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Mondo: i dieci anni della Corte Penale Internazionale
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Si festeggia oggi il decimo anniversario della Corte Penale Internazionale (International Criminal Court - ICC). Era il 17 luglio del 1998 quando a Roma, 120 rappresentanti di stato e di governo del mondo si riunirono per istituire una Corte penale permanente. Fino ad allora infatti erano stati creati solo dei tribunali speciali, promossi dai vincitori di guerre per giudicare i vinti, come quelli di Norimberga e Tokyo, oppure tribunali ad hoc, nati per giudicare i presunti colpevoli di grandi violazioni dei diritti umani, come quello per i crimini nella ex-Jugoslavia, o quello per il Rwanda. E proprio sull'esperienza di questi ultimi che si basa lo Statuto di Roma (.pdf) che decreta la nascita della ICC. I crimini per i quali è competente a giudicare sono gli stessi dei suoi predecessori: genocidio, crimini contro l'umanità, crimini di guerra, più l'aggiunta del crimine di aggressione.
Composto da 128 articoli, suddivisi in 13 parti, lo Statuto diventa operativo il primo luglio del 2002 quando arriva la sessantesima ratifica necessaria per la sua entrata in vigore. Le novità importanti sono due: mentre i Tribunali precedenti erano frutto di risoluzioni del Consiglio di Sicurezza Onu e avevano carattere temporaneo, la ICC nasce con l'accordo diretto degli Stati e ha carattere permanente. Due caratteristiche che teoricamente lo dovrebbero rendere più indipendente e funzionante, viste le numerose critiche sollevate alle precedenti istituzioni ad hoc. Qualche giorno fa Human Rights Watch ha pubblicato un rapporto - intitolato "Courting History; The Landmark International Criminal Court's First Years" - dove si fa una dettagliata analisi di questi anni di attività della Corte. Un documento di 244 pagine nelle quali l'organizzazione americana evidenzia luci ed ombre dell'Istituzione ma - anche se si augura ulteriori progressi - ne evidenzia i passi avanti compiuti negli ultimi anni.
Il Procuratore generale Luis Moreno-Ocampo, dall'inizio del suo mandato ha aperto quattro indagini, tutte in Africa: nella Repubblica Democratica del Congo, in Uganda, nella Repubblica Centroafricana e in Sudan, che si è conclusa pochi giorni fa con la richiesta di un mandato d'arresto per il suo presidente Hassan Ahmad Al-Bashir. Punto controverso che fa riflettere sull'effettiva indipendenza e reale operatività della Corte è che i Paesi che non hanno firmato lo Stato possono non riconoscerne l'autorità. ㉀ questo il caso del Sudan, che non riconosce l'atto formale d'accusa: "Consideriamo l'incriminazione sia del presidente che di qualsiasi altro cittadino sudanese allo stesso modo. Non riconosciamo nulla di ciò che arriva dalla Corte penale Internazionale" - ha detto il portavoce del ministero degli Affari Esteri, e non è l'unico caso. Tra le 106 ratifiche contate fino ad oggi, mancano, manco a dirlo: Cina, India Stati Uniti e Israele (anche se questi ultimi hanno firmato lo Statuto nel 2000 ma non sembrano avere nessuna intenzione di ratificarlo). Altro limite è che il Tribunale internazionale può intervenire unicamente nei casi in cui la giustizia nazionale non può o non vuole trattare in maniera adeguata i crimini che competono alla giurisdizione della Corte di giustizia internazionale.
Nonostante i forti limiti, i "notevoli progressi" registrati da HRW - a leggere il rapporto - sono proprio nel settore delle indagini e delle imputazioni penali, ma anche nell'istituzione di uffici sul campo e di misure a protezione dei testimoni. "La Corte Penale Internazionale ha fatto dei reali progressi nel riportare giustizia alle vittime di orribili abusi nonostante ostacoli scoraggiante - ha detto che Richard Dicker, direttore del programma internazionale giustizia di Human Rights Watch - ma la Corte dovrebbe agire in modo che in modo il suo lavoro abbia una forte eco nelle comunità più colpite da gravi violazioni e da crimini internazionali".
Ma allo stesso tempo si denuncia il debole potere investigativo della Corte, a dimostrarlo la recente sospensione del procedimento contro il signore della guerra congolese Thomas Lubanga accusato di aver reclutato, arruolato e utilizzato bambini soldato. Sospensione dovuta all'impossibilità da parte della Corte di avere ulteriori informazioni sull'accusato.
Altropunto debole dell'Istituzione è che non possedendo forze di polizia per eseguire mandati d'arresto, la Corte dipende completamente dalla collaborazione dei singoli governi. Per questo secondo Géraldine Mattioli - Direttrice dell'Avvocatura del Programma di Giustizia Internazionale di HRW - "la chiave del successo della ICC si fonda in gran parte sull'impatto che ha nelle comunità interessate". Nel rapporto infatti si esorta la comunità internazionale a dare il necessario supporto affinché la Corte possa lavorare al meglio, supporto sia diplomatico che finanziario ma soprattutto di collaborazione nell'applicazione dei mandati d'arresto. HRW intende portare il rapporto all'attenzione dei funzionari del tribunale e degli stati. "Useremo il rapporto come base per ulteriori azioni di lobbying a sostegno della ICC" - ha continuato Mattioli alla presentazione del rapporto. Nel documento sono presenti poi raccomandazioni e consigli, come quello di varare programmi di assistenza più solidi e strutturati, per aumentare la propria efficacia tra le comunità interessate. "È tempo che l'istituzione esca dal proprio guscio", ha detto alla presentazione del documento Parampreet Singh, consulente legale del Programma di Giustizia Internazionale.
La Coalizione per la Corte Internazionale (CICC), una rete globale di oltre 2500 organizzazioni non governative che ha come obiettivo una ICC indipendente, equa ed efficace, giudica il rapporto un "grande strumento". La CICC ha organizzato anche diversi eventi in occasione del decimo anniversario dello Statuto di Roma, uno dei quali si è tenuto lo scorso 3 luglio presso il Palazzo della Pace dell'Aja, città sede della ICC.
Il documento di HRW è uno strumento senz'altro utile per fare un bilancio di questi primi cinque anni di attività, ma che può servire - anche alla luce degli ultimi sviluppi a proposito del Sudan - a rilanciare le riflessioni sul ruolo della comunità internazionale nella tutela dei diritti umani e nella ricerca della pace e della giustizia. Oltre alla innegabile necessità di riforma delle Nazioni Unite che purtroppo oggi non riescono a far valere i principi per cui vennero create.
"La nostra speranza è che la Corte Penale Internazionale, punendo i colpevoli, possa recare conforto alle vittime sopravvissute e alle comunità colpite". Con queste parole Kofi Annan - all'epoca Segretario Generale delle Nazioni Unite - salutava lo Statuto di Roma il 17 luglio di dieci anni fa. "Ancora più importante - continuava Annan - speriamo che esso dissuada futuri criminali di guerra e ci avvicini al giorno in cui nessun governante, nessuno stato, nessuna giunta e nessun esercito, in qualsiasi parte del mondo, siano più in grado di violare i diritti umani e rimanere impuniti".
Elvira Corona