra questi uno spettacolo musicale errante per i vari siti archeologici e religiosi devastati dai miliziani, come la celebre moschea di Nouri.

Da Asianews.it

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