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Meno precari, più scuola
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Facciamo due conti. 100 giorni d’estate, 40 domeniche, 14 giorni a Natale, 7 a Pasqua, 3 di carnevale, 2 ponti, 2 feste nazionali, 2 scioperi e 2 giorni di malattia. Insomma, quasi 1 giorno su 2 i nostri ragazzi restano a casa. Vogliamo ragazzi più preparati? Alcune idee.
+ scuola, quindi. + tempo per le attuali materie per portare a termine gli attuali programmi, + lingue straniere, per scoprire che non siamo soli al mondo, + tempo per l’alterità (conoscere l’altro) e per imparare a stare al mondo (educazione civica). Insomma, un mese in più di scuola per aiutare solo chi fatica, chi non mastica italiano, chi è solo, spaesato o male-educato. Per aiutare l’esigua minoranza a non rimanere indietro.
+ autogestione. Non c’entra con la settimana di occupazione, fumo, birra e svaccamento (pur se accade per pochissimi studenti, ahinoi, visibili) ma l’autogestione per imparare a vivere secondo le proprie possibilità: dalla gestione del proprio portafoglio al bilancio famigliare. Fare la spesa senza indebitarsi, con-causa dell’attuale crisi. Acquisire competenze: dalla compilazione di un bollettino postale alla lettura di un contatore del gas.
+ relazione. La scuola non è tutto. Un giovane può avere la fortuna di avere alle spalle una famiglia attenta, un’associazione nel proprio paese presente, un oratorio che educa o un gruppo sportivo che l’aiuta a crescere. Sarebbe interessante riuscire a monitorare le “possibilità” che circondano il ragazzo in modo da colmare il divario laddove necessita.
+ lavoro. + manualità. Non solo mente ma anche mano in quanto chi non sa far niente dovrà acquistar tutto. Non tutti i genitori insegnano ai propri ragazzi l’economia domestica: riparare un mobile, aggiustare una lampada, una bici o una moto, autoprodurre yogurt, pane e marmellate. Tagliare, lavare, cucire e stirare sono attività da imparare. Oppure fare l’orto o tenere un pollaio. Perché non hanno tempo e taluni nemmeno competenze. Non sarebbe interessante creare occasioni di formazione per chi ne abbisogna?
L’inserimento, poi, nel mondo del lavoro e del volontariato dev’essere graduale ma, soprattutto, dev’essere. L’attuale legislazione prevede 16 anni come età minima a tutela della “crescita psico-intellettiva” del minore. Il legislatore voleva prevenire forme di lavoro minorile ancora riscontrabile nei sud d’Italia e nel mondo. Ma i nostri giovani, contrariamente, bisognano di faticare. Perché non immaginare un avvicinamento al lavoro già a 14 – 15 anni per alcune settimane? Potrebbero fare esperienza di costanza, obbedienza, puntualità, autorità, conoscenza del disagio apprezzando le “difficoltà” di ambienti non protetti. Aiuterebbe i pochissimi disadattati ma stravisibili a staccarsi dalla tetta materna e/o dal bicchiere dell’happy hour, che è poi la stessa cosa, avvicinandoli al 99% della “migliore gioventù”.
= dignità. In tempi di crisi si cercano disperatamente falegnami. Ma anche, per dirla con Gian Antonio Stella, meccanici, parrucchieri, camerieri, estetisti, elettricisti, fabbri, operai capaci di montare una finestra o posare un pavimento. Si cercano e non si trovano. Lo dimostra una recente ricerca della Confartigianato sul fabbisogno di manodopera. In tutto il 2009 artigiani e piccoli imprenditori potrebbero offrire 94.670 assunzioni: ma si prevede che 30.000 non saranno accolte.
Vogliamo dare pari dignità Istituti professionali – licei?
Solo con una terapia d’urto potremmo sconfiggere le mafie che prolificano nei Sud in quanto, per dirla con Falcone, non necessitiamo di eserciti di soldati per le strade ma di eserciti di insegnanti nelle scuole. Aggiungiamo: competenti, motivati e pagati. Per far ciò bisogna sbarazzarsi dell’esigua, ripeto esigua, minoranza di “diseducatori ruba-stipendio” che con il loro “disimpegno scientifico” tendono a screditare tutta la spina dorsale del paese.
Fabio Pipinato